Una sanità sull’orlo del collasso. In Puglia l’allarme non arriva (solo) dai pronto soccorso e dai reparti ospedalieri, sguarniti – come nel resto d’Italia – di medici e infermieri. Un atto di accusa durissimo, questa volta, è partito dagli uffici del quartier generale della Sanità regionale verso le caselle di posta elettronica del presidente della Regione Michele Emiliano, dell’assessore al ramo, Rocco Palese e della presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone. Dieci firme in calce, quelle dei dieci dirigenti attualmente in servizio per dire, senza giri di parole, che così non si può andare avanti perché non si è nelle condizioni di garantire nemmeno l’ordinaria amministrazione. Pochi, oberati di lavoro, vessati e ignorati: questa in sintesi l’accusa.

Anzitutto la premessa: da quando è esplosa l’emergenza covid, si è lavorato “senza orari, senza giorni di pausa, durante i periodi di ferie e durante le festività, tralasciando famiglie e affetti, assicurando la tenuta del Sistema Sanitario in un momento delicato che ha travolto tutto il Paese”. La carenza atavica di personale, però, già denunciata cinque anni fa dal Dipartimento, non è stata nemmeno un po’ attenuata dai recenti concorsi indetti dalla Regione. Sono solo dieci i nuovi funzionari arrivati – e non ancora formati – sufficienti a coprire nemmeno il 50 percento del personale cessato o trasferito altrove. E, difatti, la lettera contiene un elenco di 21 nomi: tanti quanti i dirigenti che negli ultimi 18 mesi sono andati in pensione o hanno scelto di essere trasferiti in altri dipartimenti. Più “remunerativi, con meno responsabilità e carichi di lavoro”, specificano.

Persino l’Ipres, in una recente indagine – è scritto nel documento – ha rilevato che in Puglia il personale è un terzo rispetto a quello in servizio nei dipartimenti Sanità delle altre Regioni d’Italia. Il punto, però, è che, oggi la sanità fa i conti con la gestione della pandemia, delle campagne vaccinali ma anche con il Pnrr, vero snodo per la rete ospedaliera e territoriale. E nella lettera lo si legge chiaro: interi settori sono retti da un solo dirigente. Come la missione 6 del Pnrr, appunto. Ma anche il rispetto degli adempimenti dei Lea, i livelli essenziali di assistenza, l’assunzione di personale e le tanto attese stabilizzazioni, necessarie come ossigeno in questo momento. Ma non basta: “non risultano in organico unità di personale – è un passaggio dei ventuno punti critici – per presidiare e governatore materie come la salute mentale, la riabilitazione, le dipenenze patologiche, i minori, l’autismo, la sanità penitenziaria”.

Tutti servizi per i quali o non c’è personale o sono retti da una sola persona “senza alcuna unità di backup”. In buona sostanza, al primo malanno, il timone resta senza condottiero. L’ultimo affondo è per le leggi approvate in Consiglio regionale, “all’unanimità e con il parere positivo del governo” si sottolinea. Per potenziare e rendere operativa l’attività di screening di popolazione per tumore al seno, al colon retto o per screening neonatale visivo, è introdotto un termine perentorio di 45 giorni dall’entrata in vigore della legge – e che sta per scadere -, dopo il quale i dirigenti saranno segnalati all’Organismo indipendente di valutazione dei risultati e le indennità saranno ridotte. “E’ la prima volta – scrivono i firmatari – che un organo legislativo assume competenza sulla performance dei dirigenti dell’amministrazione regionale”. Una ingerenza inaccettabile, dicono, e che porta a considerarli, per legge, “fannulloni, scansafatiche, distaccati e insensibili”. Con il parere favorevole del governo, insistono.

Tutte leggi su cui sia la Corte dei Conti che i Ministeri competenti, avevano invitato a soprassedere perché “incostituzionali”. La richiesta, finale, è non solo di ripristinare un rispetto reciproco tra gli organi di governo e dirigenziali, ma anche di provvedere all’assunzione di 30 dirigenti nell’immediato e altri 80 in pochi mesi. Perché, altrimenti, “non sussistono le condizioni oggettive per garantire l’ordinario”.

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