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Papa Ratzinger morto, dal camauro alla mozzetta di ermellino: tutti gli abiti e i paramenti di Benedetto XVI (rimandati in soffitta da Bergoglio)

Tra i cimeli rispolverati da Benedetto XVI nell’ottobre 2012 c'è stato il fanone. Esso è formato da due mozzette sovrapposte l’una all’altra con quella inferiore più lunga di quella superiore. È di stoffa bianca e aurea, con lunghe linee perpendicolari, separate da una striscia amaranto o rossa

di Francesco Antonio Grana

Benedetto XVI è stato considerato un Papa da museo. Negli otto anni del suo pontificato, dal 19 aprile 2005, giorno della sua elezione, al 28 febbraio 2013, quando alle 20 rese effettive le sue dimissioni, Ratzinger ha rispolverato dall’armadio papale abiti che i suoi immediati predecessori avevano fatto cadere in disuso. Perfino paramenti indossati dal beato Pio IX, l’ultimo Papa re dello Stato Pontificio. Immagini apparse ancora più anacronistiche alla luce del guardaroba estremamente semplice del suo successore, Papa Francesco, che la sera della sua elezione, il 13 marzo 2013, si presentò al mondo indossando soltanto la talare bianca. Un vestiario, quello utilizzato da Benedetto XVI, che non lo ha per nulla aiutato a bucare lo schermo televisivo, contribuendo a offrire al grande pubblico l’immagine di un Papa conservatore che amava indossare le vesti sacre del Pontefice che si dichiarò prigioniero del neonato Regno d’Italia dopo la breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870.

Per Benedetto XVI il debutto degli abiti papali da museo fu immediato. Il 21 dicembre 2005 fu la prima volta in cui, per proteggersi dal freddo pungente di piazza San Pietro durante l’udienza generale, Ratzinger indossò il camauro. Era dal tempo di san Giovanni XXIII, il Papa che indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II e che fu al timone della Chiesa dal 1958 al 1963, che quello scenografico copricapo non si vedeva sulla testa di un Pontefice. Oltre che per le foto dell’epoca e per le fiction dedicate a Roncalli, il camauro è conosciuto anche grazie alla storia dell’arte. Lo indossa, per esempio, il Leone X di Raffaello esposto agli Uffizi. Lo portavano abitualmente, in una versione invernale e in una estiva, tutti i papi che si sono succeduti dalla metà del Trecento alla fine del Settecento. Nell’Ottocento fu usato saltuariamente. Era amato da Leone XIII e fu ripreso da san Giovanni XXIII. Ma pare che già tra Pecci e Roncalli fosse caduto in disuso. Rimase, invece, la consuetudine di farlo indossare ai pontefici defunti. Lo si può vedere proprio sul capo di san Giovanni XXIII, il cui corpo è esposto in un’urna di vetro nella navata destra della Basilica di San Pietro dal settembre 2000, ovvero da quando san Giovanni Paolo II lo beatificò. Il camauro invernale indossato da Benedetto XVI è di velluto rosso foderato e bordato di ermellino bianco. La versione estiva, che non fu ripresa a suo tempo da Roncalli e che nemmeno Ratzinger ha mai indossato è, invece, foderata di raso rosso e bordata di panno bianco.

Non è il solo accessorio in disuso ripreso da Benedetto XVI nei suoi otto anni di pontificato. L’8 dicembre 2005, per il tradizionale omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna, il Papa tedesco indossò per la prima volta una mozzetta, la mezza mantella degli ecclesiastici che copre solo le spalle, anch’essa di velluto rosso e bordata di ermellino. Si dice anche che, all’interno dell’appartamento privato, il Papa tedesco abbia sempre usato delle comode babbucce rosse imbottite di lana, somiglianti alle tradizionali pantofole papali che erano restate in uso anch’esse fino a Roncalli e che erano state sostituite dai mocassini cremisi di san Paolo VI e san Giovanni Paolo II. In Vaticano hanno sempre precisato che non c’era da attribuire nessun sentimento nostalgico al fatto che Ratzinger, nel suo pontificato, abbia rimesso in uso il camauro invernale e la mozzetta di ermellino. Era solo il desiderio di arricchire il vestiario papale per meglio resistere al freddo inverno romano. Ma al grande pubblico l’immagine di Benedetto XVI abbigliato in questo modo arrivò sempre più distorta.

In campo liturgico si registrarono le stesse scelte retrò in merito ai paramenti indossati da Ratzinger. Complice anche il gusto antiquato del suo maestro delle celebrazioni liturgiche, monsignor Guido Marini, attuale vescovo di Tortona. Tolta di mezzo la croce astile dell’artista napoletano contemporaneo Lello Scorzelli, adoperata sia da Paolo VI che da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha riutilizzato prima quella del beato Pio IX e poi una nuovissima realizzata proprio per lui che, seppure in chiave moderna, si rifaceva proprio al modello di quella dell’ultimo Papa re. Paramenti antichissimi e mitre, il copricapo utilizzato dai vescovi durante le liturgie, altissime rispolverate a ogni celebrazione. Tutto il contrario dei paramenti indossati da san Giovanni Paolo II che scelse la semplicità in totale condivisione con il suo maestro delle celebrazioni liturgiche, monsignor Piero Marini, oggi arcivescovo, proprio per evidenziare la riforma liturgica voluta dal Vaticano II.

L’ultimo cimelio rispolverato da Benedetto XVI nell’ottobre 2012 è stato il fanone. Esso è formato da due mozzette sovrapposte l’una all’altra con quella inferiore più lunga di quella superiore. È di stoffa bianca e aurea, con lunghe linee perpendicolari, separate da una striscia amaranto o rossa. Sulla parte anteriore ha una croce ricamata in oro. Simboleggia lo scudo della fede che protegge la Chiesa cattolica rappresentata dal Papa. Le fasce verticali di colore oro e argento rappresentano l’unità e l’indissolubilità della Chiesa latina e orientale. È stato ripreso da Ratzinger in diverse celebrazioni dell’Anno della fede, da lui indetto nel cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II e venti anni dopo l’approvazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Abiti e paramenti rimandati in soffitta da Bergoglio.

Twitter: @FrancescoGrana

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