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PADS, cos’è la sindrome post-Avatar e chi colpisce maggiormente: “Depressione e pensieri suicidi”

"Quando mi sono svegliato questa mattina dopo che ieri ho visto Avatar per la prima volta, il mondo sembrava... grigio. Era come se tutta la mia vita, tutto ciò che ho fatto e per cui ho lavorato, avesse perso il suo significato. Poi ecco cos'è accaduto", il racconto riportato dalla CNN

di Paolo Aruffo

Era il 2009 quando Avatar, il film di James Cameron, arrivò nelle sale cinematografiche con uno straordinario riscontro del pubblico. Incassi record e la proiezione tridimensionale che rendeva tutto ancora più intenso: non si parlava d’altro. Adesso il nuovo capitolo Avatar – La via dell’acqua è approdato al cinema e, insieme ai personaggi del fantastico universo immaginario di Pandora, si è tornati a parlare anche di un altro fatto, forse sconosciuto a molti. Ovvero che la pellicola avrebbe degli effetti particolari su alcune persone: una sensazione di inquietudine e malessere che nasce non appena scorrono i titoli di coda. Si tratta della PADS, la Post Avatar Depression Syndrome. Lo raccontò il sito della CNN, secondo cui alcuni spettatori avevano cominciato a sviluppare pensieri suicidi e depressione nelle settimane successive all’uscita del primo capitolo di Avatar.

Tutto era nato da un forum in cui i fan del film avevano cominciato a parlarne. Qualcuno pensava di essere l’unico a provare determinate sensazioni e invece furono più di 1000 i commenti sul tema. Un esempio: “Quando mi sono svegliato questa mattina dopo aver visto Avatar per la prima volta ieri, il mondo sembrava… grigio. Era come se tutta la mia vita, tutto ciò che ho fatto e per cui ho lavorato, avesse perso il suo significato“, aveva scritto Hill, spiegando in seguito di essersi sentito sollevato dopo aver condiviso il proprio stato d’animo con altre persone che potevano comprenderlo. E come lui tanti altri che si erano immersi nel colossal della fantascienza, nei suoi colori, nella sua atmosfera ma soprattutto nella sua natura. Ci si è domandati (e in tanti continuano a farlo) se si possa parlare veramente di una sindrome oppure no. La CNN aveva dato parola ad uno specialista: “La vita virtuale non è la vita reale e non lo sarà mai, ma questo è l’apice di ciò che possiamo costruire finora in una presentazione virtuale – aveva affermato il dottor Stephan Quentzel, psichiatra e direttore medico del Louis Armstrong Center for Music and Medicine al Beth Israel Medical Center di New York – Ci è voluto il meglio della nostra tecnologia per creare questo mondo virtuale e la vita reale non sarà mai così utopica come sembra sullo schermo. Fa sembrare la vita reale più imperfetta”. Alcuni dubbi rimangono; molte persone, infatti, ritengono che non si possa parlare di una vera e propria sindrome. Ad ogni modo pare che la PADS colpirebbe circa il 10% degli spettatori, in particolare giovani uomini, magari particolarmente sensibili al rapporto dell’uomo con la natura (uno dei temi principali del film). Lo riporta Repubblica, che infine conclude: “Il consiglio è quello di stare più attenti all’ambiente nel proprio piccolo e di convincere anche le persone che ci stanno intorno a fare lo stesso. Anche una passeggiata all’aperto può fare bene all’umore“. All’aperto? Dipende dove. Se abitate a Roma, tra spazzatura, smog e topi forse la passeggiata potrebbe essere il ‘colpo di grazia’.

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