Il 4 gennaio 1809 a Coupvray, in Francia, nasceva Louis Braille, inventore del rivoluzionario metodo di scrittura e lettura. La ricorrenza è un'occasione per l’Unione italiana ciechi per rilanciare l'appello a una maggiore diffussione. Flavia Tozzi: "Grazie a questo alfabeto si è in grado di leggere in maniera diretta"
Il 4 gennaio 1809 a Coupvray, in Francia, nasceva Louis Braille, inventore del rivoluzionario metodo di scrittura e lettura per non vedenti e ipovedenti. Una giornata che viene celebrata dal ministero dell’Istruzione e che è occasione per l’Unione italiana ciechi per rilanciare un appello a sostenere la diffusione di questo strumento essenziale per chi non è vedente. “A scuola continua a essere uno strumento poco usato. Di frequente gli insegnanti di sostegno non conoscono il Braille e si devono formare spendendo dei soldi in maniera volontaria. Per un bambino con un disturbo visivo minimo spesso viene dato spazio alla sintesi vocale che permette di ascoltare ma non di conoscere l’ortografia corretta delle parole”, denuncia la presidente provinciale di Cremona e membro della segreteria regionale lombarda dell’Unione italiana ciechi, Flavia Tozzi.
Intanto per l’occasione la biblioteca “Luigi De Gregori” del ministero dell’Istruzione e del merito sarà aperta per scoprire una parte del patrimonio librario: il “Libro cuore” di Edmondo De Amicis; il carme “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo, un sillabario per imparare a leggere e scrivere, una raccolta di spartiti musicali per lo studio del pianoforte, tutti in lingua Braille. All’interno della sala dell’Emeroteca, al piano terreno del palazzo di viale Trastevere per questa giornata mondiale proclamata dall’Onu, si potranno osservare da vicino alcune di queste pubblicazioni d’epoca, che sono testimonianza della valenza del Braille quale fondamentale strumento di comunicazione ed espressione, di accesso alla cultura e all’istruzione.
Tra i volumi esposti sono visionabili: De Amicis Edmondo, “Cuore”, volume terzo, Stamperia Nazionale Braille, Firenze; Foscolo Ugo, “Dei sepolcri. Carme a Ippolito Pindemonte”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925; “Sillabario”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925; Köhler Louis, “Sedici studi con la mano ferma. Opera 224”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925. La piccola esposizione, tra l’altro, sarà ripetuta dal 21 al 28 febbraio, in occasione della Giornata nazionale del Braille, istituita con Legge 126 del 3 agosto 2007. Soddisfatta di questa occasione è proprio Tozzi, nata senza la possibilità di vedere. Vera e propria esperta della lingua Braille, spiega: “Chi nasce come e mia sorella, grazie a questo alfabeto è in grado di leggere in maniera diretta. Ma il Braille consente anche a persone che hanno perso la vista in età adulta di riconoscere, ad esempio, i medicinali, dove viene apposto ormai in maniera obbligatoria”.
Flavia Tozzi ha imparato a usarlo fin da piccola quando suo padre, vedente, gli traduceva con il punteruolo e la tavola le fiabe, affinché potesse leggerle anche lei. Oggi lo sa usare in maniera fluida grazie a un uso continuativo che serve ad esercitare i polpastrelli. Secondo la presidente, la lingua dovrebbe essere conosciuta anche dalle persone normo-dotate: “Se sai un po’ le lettere dell’alfabeto puoi aiutare una persona in età adulta. A Milano sulle scale della metropolitana ci sono scritte in braille, sono utili per indicare il percorso da scegliere. Il braille non va mai perso. Oggi è molto più semplice trovare dei libri per noi: ci sono stampanti Braille, è solo una questione di diffusione della conoscenza”.
Ad aiutare i ciechi è anche la tecnologia: ora ci sono display digitali. Ma restano tanti i problemi, soprattutto a scuola: “In questi anni siamo stati in molte scuole a parlare con i ragazzi, a insegnare loro l’uso del Braille attraverso il punteruolo e la tavoletta. Anche chi è normodotato può attraverso questa lingua aiutare i propri compagni o un giorno poterla usare per un cieco. Abbiamo bisogno di una scuola e di una società ancor più consapevole dei problemi che chi non vede deve affrontare ogni giorno”. C’è, poi, un altro discorso da fare per quanto riguarda l’urbe: “In Posta – dice Tozzi con riso amaro – se entri come vedente c’è un cartello che dice che bisogna dare la priorità ai ciechi, ma io non posso leggerlo”.