di Margherita Zappatore
La disaffezione dei cittadini alla politica è sempre maggiore, a tal punto che oltre la metà degli italiani preferirebbe l’intelligenza artificiale ai parlamentari. Secondo uno studio condotto dall’IE University, infatti, il 59% degli italiani sarebbe favorevole a sostituire deputati e senatori con le nuove tecnologie. Una prospettiva, questa, tutt’altro che remota. Basta guardare oltreoceano. Negli Usa, infatti, è stato recentemente inaugurato il progetto Ai Politician, che raccoglie le preferenze dei cittadini su ogni singolo tema e ne trae sintesi ricercando il compromesso ideale per una soluzione unitaria.
Per dirla in parole semplici: si governa con il televoto, come in un reality show. In un simile quadro, Parlamento e governo finirebbero con l’assumere le vesti di meri notai politici, con il compito di certificare la volontà degli elettori ed eseguirla seduta stante. Utopia o distopia? Dipende dai punti di vista.
Certo è che la volontà di sostituire i parlamentari con un algoritmo rappresenta, senza ombra di dubbio, il fallimento della politica italiana degli ultimi vent’anni. Essa non è che l’effetto della narrazione distorta che, volenti o nolenti, i partiti hanno alimentato. Nonché della confusione che hanno ingenerato nei cittadini nel tentativo di semplificare processi politici e decisioni politiche. Una semplificazione, tuttavia, non ordinata alla sensibilizzazione dei cittadini, per dare loro strumenti di analisi e di critica della realtà, ma per colpire le masse con la chimera dello stupore.
Una semplificazione che diventa, quindi, banalizzazione della vita democratica del Paese. Ed è proprio a causa di questa banalizzazione che si arriva al punto. Se anche la casalinga di Voghera può diventare ministro del Tesoro e se la politica deve moralizzare la vita pubblica senza cedere a compromessi, va da sé che non servono politici, né sono indispensabili opposizione e maggioranza e che, per governare, è sufficiente indire un sondaggio.
Un simile approdo, tuttavia, non è percorribile. La buona politica ha necessità di rappresentanti che sappiano non solo realizzare i programmi votati dalla maggioranza dei cittadini ma anche, nel farlo, che tengano conto degli effetti intragenerazionali e intergenerazionali delle loro decisioni, che sappiano trovare la soluzione più equa e giusta tra esigenze e interessi contrapposti.
Non possiamo, poi, dimenticare che il parlamentare non è un semplice ratificatore, ma gode di una prerogativa: il libero mandato parlamentare. È l’assenza di vincolo di mandato, sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 67, a rendere centrale la funzione esercitata dal parlamentare rispetto agli altri poteri rendendo i parlamentari giuridicamente liberi di discostarsi dalle indicazioni politiche provenienti dal rispettivo partito.