di Maurizio Donini

I politici si sa che sono generalmente a digiuno di come funzionano le cose nel mondo reale, i reclutati dalla Meloni riescono però a distinguersi in maniera eccellente per impreparazione e frasi a effetto senza senso. Dopo Fazzolari, di cui ho scritto il mese scorso, tocca ora ministro della Difesa Guido Crosetto sproloquiare, in una intervista a Giuseppe Colombo dice: “La Bce ha troppo potere, ora i suoi errori ci mettono a rischio”. Forse il nostro ministro prova rimpianto per quando la Banca Centrale era sotto il cappello dell’esecutivo? Con tanto di esplosione di quel debito pubblico che continua a essere il macigno sulle spalle degli italiani?

Andiamo con ordine. L’inflazione è frutto della politica economico-fiscale, si produce nel mercato dei beni e servizi, non in quello monetario, come qualunque studente al primo anno impara. La Bce, come tutte le banche centrali, lavora sugli ‘effetti’ dell’inflazione tramite il tasso e operazioni di mercato aperto; non agisce sui motivi scatenanti l’inflazione. E quale sia l’attuale errore della Bce non è dato sapere, il rialzo dei tassi è fin troppo timido, il tasso nominale è dato dal tasso reale scontato dell’inflazione, l’attuale 2,5% va depurato del 10% di inflazione, il tasso reale è negativo per 7.5 punti rispetto il punto 0 e comunque in zona negativa anche considerando il tasso naturale inflattivo del 2%. Per analogia il 4,5% del tasso stabilito dalla Fed risulta positivo andando a scontare il 7% (circa) di inflazione.

Ci sarebbero ben altri motivi per l’esecutivo di destra da prendere in esame piuttosto di lanciarsi in improbabili divagazioni macroeconomiche. È il caso dell’idea di ricchezza che è stata portata alla luce in uno studio di Itinerari previdenziali e Cida. Per il Fisco italiano scatta a 35mila euro, da questo punto in avanti i contribuenti presenti versano il 60% dell’Irpef totale, ma stiamo parlando di 5 milioni di persone su una platea totale di 41 milioni, ovvero appena il 13%. I redditi sopra i 100mila euro sono l’1,2%. Per il fisco (dichiarazioni 2021) la metà degli italiani vive con meno di 10mila euro di reddito annuo.

Un’economia che inizia già a scontare il calo demografico del paese, non compensato a sufficienza dai migranti, il che si riflette in una crescita del Pil inferiore agli altri paesi europei, meno lavoratori significa meno Pil. Nel 2047 si stima che la popolazione italiana sarà di 47 milioni di persone, tecnicamente sarà impossibile pagare le pensione. Il tasso di partecipazione al lavoro è nettamente inferiore alla media europea, resta cronico il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni che passa dal 72% per chi non ha figli al 53% per chi ne ha almeno uno di età inferiore ai 6 anni (la media europea è del 67,4%). Una situazione che si trasla nella scuola, con un previsionale che sconta 100mila alunni in meno ogni anno. In dieci anni avremo 1,4 milioni di bambini e ragazzi tra i 3 e i 18 anni in meno. Nello stesso periodo il personale scolastico calerà di 60mila unità, i presidi passeranno da 6.500 a 3.100; spariranno il 15% delle scuole, scendendo a circa 7.000.

La crisi sociale emerge anche nel mercato immobiliare, dai dati raccolti da FIMAA nel 2022, escludendo il centro storico, la media dei valori di compravendita effettiva nel comune di Milano è stata nel 2021 di 5.268 € sul mercato del nuovo/classe energetica A o B; di 4.122 € sul mercato dell’usato in buone condizioni; di 3.086 € sul mercato dell’usato da ristrutturare. Una persona con un reddito netto di 1.500€ al mese (rappresentativa di circa un quarto dei percettori di reddito a Milano) potrebbe permettersi, a fronte di una rata del mutuo ventennale al 30% del reddito (che viene considerata a livello internazionale come la percentuale equa e sopportabile) e un rapporto prestito-valore dell’80%, di acquistare a Milano 18mq sul mercato del nuovo/classe energetica A o B; 24mq sul mercato dell’usato in buone condizioni; 31mq sul mercato dell’usato da ristrutturare.

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