Confrontando le tabelle finali con quelle dello scorso anno è possibile tirare le somme su che cosa cambia davvero con la nuova maggioranza di destra. Raddoppiano i fondi per il potenziamento della Polizia di Stato. Lievita giocoforza la spesa per l'emergenza energia mentre quella per immigrazione e accoglienza resta quasi invariata e non c'è alcun impulso alla cooperazione allo sviluppo (che perde per strada 35 milioni). Calano le risorse contro gli squilibri territoriali e per le politiche attive del lavoro. Il capitolo Agricoltura e politiche agroalimentari si appesantisce di 640 milioni, meno aiuti ad aerospazio e difesa
Per i grandi capitoli che incidono più direttamente sulla vita dei cittadini – dalla sanità all’istruzione alle pensioni – ci sono risorse aggiuntive, che in buona parte saranno però mangiate dall’aumento dei costi legato all’inflazione. E qui e là emergono tagli dolorosi, non sempre coerenti con le priorità dichiarate: per esempio si riducono le somme destinate a ridurre il disagio abitativo e quelle contro gli squilibri territoriali, per il servizio civile e per la cooperazione allo sviluppo. Per il reddito di cittadinanza restano 7,8 miliardi ma lo stanziamento si azzera nel 2024. Al contrario, aumentano notevolmente i fondi per le forze di polizia e per l’esercito. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale l’iter della prima manovra del governo Meloni si è concluso e confrontando le tabelle finali con quelle dello scorso anno è possibile tirare le somme sull’impronta che la nuova maggioranza di destra ha dato alla spesa dello Stato per il 2023. Al netto del fatto che gran parte della spesa è stata destinata giocoforza agli aiuti contro i rincari energetici mutuati dall’esecutivo precedente.
Più soldi alla sicurezza e alla giustizia – Il governo a guida Fratelli d’Italia ha aumentato sensibilmente gli stanziamenti per difesa e sicurezza del territorio, che passano da 25,5 a 27,5 miliardi, e per Ordine pubblico e sicurezza (da 12,1 a 13,3 miliardi). Salgono di quasi mezzo miliardo la spesa per il personale dei carabinieri, di 680 milioni lo stanziamento per “ammodernamento, rinnovamento e sostegno delle capacità” delle forze armate e di 800 milioni le spese per contrasto al crimine e “tutela dell’ordine e sicurezza pubblica”: qui a pesare è il raddoppio dei soldi per il potenziamento della Polizia di Stato, che sale e oltre 1 miliardo, e l’aumento di 360 milioni delle spese per il personale del corpo. Quasi 100 milioni in più vanno poi alle missioni internazionali, a cui saranno dedicati 1,54 miliardi complessivi. La voce Giustizia incassa oltre 900 milioni aggiuntivi rispetto al 2022, con i maggiori incrementi per il funzionamento degli uffici giudiziari e il personale. Per la polizia penitenziaria risorse invariate, nonostante le proteste dei sindacati, e c’è addirittura una mini riduzione della quota destinata agli agenti che lavorano nelle strutture minorili.
Sanità e istruzione – Per la tutela della salute ci sono 2,8 miliardi, in aumento dai 2,1 del 2022, e il concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria sale da 86,7 a 88 miliardi. Ma come lamentando i medici molte risorse dovranno essere impiegate per fronteggiare i rincari energetici che colpiscono anche i conti delle strutture sanitarie. Alcune voci poi perdono risorse: dalla programmazione e monitoraggio del Ssn (compresa la verifica dei Livelli essenziali di assistenza), che scende da 596 a 539 milioni, al “benessere animale e sorveglianza sul farmaco veterinario” che passa da 7,2 milioni a solo 241mila euro. All’istruzione vanno 51,8 miliardi, in lieve aumento dai 50,9 del 2022. Ci sono un po’ più soldi per gli insegnanti di sostegno alle superiori, un po’ meno per reclutare e aggiornare presidi e docenti del primo ciclo. Il sistema universitario guadagna 400 milioni ma la spesa per supplenze crolla di 270 e gli interventi per la sicurezza nelle scuole statali e l’edilizia scolastica ne perdono una cinquantina.
Lavoro e pensioni – Alle politiche per il lavoro saranno dedicati 18,79 miliardi contro i 17,2 del 2022. L’aumento però dipende soprattutto dalle politiche passive, cioè la cassa integrazione e le indennità di disoccupazione. Il governo che tanto predica la necessità di avviare all’occupazione invece che assistere non ha aumentato le risorse per le politiche attive: anzi, calano di 30 milioni a 1,037 miliardi. Le politiche previdenziali assorbiranno ben 113,6 miliardi (da 107,5 del 2022). Calano i finanziamenti ai patronati, volano a 628 milioni i fondi per la tutela previdenziale della maternità e famiglia: la manovra permette a uno dei due genitori di prendere un mese in più di congedo parentale retribuito non più al 30 ma al 80%.
La scure su giovani e servizio civile – La premier durante la conferenza stampa di fine anno ha rivendicato che “il grosso delle risorse” è “sul futuro, sui giovani“. Ma la tabelle conclusiva della manovra mostra che la voce Incentivazione e sostegno alla gioventù si dimezza da 410 a 205 milioni di euro. restano 93 milioni per gli interventi a favore dei giovani, ma cala la scure sul servizio civile nazionale che l’anno prossimo non sarà più davvero “universale” come previsto dalla riforma del 2016: i fondi si riducono da 311 a 111 milioni.
Crollano i fondi per il disagio abitativo e per ridurre gli squilibri Nord-Sud – Rispetto al 2022 la missione casa e assetto urbanistico perde il 23% degli stanziamenti, scendendo da 1,37 a 1 miliardo. In particolare crollano da 240 a soli 12,6 gli interventi e misure per ridurre il disagio abitativo. Come è noto, nella manovra il governo ha azzerato i fondi destinati ai contributi affitto e alla morosità incolpevole. “La casa è un bene sacro, non pignorabile, non tassabile”, ha detto Meloni in conferenza stampa. Ma chi non ce l’ha dovrà arrangiarsi. La missione Sostegno e riequilibrio territoriale che finanzia misure “rivolte a promuovere la crescita ed il superamento degli squilibri socio-economici territoriali”, poi, precipita da 15,4 a 9,7 miliardi.
Politiche sociali e famiglia – In compenso aumentano di 10 miliardi le uscite per il capitolo diritti sociali, politiche sociali e famiglia. Risorse che vanno ad alimentare le politiche per l’infanzia e la famiglia. La manovra prevede tra l’altro un aumento dell’assegno unico per i figli alle famiglie numerose (oltre a un incremento del 50% per tutti, ma solo nel primo anno di vita del bambino) e una riduzione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia. Cala invece di 1 miliardo lo stanziamento per il reddito di cittadinanza in attesa dell’introduzione del promesso nuovo strumento che sosterrà solo i “non occupabili”. Anche il capitolo Soccorso civile perde più del 30% di di risorse rispetto alla precedente legge di Bilancio, nonostante alla protezione civile vadano 100 milioni in più. Il crollo dipende dal fatto che il sostegno alla ricostruzione scende di 1,4 miliardi passando da 2,5 previsti dalla legge di Bilancio per il 2022 a 1,1. La ricostruzione privata nel Centro Italia colpito dal sisma del 2016 risulta comunque adeguatamente finanziata, fa sapere la struttura del commissario straordinario. Oltre ai fondi messi a disposizione dalla precedente manovra ci sono gli 1,78 miliardi del piano nazionale complementare al Pnrr per immobili pubblici, infrastrutture e imprese delle aree terremotate nel 2009 e 2016. L’articolato poi proroga lo stato di emergenza e rifinanzia gli aiuti agli enti locali e le agevolazioni per attività e residenti del cratere.
Immigrazione, accoglienza e diritti – La spesa resta quasi invariata, a 3,15 miliardi. Cala a 1,79 miliardi (20 milioni in meno) la voce principale, “interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo e profughi“, e crolla da 10 a 1,7 milioni pure la cifra per i rapporti con le confessioni religiose e l’amministrazione del patrimonio del Fondo edifici di culto. Per capire bisogna però spulciare altre voci. E si scopre, per esempio, che non verrà dato alcun impulso alla cooperazione allo sviluppo, che a parole il governo punta a promuovere in nome dell'”aiutiamoli a casa loro”: in realtà la voce perde per strada 35 milioni. Cala da 93 a 63 milioni anche lo stanziamento per la cooperazione migratoria.
Cultura, paesaggio e ambiente – Il macro capitolo dedicato a tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali mantiene lo stesso stanziamento – 3,5 miliardi – ma lo spettacolo dal vivo e la tutela del patrimonio culturale perdono risorse in favore della spesa per il personale dei musei (da 298 a 369 milioni) e della “promozione del cinema italiano” (da 2,3 a 4 milioni). Allo Sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente sono destinati 4,3 miliardi, in aumento di 200 milioni, e non si notano grossi cambiamenti legati al cambio di governo – e di nome del ministero: una trentina di milioni in più vanno ai carabinieri pe la tutela forestale, una decina alla promozione dell’economia circolare. Il taglio maggiore riguarda la voce Accertamento e risarcimento in materia di danno ambientale: da da 3 milioni a 94mila euro.
Lievita la spesa per l’emergenza energia – Il balzo più importante riguarda il capitolo Energia e diversificazione delle fonti energetiche che lievita addirittura da 3,7 a 20,3 miliardi. La spiegazione è semplice: a fine 2021, quando è stata approvata la precedente manovra, non era ancora iniziata la guerra in Ucraina e non si era vista l’esplosione dei prezzi che ha poi reso necessari imponenti interventi pubblici (e infatti anche il consuntivo 2022 è poi lievitato). Ora sotto la voce “Iniziative per la decarbonizzazione, regolamentazione delle modalità di incentivazione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili” sono finite tutte le risorse destinate a contenere i prezzi dell’energia e del gas nel primo trimestre 2023. Come è noto si tratta della fetta più grossa della legge di Bilancio, circa 20 miliardi complessivi considerando anche l’allargamento del bonus sociale bollette.
Competitività e sviluppo delle imprese – Il sistema industriale incassa 35,5 miliardi contro i 31,3 del 2022. C’è per una redistribuzione sostanziale a favore di finanziamenti agevolati e garanzie (da 3,8 a 10,1 miliardi) a scapito del sostegno attraverso la fiscalità: ci perdono l’autotrasporto e il settore creditizio. Ridimensionato anche il peso degli aiuti all’innovazione nel settore dell’aerospazio, della sicurezza e della difesa (da 2,5 a 1,9 miliardi).
Trasporti e infrastrutture – Nell’anno in cui il governo scommette di riuscire a “mettere a terra” concretamente i fondi del Pnrr l’edilizia statale acquista peso per effetto di un maxi stanziamento da 1,6 miliardi alla voce “opere di preminente interesse nazionale“, in cui ricade peraltro anche il Ponte sullo Stretto di Messina caro al vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Sotto il cappello del Diritto alla mobilità (16,5 miliardi nel 2023) si segnala un forte aumento dei fondi per i sistemi ferroviari e per l’intermodalità, mentre vengono più che dimezzati quelli per il trasporto aereo.
640 milioni in più all’agricoltura – Il capitolo Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca si appesantisce di 640 milioni di euro salendo a 2,47 miliardi: alle “politiche del sistema agricolo per il settore dello sviluppo rurale e supporto per gli investimenti produttivi in agricoltura” vanno per esempio 391 milioni contro i 91,6 di quest’anno, anche se si riduce la cifra per la competitività delle filiere agroalimentari (750 milioni contro 820). La voce di spesa che vede il maggiore incremento è il fondo per la distribuzione di alimenti alle persone indigenti, che conta 500 milioni in più con cui sarà finanziata una “carta risparmio spesa” (gestita dai Comuni) destinata alle famiglie con Isee sotto i 15mila euro. Per i criteri di attribuzione e le cifre bisogna però aspettare un decreto ministeriale che dovrebbe essere approvato entro fine febbraio.