Benedetto XVI rimarrà nella storia come il primo Papa del terzo millennio che si è dimesso. Una decisione shock, quella comunicata al mondo l’11 febbraio 2013, ma presa quasi un anno prima e confidata al suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, il 30 aprile 2012, come rivelato proprio dal porporato salesiano. Benedetto XVI era nato a Marktl am Inn, un paesino bavarese di circa 3mila abitanti, il 16 aprile 1927. Suo padre era un commissario di gendarmeria e proveniva da una famiglia di agricoltori della bassa Baviera, le cui condizioni economiche erano piuttosto modeste. La madre era figlia di artigiani e, prima di sposarsi, aveva fatto la cuoca in diversi alberghi. Il piccolo Joseph espresse il desiderio di diventare prete e il 29 giugno 1951 venne ordinato sacerdote insieme con il fratello maggiore Georg. La sua straordinaria preparazione teologica lo mise subito in risalto e fu in veste di perito che partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II.
Dopo aver insegnato nelle facoltà teologiche più prestigiose della Germania, il 25 marzo 1977 san Paolo VI lo nominò arcivescovo di Monaco e Frisinga. Ratzinger ricevette l’ordinazione il 28 maggio successivo e dopo appena un mese, il 27 giugno, Montini gli impose la berretta rossa. San Giovanni Paolo II lo volle a Roma e il 25 novembre 1981 lo nominò prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Il futuro Papa fu per quasi un quarto di secolo uno dei principali collaboratori di Wojtyla. Il 30 novembre 2002 divenne anche cardinale decano e in questa veste guidò la Sede Vacante del 2005 successiva alla morte del Papa polacco a cui subentrò nel governo della Chiesa cattolica.
Un’eredità pesantissima, quella ricevuta dal suo “amato predecessore”, che per Ratzinger arrivò quando aveva appena compiuto 78 anni. Tante le croci che è stato costretto a portare nel suo pontificato: dallo scandalo della pedofilia del clero, al dialogo difficilissimo con i lefebvriani, vanificato anche dal negazionismo della Shoah di alcuni di essi, dalle incomprensioni con il mondo islamico per la famosa citazione di Manuele II Paleologo su Maometto nella lezione di Ratisbona, fino allo scandalo Vatileaks 1 con l’infedeltà del suo maggiordomo, Paolo Gabriele, che passava alla stampa documenti riservati del Papa tedesco.
Ben 24 i viaggi all’estero e 29 le visite pastorali in Italia. Il pontificato di Benedetto XVI non è stato, però, costellato solo di spine, spesso causate dall’incapacità dei suoi più stretti collaboratori, ma anche da un magistero densissimo condensato in otto anni. Dalla trilogia su Gesù di Nazaret, al libro intervista Luce del mondo, il terzo dei quattro scritti con il suo biografo Peter Seewald, alle tre encicliche, Deus caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate, senza contare quella scritta a quattro mani con Francesco, Lumen fidei.
Da Papa emerito, Benedetto XVI ha deciso di vivere in Vaticano, nel Monastero Mater Ecclesiae, perché “chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti”. Ratzinger resta nella storia anche come colui che da cardinale aveva denunciato “quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui” e che ancora prima aveva sottolineato che “di motivi per non essere più nella Chiesa oggi ce ne sono molti e diversi tra loro”, ma che alla fine “malgrado tutte le sue debolezze umane, è la Chiesa che ci dà Gesù Cristo e solo grazie a essa noi possiamo riceverlo come una realtà viva, potente, che mi sfida e mi arricchisce qui e ora”.
Benedetto XVI è sempre stato convinto che non bisogna mai nascondere il proprio credo, per non cedere al pericolo del sincretismo religioso. È il senso del più contestato documento del custode della fede del pontificato wojtyliano. A Roma si celebrava il Grande Giubileo del 2000 quando, con la piena approvazione del Papa polacco, la Congregazione per la dottrina della fede pubblicò la dichiarazione Dominus Iesus. Molti, nella Curia romana e non solo, bollarono subito il testo come fondamentalista e irrispettoso del clima di dialogo tra le religioni instaurato non senza difficoltà da san Giovanni Paolo II. Ratzinger venne additato come il “guastafeste” del Giubileo wojtyliano con le sue numerose celebrazioni che, come confidò lui stesso ai giornalisti alla vigilia dell’apertura della porta santa di San Pietro, gli crearono non poco imbarazzo per l’ininterrotto clima di festa. A difendere quel testo, alla vigilia del conclave dal quale Ratzinger uscì con l’abito bianco, fu il cardinale Giacomo Biffi, al quale proprio il porporato tedesco diede il suo voto durante i quattro scrutini nella Cappella Sistina: “Vorrei segnalare al nuovo Papa la vicenda incredibile della Dominus Iesus: un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinale Ratzinger la mia vibrante gratitudine”. Un endorsement esplicito alla vigilia della fumata bianca.
Benedetto XVI rimarrà nella storia anche per l’inedita convivenza in Vaticano con il suo successore. Una scelta che, se all’inizio ha destato non poche perplessità, ha visto i due papi partecipare insieme anche ad alcune celebrazioni pubbliche fino a quando Ratzinger ha avuto le forze fisiche. Benedetto XVI, spogliatosi del suo antiquato guardaroba papale, ha ricambiato l’affetto sincero che Francesco gli ha sempre testimoniato. Non è dato sapere chi Ratzinger immaginasse come successore. A chiunque fosse uscito Papa dalla Cappella Sistina, però, Benedetto XVI, nell’ultimo giorno del suo pontificato, aveva promesso “incondizionata reverenza e obbedienza”.
Con Bergoglio, al di là delle diversità di caratteri, modi di governo e stili di vita, la scintilla è scattata fin dal primo abbraccio a Castel Gandolfo, dieci giorni dopo l’Habemus Papam. Che tra i due non ci sia stata un’amicizia di facciata lo testimoniano i tantissimi incontri privati e le parole inequivocabili di entrambi. “Sono grato – aveva scritto Ratzinger al teologo svizzero Hans Küng – di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo pontificato nella preghiera”. “Benedetto – aveva affermato Bergoglio – adesso abita in Vaticano, e alcuni mi dicono: ma come si può fare questo? Due papi in Vaticano! Ma, non ti ingombra lui? Ma lui non ti fa la rivoluzione contro? Tutte queste cose che dicono, no? Io ho trovato una frase per dire questo: è come avere il nonno a casa, ma il nonno saggio”.
Eppure gli interventi del Papa emerito sono stati spesso oggetto di numerose polemiche. Così è avvenuto in particolare con il libro sul celibato sacerdotale scritto a quattro mani con il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Un testo che è sembrato dettato dalla volontà di fare pressione su Francesco chiamato, proprio in quel periodo, a decidere se dare il via libera all’ordinazione dei preti sposati per sopperire alla mancanza di clero, come chiesto dal Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia. Una polemica che ha costretto Ratzinger a ritirare dal volume la sua firma e a cercare di ridimensionare l’incidente per evitare uno scontro con Bergoglio. Ma a pagarne le conseguenze è stato il suo fedelissimo segretario, monsignor Georg Gänswein, rimasto solo nominalmente prefetto della Casa Pontificia. I rapporti tra Francesco e Benedetto XVI, nonostante tutto, sono rimasti sereni. Ciò si è notato soprattutto quando Bergoglio, nel giugno 2020, incoraggiò Ratzinger, che non prendeva un aereo dal 2012, a tornare in Baviera per salutare per l’ultima volta il fratello maggiore che morì poco dopo. Il Papa emerito fece anche tappa in alcuni luoghi cari della sua vita: il cimitero di Ziegetsdorf, sulla tomba dove riposano i genitori e la sorella maggiore Maria, e la sua casa di Pentling, alla periferia di Ratisbona.
Nemmeno nei lunghi anni dell’emeritato, un tempo superiore a quello del pontificato, sono mancate le polemiche. Nel 2022 è stato accusato di negligenza nella gestione di quattro preti pedofili quando era arcivescovo di Monaco e Frisinga. Accuse respinte con forza da Benedetto XVI: “Ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso”. Parole nette anche a chi lo ha accusato di mentire per un errore materiale nella memoria difensiva scritta dai suoi collaboratori: “Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo”. Le ultime parole pubbliche di Benedetto XVI sono un congedo dal mondo: “Non avrei pensato che l’ultimo tratto di strada dal Monastero Mater Ecclesiae alle porte del cielo dove sta san Pietro potesse essere così lungo”.
Twitter: @FrancescoGrana