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Taglie lontane dalla realtà, le vostre storie: “Mi sento dire che oltre la 54 non si va”, “Insegno alle superiori e vedo ragazzi che si sentono inadeguati”

Sono arrivate tante storie sulla mala vestibilità dei capi di abbigliamento. Oggi ve ne raccontiamo alcuni stralci, insieme a quello che i ragazzi scrivono sui social a proposito dell'esperienza di acquisto di abbigliamento e accessori e al parere della personal shopper Anna Maria Lamanna

di Claudia Rossi

Cari signori della moda, cosa state combinando con le taglie? Abbiamo fatto questa domanda alle grandi maison così come ai punti vendita di medio prezzo e alle catene di abbigliamento low cost. Perché la questione delle taglie sempre più lontane della realtà riguarda l’intero sistema moda e non da oggi. Vero è che grazie ai social (qualcosa di buono accade anche lì) se ne parla sempre di più e usare il nostro megafono, per amplificare, è importante. Così vi abbiamo raccontato di un business che non tiene conto delle conseguenze sugli adolescenti: “Chiaramente dietro a tutto questo c’è un mercato che non tiene conto delle conseguenze che l’alterazione della percezione del proprio corpo può avere sui giovani”, ci ha confermato il professor Massimo Clerici, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze ASST Monza oltre che della Scuola di Specializzazione in Psichiatria Università degli studi Milano Bicocca. Abbiamo passato in rassegna le tante proteste social chiedendoci se parlare di shopping facilmente accessibile dal punto di vista dei prezzi voglia dire anche parlare di shopping “inclusivo”. Le grandi marche del fast fashion fanno davvero abiti per tutti? Per tutte le tasche, forse.

Abbiamo chiesto a voi lettori di FQMagazine di mandarci le vostre testimonianze e lo avete fatto in tanti (ne riportiamo alcune, alla fine del pezzo). C’è anche chi ci ha scritto che “abbiamo scoperto l’acqua calda” e certo, ha ragione: non è questione di due ore fa, quella della “mala-vestibilità” degli abiti o della “mala-calzabilità” delle scarpe. Ma non se ne parla mai abbastanza. Oggi abbiamo un altro primo piano con alcuni stralci delle storie arrivate a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, con quello che ha raccontato la star di TikTok Carlotta Ferlito e con il parere di Anna Maria Lamanna, personal shopper: con lei abbiamo cercato di rispondere a una domanda, come siamo arrivati al punto di rischiare di demoralizzarci dentro al camerino di un negozio? Perché sia chiaro, quelli sbagliati non siamo mica noi, sono le taglie. E il sistema moda, a forza di gridarlo col megafono, dovrà metterci attenzione.

L’altro giorno in un negozio di abbigliamento mi sono sentito dire che la taglia più grande della 54 non esiste“.
Luca F.

Altro tema è quello delle calzature. Il mercato italiano non considera o considera poco i piedi grossi, per non parlare dei polpacci. Per le “polpacciute” stivali, di fatto, non ce ne sono“.
Maria

Finalmente! Era ora! Io, taglia 46, proporzionata, sono 30 anni che mi pongo questa domanda. La questione riguarda soprattutto Zara. Ormai sono anziana e mi interessa poco, ma certo è ora di finirla con questa storia che può veramente creare dei problemi psicologici ai più giovani“.
L.G.

Sono una docente alle superiori e spesso sento i ragazzi che si paragonano ai Vip che vedono su TikTok. Ma non tengono assolutamente conto che quella piattaforma permette l’uso dei filtri e che i vip non ne fanno a meno, per apparire sempre in perfetta forma. Spesso sento che si percepiscono come brutti o inadeguati e la cosa mi ferisce perché non lo sono assolutamente. Da mamma e da insegnante vi chiedo di continuare ad indagare e aprire questo vaso di Pandora perché secondo me c’è un mondo da scoprire e portare alla luce”.
A.V.

“Quest’anno volevo comprare un piumino leggero uguale a quello che avevo preso 4 anni fa. Vado in negozio, guardo etichetta e stesso modello, stessa taglia non mi si allaccia, manca una spanna. Ne ho preso uno simile nel reparto uomo”.
Elisabetta

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