Nella faida tra trapper che lo scorso ottobre ha portato a 9 arresti per la sparatoria di via di Tocqueville a Milano, avvenuta all’alba tra il 2 e il 3 luglio, si inserisce anche Marilson Paulo Da Silva, manager dei trapper Simba La Rue e Baby Gang, entrambi coinvolti nell’inchiesta. A Fanpage.it Da Silva racconta un’altra versione dei fatti: “Eravamo lì per i fatti nostri, siamo stati provocati, abbiamo cercato di evitare in qualunque modo lo scontro”. Il Tribunale del Riesame di Milano a ottobre ha disposto la scarcerazione di Da Silva sostenendo che l’indagato ha cercato di evitare e successivamente sedare la rissa né ha mai aggredito le vittime. Secondo il giudice per le indagini preliminari di Milano, che aveva firmato l’ordinanza, per gli indagati c’era la “volontà di controllo del territorio“. L’aggressione a colpi di arma da fuoco, avvenuta in una delle strade della movida milanese, portò alla gambizzazione di due ragazzi senegalesi. Baby Gang (Zaccaria Mouhib) e Simba La Rue (Lamine Mohamed Saida) e gli altri indagati sono accusati a vario titolo di rissa, lesioni, rapina aggravata e porto abusivo di arma da fuoco.
“Non sembra trattarsi di una rissa banale ed estemporanea – si leggeva nell’ordinanza – ma di un episodio di grave violenza e sopraffazione originato da una logica di banda e da una volontà di controllo del territorio”. La vicenda ha infatti radici più lontane che vengono spiegate da uno dei senegalesi feriti. L’uomo di 28 anni racconta di aver prestato una carta di credito a una persona legata all’entourage dei trapper e di aver subìto numerose minacce in risposta alla sua richiesta di restituzione. La notte dell’aggressione, temendo di incontrare questa persona, che non compare nel provvedimento, nasconde in un’aiuola davanti al locale una pistola a salve e uno spray al peperoncino. Una volta uscito dalla discoteca, assieme a un altro senegalese e ad altri amici, incontra il gruppo di Simba e Baby Gang: inizia una lite che degenera in pochi secondi.