Nel 1973 i prezzi del petrolio impazzirono a causa delle tensioni geopolitiche in Medioriente che indussero i paesi Opec a tagliare la produzione e i rifornimenti verso l’Occidente. La conseguenza fu un’ inflazione spinta in pochi mesi dal 2 al 14%. La conseguenza della conseguenza fu la reazione delle banche centrali per cercare di arginare i prezzi. I tassi statunitensi salirono dal 4 al 13% in pochi mesi. Tra gli effetti di questa vigorosa stretta va annoverato anche il crollo dei mercati immobiliari a livello globale. Avere tassi più alti significa anche che diventa più costoso sottoscrivere un mutuo per comprare casa e quindi, nel contesto di un’attività economica in rallentamento e di un’occupazione in discesa, le compravendite calano. Ricorda qualcosa?

Tracciare immediati paragoni tra la situazione attuale (prezzi del gas alle stelle, inflazione in rapido aumento e tassi in salita) e quella del passato è sempre rischioso. Tanti i fattori che entrano in gioco e al di là delle similitudini, tante anche le differenze tra oggi e mezzo secolo fa. Tuttavia negli ultimi mesi del 2022 dal settore immobiliare sono giunti diversi scricchiolii e le previsioni per il 2023 non sono rosee. A livello generale è stimata una discesa delle quotazioni del 4%. Naturalmente la situazione rimane fortemente differenziata da paese a paese, da città a città, ma la tendenza è comune.

Lo scorso 1 dicembre il fondo Breit ( Blackstone Real Estate Income Trust) di Blackstone, specializzato in investimenti immobiliari, ha fatto scattare il limite, previsto da statuto, ai disinvestimenti dopo un’ondata di richieste arrivate dall’Asia. Il fondo, che ha asset per 69 miliardi di dollari concentrati nelle aree sub urbane statunitensi, non ha mostrato particolari problemi di liquidità, i tetti ai prelievi scattano in maniera automatica se si superano tetti mensili. E le richieste di disinvestimento sembrano essere state dettate non tanto dalla sfiducia nel prospettive del fondo in sé ma dalla necessità degli investitori asiatici di recuperare liquidità per compensare problemi sui mercati locali. Tuttavia la vicenda è emblematica di come il battito d’ala di una farfalla a Shanghai possa provocare effetti a cascata dall’altra parte del globo. Lezione che dovrebbe essere stata marchiata a fuoco dopo la crisi del 2008 innescata proprio da una caduta dei valori immobiliari negli Stati Uniti.

Segnali da Oltreoceano – Negli Stati Uniti, dove i tassi di interesse hanno raggiunto il 4,75% e il costo medio di un mutuo l’8%, si iniziano a registrare i primi contraccolpi sebbene le previsioni sul 2023 non paiano al momento catastrofiche. I prezzi delle case nelle 20 maggiori città americane, misurati dall’indice S&P Case- Shiller, sono calati in ottobre dello 0,8% rispetto al mese precedente, mentre su base annua sono saliti dell’8,6%. I compromessi per l’acquisto di novembre sono però diminuiti del 4% rispetto ad ottobre e del 38% su base annua, più delle attese. Come ricorda a IlFattoquotidiano.it l’economista del centro ricerche Ref Fedele De Novellis, negli Usa la Federal Reserve è più avanti rispetto alle altre grandi banche centrali nel percorso di stretta monetaria e questo sta avendo ricadute dolorose per le famiglie, specie quelle a basso reddito.

“Alcune categorie di acquirenti sono state ormai tagliate fuori dal mercato e questo, continua De Novellis, provocherà in prospettiva una flessione dei prezzi, una minore redditività del settore immobiliare e di conseguenza anche un minor interesse degli investitori per il comparto”. Quello delle costruzioni sembra essere il principale canale attraverso cui le decisioni della Fed si ripercuotono sull’economia reale rallentando l’attività produttiva e raffreddando i prezzi. Un segnale di frenata del settore si può cogliere anche dal prezzo del legname che si è praticamente dimezzato nella seconda parte dell’anno. “L’Europa (i tassi sono al 2,5%, ndr) è più indietro e bisognerà capire cosa farà la Bce nel 2023, se continuerà e con che ritmi ad alzare il costo del denaro”, ragiona De Novellis che nota come si registrino alcuni segnali come la discesa del prezzo del gas e dei carburanti che potrebbero allentare la pressione inflazionistica e dare più margine alla Bce.

Europa, gelo al Nord – Tra i paesi che segnalano le maggiori criticità ci sono quelli del Nord Europa dove le quotazioni avevano corso più che altrove. Negli anni scorsi nei paesi scandinavi le banche erano arrivate ad offrire mutui a tassi negativi. Chi comprava una casa finiva quindi per rimborsare alla banca una cifra inferiore al prezzo pagato e al valore del mutuo. “Miracoli” di un decennio del tutto anomalo quanto a condizioni monetarie con le banche centrali che, a loro volta pagavano gli istituti di credito per prendere soldi in prestito. In Danimarca i prezzi delle case stanno scendendo più velocemente che nel 2011, di fronte al maggior costo dei mutui gli acquirenti chiedono sconti più consistenti per concludere l’acquisto. Nell’ultimo trimestre i listini segnano in media un – 7%. Il mattone danese era finito tra gli obiettivi di investitori giapponesi ma, ora che anche la Bank of Japan approccia un cambio di rotta, le operazioni dall’Asia perdono convenienza.

Veloci riduzioni di prezzo si stanno registrando anche in Svezia dove la banca centrale ha gradualmente portato i tassi dal 2,5 al 4,5%. I prezzi delle case sono scesi del 12% rispetto ai picchi raggiunti ad inizio 2022, spiazzando gli analisti che si attendevano una discesa meno ripida. In precedenza un annuncio di vendita a Stoccolma restava in vetrina in media 15 giorni, ora oltre 40. Eppure la capitale svedese non è considerata una città dove i prezzi sono particolarmente tirati. Secondo la banca svizzera Ubs il suo indice di “rischio bolla” è relativamente modesto. In base a questa indagine con le quotazioni più surriscaldate sono Toronto, Francoforte e Zurigo. Parigi e Londra si collocano in una zona media mentre New York, Dubai e Milano si trovano nella parte più sicura della classifica. In Francia il 54% dei notai, che come in Italia gestiscono le compravendite immobiliari, si attende un calo dei prezzi delle case nei primi mesi del 2023. In Gran Bretagna dove al fattore tassi si sommano la debolezza dell’economia e un’inflazione particolarmente perniciosa in termini di perdita di potere di acquisto delle famiglie i prezzi hanno per ora solo iniziato a raffreddarsi con le offerte di acquisto in discesa del 44%.

“Il segmento residenziale sta iniziando a dare i primi sintomi di malessere, con una riduzione un po’ dappertutto, Italia compresa, nel numero delle transazioni, con le previsioni di fine anno in calo rispetto al 2021, che aveva addirittura superato i livelli pre-Covid. Anche i prezzi hanno iniziato a scendere, seppure più lentamente, in particolare negli Usa, in Gran Bretagna e perfino a Parigi, la città più cara d’Europa (dopo Lussemburgo), abituata ad una crescita a doppia cifra, dove il calo nelle quotazioni supera l’1%”, spiega a IlFattoquotidiano.it Valeria Genesio, presidente per l’Italia del gruppo immobiliare Agedi.

Italia, un mondo (un po’) a parte – In novembre il tasso medio applicato dalle banche ai nuovi mutui è salito al 3,02% dal 2,75% di ottobre, tornando sui livelli del 2014. E anche nel nostro paese il maggior costo dei prestiti è destinato a influenzare il mercato. “È previsto un calo generale nel residenziale con i futuri acquirenti dei ceti medi che dovranno rimandare i loro progetti o ridurre le metrature, pur con le eccezioni nel segmento lusso e in quello delle seconde case, che sta vivendo una nuova giovinezza, favorito anche dallo smart working”, riassume Genesio. C’è poi Milano che fa storia a sé: “Pur in un rallentamento fisiologico nel volume delle transazioni dopo sei trimestri consecutivi di rialzi, le previsioni sono ancora di una crescita dei prezzi fino alle Olimpiadi invernali del 2026, anche se a un ritmo più lento di oggi, grazie anche a riqualificazioni urbanistiche importanti ad alta vocazione “green”, come la conversione dei sette ex scali ferroviari”.

“Quella italiana è una situazione un po’ particolare”, fa notare De Novellis, “poiché con gli incentivi degli ultimi due anni come il superbonus il settore delle costruzioni è stato spinto molto, le imprese hanno fatto utili. Il comparto rimane sotto pressione perché i sostegni sono stati ridotti, ma rimangono importanti. Siamo alla fine di un ciclo espansivo ma probabilmente nell’immediato non assisteremo a grandi cali dei prezzi sebbene le compravendite diminuiranno. Una dinamica che di per sé non è negativa vista la situazione. Si presenterà però il problema della capacità delle famiglie di affrontare l’acquisto della casa tra prezzi che non scendono o lo fanno poco e mutui che diventano più cari”. Ma questo, ricorda l’economista, dipenderà anche dalle prossime decisioni della Bce.

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