Non è ancora passata una settimana dall’insediamento del nuovo governo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu, ma il ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, noto per le sue posizioni anti-palestinesi, ha deciso di lanciare la prima provocazione. Il leader del partito Otzma Yehudit si è fatto scortare da decine di agenti per passeggiare sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme dichiarando che “il Monte del Tempio (nome con cui gli ebrei chiamano il sito religioso, ndr) è il luogo più importante per il popolo di Israele“. Proteste si sono levate non solo dai vertici dell’Autorità Nazionale Palestinese e da quelli di Hamas, ma a condannare l’atto sono stati anche i vicini della Giordania, la Turchia, gli Emirati Arabi e perfino gli alleati americani.

Il timore dei palestinesi è che il nuovo esecutivo punti a un’azione di forza per cambiare lo status della Spianata, dove si trova la moschea di al-Aqsa, che ad oggi prevede l’accesso libero per i musulmani che vogliono pregare, mentre per gli ebrei è possibile un accesso singolo, con un percorso ad hoc e accompagnati dalla polizia che impedisce preghiere ed esibizione di bandiere o simboli religiosi. Netanyahu ha già assicurato di voler mantenere lo status quo, ma il passo in avanti del ministro preoccupa sia gli abitanti della Palestina che gli osservatori internazionali.

Da Ramallah arrivano infatti condanne per “l’incursione” definita “una provocazione senza precedenti e pericolosa” che “porterà a maggiori tensioni e violenze” e crea “una situazione esplosiva”, come dichiarato dal portavoce dell’Autorità nazionale palestinese, Nabil Abu Rudeineh, sottolineando che il gesto del politico di estrema destra rappresenta “una sfida al nostro popolo palestinese, alla nazione araba e alla comunità internazionale”. Rudeineh ha concluso dicendo che il governo israeliano è responsabile di qualsiasi conseguenza avrà questa visita e ha sottolineato che i tentativi delle autorità di Tel Aviv di “cambiare la realtà storica e giuridica di al-Aqsa” sono “respinti e destinati al fallimento”. Dura anche la reazione di Hamas che ha definito l’azione “un crimine”, il sito “rimarrà palestinese, arabo, islamico” e “nessun fascista può cambiare questo fatto”, come detto dal portavoce Hazem Qassem sottolineando che il gesto è il segnale che “prosegue l’aggressione dell’occupazione sionista ai nostri luoghi sacri e la guerra alla nostra identità araba. I palestinesi continueranno a difendere i loro luoghi sacri e la moschea di al-Aqsa”.

Ma non ci sono state solo le parole della controparte palestinese a condannare la mossa di Ben-Gvir. Anche il ministero degli Esteri della Giordania, la cui famiglia reale è custode dei luoghi sacri di Gerusalemme, ha condannato con la “massima fermezza” e il portavoce Sinan Majali ha detto che la visita è “una violazione della sacralità” della moschea di al-Aqsa e rappresenta “una flagrante e inaccettabile violazione del diritto internazionale e dello status quo storico e legale di Gerusalemme e dei suoi luoghi sacri”. E ha poi messo in guardia dal rischio “escalation”. Amman ha inoltre deciso di convocare l’ambasciatore d’Israele nella capitale per chiedere spiegazioni.

Posizione simile è stata assunta anche dalla Turchia, che da anni cerca di ricoprire il ruolo di primo difensore dei diritti dei palestinesi. Da Ankara parlano di “azione provocatoria. Chiediamo a Israele di agire in modo responsabile per evitare simili provocazioni che violerebbero lo status e la sacralità dei siti religiosi di Gerusalemme e causerebbero un’escalation nella regione“, ha dichiarato il ministero degli Esteri. Anche gli Emirati Arabi Uniti, che hanno riconosciuto diplomaticamente Israele solo nel 2020, hanno “condannato fermamente l’assalto al cortile della Moschea di al-Aqsa da parte di un ministro israeliano sotto la protezione delle forze israeliane”.

L’azione ha avuto una risonanza così ampia ed è stata considerata così grave da convincere anche l’ambasciatore degli Stati Uniti, primo partner internazionale dello Stato ebraico, a definire tali azioni come “inaccettabili”: “L’ambasciatore Nides è stato molto chiaro nelle conversazioni con il governo israeliano sulla questione del mantenimento dello status quo nei luoghi sacri di Gerusalemme – ha affermato un portavoce dell’ambasciata – Le azioni che lo impediscono sono inaccettabili”.

La tensione internazionale innescata dalla visita di Ben-Gvir ha costretto anche il primo ministro Netanyahu a rinviare la visita negli Emirati, secondo quanto si apprende da media locali, prevista per la prossima settimana. Dal canto suo, il ministro di Tel Aviv ha spiegato di essere salito sulla Spianata in occasione di una ricorrenza ebraica, il digiuno del 10 del mese di Teveth, accompagnato da un rabbino ortodosso. “Noi garantiamo libertà di movimento ai musulmani e ai cristiani – ha detto -, ma anche gli ebrei saliranno sul Monte del Tempio. E per chi esprime minacce ci sarà un pugno di ferro“. Il riferimento è alle dichiarazioni arrivate lunedì da Gaza, dove Hamas e la Jihad Islamica avevano minacciato reazioni. Il nuovo governo israeliano “non cederà alle minacce di Hamas – ha poi aggiunto – Il Monte del Tempio è il luogo più importante per il popolo ebraico. Manterremo la libertà di movimento per i musulmani e i cristiani, gli ebrei scaleranno la montagna”.

Intanto, in Cisgiordania un palestinese di 15 anni, Adam Ayad, è stato ucciso nel campo profughi di Deheishe (Betlemme) durante scontri fra dimostranti e reparti dell’esercito israeliano entrati per catturare un ricercato. Secondo i media di Tel Aviv, abitanti del campo profughi hanno lanciato contro i militari sassi e bottiglie incendiarie. Siti palestinesi precisano che la vittima era un attivista del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.

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