Politica

Per cancellare la Spazzacorrotti il governo ha steso un tappeto rosso

di Michele Sanfilippo

Si sarebbe anche potuto pensare che un partito come quello di Meloni, che discende in linea diretta dal Movimento Sociale, facesse del tema giustizia e, quindi, della vicinanza alla magistratura un elemento identitario.

Le dichiarazioni di Carlo Nordio in merito alle intercettazioni e alla separazione delle carriere hanno però fatto comprendere che, su questo punto che probabilmente è uno dei pochi condivisibili anche da chi condivide quella tradizione politica, il governo a guida Fratelli d’Italia aveva posizioni diverse. Più in linea con il partito di Berlusconi di cui, del resto, Meloni è stata ministra durante il suo quarto governo.

La proposta di Azione di cancellare la legge Spazzacorrotti non ha trovato solo porte aperte nella coalizione di governo ma addirittura un tappeto rosso. Il governo non ha neppure dovuto sporcarsi le mani con questa proposta indecente: ci hanno pensato Calenda e Renzi.

Il fatto che tale proposta arrivi da quella che era una costola (un tempo dominante) del Pd dà l’idea di quanto sia diffusa nella nostra classe politica la convinzione che l’intreccio tra politica e affari, che era diventato palese con il craxismo, vada difeso ad ogni costo. Un intreccio che non è caro solo alla politica. È fortemente voluto da una gran parte della classe imprenditoriale che si arricchisce nelle prebende elargite dalla politica che, a sua volta, gode dell’ottima stampa, garantita dai suddetti imprenditori, e di finanziamenti di ritorno che danno luogo ad un circolo vizioso che, se non interrotto, probabilmente troverà la sua fine nella bancarotta del paese o peggio.

Nei primi anni ’90, la breve parentesi di Mani Pulite aveva illuso il paese, o almeno una buona parte di esso, che si potesse praticare una politica fatta per gli interessi degli elettori e non degli eletti. Ma la politica, invece di fare pulizia al proprio interno, ha cominciato ad attaccare la magistratura e modificare il quadro legislativo al fine di poter continuare ad agire impunemente in un contesto di corruzione ampiamente diffusa. Del resto, da quando Fassino dichiarò: “abbiamo una banca” si capì che, anche a sinistra, l’idea che si potesse fare politica in modo eticamente accettabile era una pia illusione.

Fu su questa consapevolezza che il Movimento 5 Stelle fondò la sua avventura politica, che ebbe un immediato successo – a dimostrazione che tra gli elettori si sentiva la necessità di una politica migliore e che non è sempre vero che abbiamo la classe politica che meritiamo.

Poi è vero che, tra ingenuità, incompetenza e incapacità di dare una direzione chiara al proprio discorso politico, l’avventura del Movimento 5 stelle non ha dato i risultati che molti speravano.

La partita sembra ormai irrimediabilmente persa ma noi, poveri ingenui, ci aggrappiamo ad ogni speranza e ci auguriamo che dal prossimo congresso del Pd emerga una forza capace di prendere la distanza da questo pantano e di cercare alleanze con le poche forze ancora intenzionate a praticare una politica migliore.

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