E ci risiamo! Dopo le battaglie di oltre dieci anni fa, il Trentino torna punto e a capo. Un inceneritore per chiudere il cerchio dei rifiuti: questo è stato deciso ieri in giunta provinciale a Trento. Un’assurdità, se si pensa che questo territorio sfiora l’80% della raccolta differenziata e si trova a gestire circa 80.000 tonnellate di rifiuto indifferenziato, che si vorrebbe incenerire.

La storia della partita dei rifiuti in Trentino è molto complessa e va detto che negli ultimi dieci anni si è letteralmente dormito sugli allori di una percentuale di raccolta differenziata relativamente alta.

Ma va anche ricordato che, sempre in Trentino, quasi nulla è stato fatto per soddisfare le prime tre regole imposte dalla direttiva europea 2008/98/ce, cioè, nell’ordine:

1. Prevenzione (riduzione alla fonte);

2. Preparazione al riutilizzo (trattamenti di selezione);

3. Recupero di altro tipo (con tecnologie non impattanti).

A seguito di questi primi tre step potrebbe essere collocato un impianto di incenerimento, ma il Trentino ha deciso di saltare tutto il procedimento e procedere alla realizzazione di un inceneritore. Qui alcune riflessioni, molto critiche, sia di ordine politico che tecnico.

1. La fase preliminare potrebbe trovare una progettazione di prevenzione basata su incentivi di riduzione della pressione fiscale, per le aziende che rivedono i loro sistemi di proposta dei prodotti lavorando su imballaggi riciclabili, oppure su distribuzione di prodotti che limitino l’uso di materiali che non sono riciclabili. E questa sarebbe una buona via per iniziare a soddisfare il primo punto della direttiva europea, riducendo così di conseguenza pure il residuo da incenerire.

2. La preparazione al riutilizzo, con trattamenti di selezione delle materie prime che compongo il residuo rifiuto, potrebbe essere una via ulteriore di implementazione impiantistica che separi per matrici ciò che compone il residuo rifiuto. Sì, perché ciò che giace nell’indifferenziato ha matrice plastica, oppure metallica, oppure a base di cellulosa in gran parte; quindi, con l’utilizzo della sensoristica e di appositi bracci robotici che prelevano i materiali su nastri trasportatori, si potrebbe ridurre ulteriormente il residuo “da bruciare”.

3. Aspetto politico: viene da chiedersi perché insistere su un impianto di incenerimento, che va ad alterare equilibri ambientali già seri sull’asta dell’Adige, nonché compromette l’immagine di vini pregiati come TrentoDoc, Teroldego. Inoltre forse, almeno per coerenza, sarebbe bene eliminare il motto “Respira, sei in Trentino”, perché non è molto coerente con il concetto di combustione di rifiuti in una zona molto vocata al turismo.

Veniamo all’inceneritore, come macchina di produzione di energia elettrica e termica. Il rendimento di tale impianto, elettricamente parlando, oscilla tra il 25-30%, quindi produrre energia elettrica da combustione di rifiuti non è certo significativo, oltretutto per una regione che ha nell’idroelettrico una grande risorsa disponibile. Per quanto riguarda la produzione termica, va detto che bisognerebbe realizzare una rete di teleriscaldamento; e qui si parla di opere invasive per la città di Trento, con l’attraversamento del fiume Adige (l’inceneritore verrebbe posto a destra del fiume Adige, Ischia Podetti, mentre la città si sviluppa sull’altro lato).

Chi governa oggi il Trentino dieci anni fa era in prima linea a combattere contro un impianto di incenerimento dei rifiuti (qui un articolo dell’epoca, dove nella protesta si scorge pure l’allora consigliere, oggi presidente, Fugatti). Oggi, invece, tutti d’accordo nel procedere con un inceneritore.

Il bando di gara, oltre dieci anni fa, andò deserto e si parlava di una macchina che avrebbe dovuto trattare circa 103.000 Ton; ora sono circa 80.000 Ton, quindi che appetibilità economica potrebbe avere sotto il profilo dei ricavi per l’eventuale gestore? Molto poca!

Si rischi davvero un altro flop con una mancata soluzione al problema reale, cioè la gestione del ciclo dei rifiuti, evitando le discariche come attualmente si sta facendo. Molto più veloce e attuabile sarebbe mettere in campo strategie di riduzione, come prima accennato, abbinandole a impianti di trattamento meccanico, per ridurre ciò che rimane.

Ricordando, comunque, che l’inceneritore non elimina totalmente i rifiuti; ciò che viene bruciato in parte passa dal camino e lo respireremo, oppure verrà depositato sui terreni e assimilato dalla vegetazione, che mangiamo e che mangiano pure gli animali da reddito. Oltre a ciò rimane una percentuale di residuo (ceneri e polveri) che oscilla tra il 25-30%, ma sono rifiuti speciali che dovranno essere mandati in discariche dedicate.

Siamo ancora sicuri che incenerire i rifiuti sia conveniente per il Trentino? Io direi proprio di no! Meglio sarebbe progettare in maniera più approfondita tutto il sistema partendo dalla riduzione alla fonte; più veloce, più rispettoso dell’ambiente coinvolgendo associazioni di categoria per definire gli strumenti compensativi per la rivisitazione di come produrre il rifiuto medesimo.

Ma qui siamo su livelli troppo alti per una giunta che, con grande semplicismo, delega ai Comuni una discussione su come e dove realizzare l’impianto; d’altronde è più facile bruciare e far apparire questa come l’unica soluzione unica e possibile. Progettare un sistema nuovo, che tenga in considerazione tutte le voci della direttiva europea, implicherebbe meno tempo, meno soldi, ma sicuramente più impegno. Cose da fantapolitica, per il Trentino di oggi.

Per approfondimenti su un’alternativa possibile, vedi qui.

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