A Napoli e nella sua vasta area metropolitana girano troppe armi. I clan organizzati in cartelli con i loro gruppi criminali satelliti distribuiti sui territori dispongono e custodiscono ingenti arsenali. È noto che la conservazione del potere criminale e l’eventuale espansione passa soprattutto per la forza di fuoco a disposizione e per quella manifestata. La deterrenza tra blocchi criminali esiste e sposta il conflitto – la guerra guerreggiata – tra i gruppuscoli di fiancheggiatori che si contendono il controllo capillare per la gestione delle attività illegali.
Stese, ferimenti, gambizzazioni sono gli avvertimenti accompagnati spesso da una sorta di video fiction propagandistici in stile pulp via Tik Tok. Esibire per imporre il potere e controllare. Indubbiamente ciò che colpisce però è la facilità con cui chiunque a Napoli – non per forza legato al ‘sistema’ – può accedere, in qualsiasi momento, al mercato illegale delle armi. In alcuni casi per procurarsi una pistola (‘sporca’ ovvero con matricola abrasa, o come si dice in gergo ‘vergine’) non serve neppure il gancio, il mediatore. Basta addentrarsi in una viuzza nei paraggi della Stazione centrale di Napoli e con una cifra contenuta acquistarne una.
Capita, come è emerso dall’inchiesta per l’omicidio di Maurizio Cerrato, che un imputato per vendicarsi di un agguato subito si procuri un mitragliatore AK 47 che però non sa manutenere, e spalleggiato da suoi fedelissimi cerca informazioni attraverso un tutorial su Youtube.
Oppure come è accaduto qualche settimana fa nel cuore nel centro antico di Napoli, un 18enne e un 17enne in sella a una moto avevano programmato una stesa ai Quartieri Spagnoli, un’azione armata contro qualche rivale ed esplodere alcuni colpi in aria. E per farlo si erano armati con una mitragliatrice Skorpion. Mentre imboccavano via Toledo sono stati bloccati dai carabinieri e durante la colluttazione il 18enne – in un probabile delirio di onnipotenza – si è messo in piedi sullo scooter, puntando l’arma contro i militari. Nella colluttazione è partito un colpo che solo per un caso fortuito non è andato a segno.
Proprio sui sequestri di armi nel consueto report di fine anno delle attività di contrasto di Polizia, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza emergono cifre allarmanti. C’è proprio di tutto: pistole di ogni calibro, bombe, ordigni con chiodi, pipe bombs, armi pesanti come kalashnikov, fucili a canne mozze e di precisione, mitragliette skorpion, proiettili, balestre, coltelli, katane, mazze, tirapugni e sfollagente. I militari dell’Arma, in meno di un anno, hanno apposto i sigilli a 357 armi comuni e da guerra a cui vanno aggiunte 79 armi bianche, in prevalenza coltelli a serramanico. Si arriva a un numero che supera i 400 ‘ordigni’, calcolando anche i dati di altre forze dell’ordine.
Gli arsenali come le singole armi sono spesso in custodia a persone incensurate, a famiglie insospettabili: sono i dormienti, a volte costretti per debiti contratti, colpa un prestito a usura, ad essere a disposizione e completare, loro malgrado, un pezzo di filiera della criminalità. Tra i sequestri più consistenti degli ultimi mesi c’è quello nel maggio dell’anno scorso all’interno di un negozio di fruttivendolo nel quartiere Bagnoli a Napoli. In quell’occasione, i carabinieri sequestrarono 10 pistole, tra cui diverse semiautomatiche, 5 pistole mitragliatrici e, soprattutto, 6 micidiali mitragliatori kalashnikov, oltre a decine di munizioni di vario calibro e, anche in questo caso, un ordigno fabbricato artigianalmente. L’intelligence monitora Napoli e il suo hinterland.
Alla fine della guerra del Kosovo, le armi e gli ordigni militari in libera uscita trovarono nel capoluogo campano un sicuro crocevia per le rotte dei traffici. C’è preoccupazione che la stessa cosa possa accadere al termine del conflitto in corso in Ucraina: materiale bellico che potrebbe armare le organizzazioni criminali italiane. Non è un caso se il ministero dell’Interno ha creato “un gruppo interforze di analisi sulla circolazione e approvvigionamento delle armi illegali nell’area metropolitana di Napoli”.
Nessuno vuole macchiare la bellissima cartolina e i tanti sforzi messi in campo a fatica per avviare un nuovo rinascimento di Napoli nel mondo come merita una grande capitale culturale, monumentale e artistica. Però non bisogna dimenticare la lezione del compianto Domenico Rea che proprio nel saggio ‘Le due Napoli’ ammoniva a continuare a scendere e cercare nelle viscere attorcigliate della città. Insomma, bella la cartolina ma anche necessaria la narrazione della contro cartolina di Napoli.