I “gretini” che imbrattano i vetri che coprono le opere d’arte e le facciate degli edifici del potere mi ricordano i sessantottini di 50 anni fa: giovani che si ribellano al “sistema”. Il problema ambientale nel ’68 non era ancora sentito, anche se il mondo scientifico lo stava affrontando e una parte dell’opinione pubblica si stava mobilitando in tal senso. Ma erano borghesi abbienti che si preoccupavano dei “bei posti” del pianeta anelando di salvare qualche specie carismatica. La scuola di Roma pubblicava I limiti della crescita, ma nessuno ci faceva caso, nel mondo politico e nella società civile.

I contestatori chiedevano altro, prima di tutto maggiore libertà, e il miglioramento delle condizioni economiche. Ottennero risultati parziali, ma il dissenso fu criminalizzato con la strategia della tensione. Le bombe di cui ancora non conosciamo i mandanti, ma solo gli esecutori innescarono un desiderio di “ordine” in gran parte dell’opinione pubblica. Le manifestazioni, represse violentemente, portarono a risposte armate e poi al terrorismo.

Dai cartelli per la strada, alle P38. Risultato? La deriva verso la violenza e gli omicidi portò all’emarginazione del dissenso. Un dissenso rabbioso, ma non disperato: c’erano margini di crescita e di ascesa sociale. I sessantottini figli di operai (io sono uno di loro) diventarono professori universitari, avvocati, ingegneri, architetti, medici e presero un ascensore sociale che li “imborghesì”.

Confesso che quando mi appassionai alla biologia marina (al secondo anno di università) mi allontanai dalla politica attiva dei vari movimenti che avevo frequentato. Senza capire bene il motivo trovai più interessante studiare la biodiversità che addentrarmi nelle infinite discussioni delle assemblee di quei tempi che, in alcune menti esaltate, sfociarono nella “lotta armata”, una scelta scellerata, senza sbocchi e prospettive. Spesso manovrata da poteri nascosti.

Oggi, per fortuna, i giovani continuano ad arrabbiarsi e a contestare gli adulti. Restano inascoltati e sono derisi per i loro atteggiamenti, proprio come allora. Alzano i toni con varie vernici e questo fa sì che i benpensanti oltre a prenderli in giro (i gretini) li criminalizzano per vandalismo, come avvenne anche durante il G8 di Genova, altra palestra di strategia della tensione. E tutto continua come sempre. Alzeranno ulteriormente i toni, con azioni dimostrative sempre più “forti”?

La protesta dei giovani di cinquant’anni fa non era frutto di un forte disagio economico, oltre che ideologico. L’ideologia lasciò il posto a un “buon posto” e, poi, a una buona pensione. Le prospettive per i giovani attuali non sono altrettanto rosee. I giovani che studiano trovano lavoro all’estero e se ne vanno, quelli che restano hanno poche occasioni di ottenere il livello di vita dei loro genitori, o di migliorarlo. Si sentono dire che devono prendere qualunque lavoro e che devono scordare il “lavoro dei loro sogni“. Come dire: è inutile che studi e ti dai da fare, ti aspetta un destino di lavoro precario e sottopagato: vivrai per lavorare, scordati di lavorare per vivere.

Sentono gli adulti che parlano di miliardi per la transizione ecologica e vedono che tutto continua come sempre. Sono meno scettici degli adulti e si preoccupano del loro futuro visto che ne hanno uno. A vent’anni ti preoccupi di quel che potrebbe avvenire tra 30 o 40 anni, mentre se hai 70 anni, una casa di proprietà e una buona pensione, la prospettiva si restringe. Vuoi vivere tranquillamente la tua vecchiaia senza troppe lamentele da parte di questi “mocciosi”.

Ovviamente hanno ragione i giovani. E questa volta, visto che non ci sono i margini di miglioramento degli anni tra i Sessanta e gli Ottanta, ci saranno meno probabilità di neutralizzarli con l'”imborghesimento”.

L’assenza di partiti che propongano alternative democratiche a questa deriva economica ed ecologica, esacerbata dal governo in carica, conduce alla mancanza di punti di riferimento istituzionali e apre prospettive rischiose e drammatiche. La disaffezione al voto viene discussa nei giorni che seguono le elezioni e poi prontamente dimenticata. I governi sono espressione di minoranze organizzate che sbaragliano maggioranze incapaci di trovare rappresentatività elettorale. Ci sono “elettorati di riferimento” che trovano paladini dei loro interessi, mentre altri elettorati non trovano sponde alle loro aspettative.

E qui mi viene in mente Piero Fassino. Nel sistema democratico attuale questi giovani dovrebbero farsi un partito, presentarsi alle elezioni e poi vedremo quanti voti prenderanno. Fassino lo disse a Beppe Grillo quando cercò di iscriversi ad una sezione del Pd. Sappiamo come è andata a finire e sappiamo anche che la stella dell’ambiente non brilla più con molto vigore nel firmamento dei 5 Stelle. Basta vedere come hanno accettato che venisse coperto il posto di ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi e che politica facesse.

Conte sta rifondando il M5s e riempie la nicchia politica lasciata vuota dal Pd. Un Pd che mai si è interessato di ambiente. Resta da riempire la nicchia politica di chi chiede la transizione ecologica sentendosela promettere senza che la promessa venga mai mantenuta.

Se sapranno passare dall’imbrattamento alla formazione di un partito politico competitivo e organizzato, questi ragazzi potranno cambiare la storia del nostro paese. Altrimenti ci penseranno l’ecologia e l’economia. Come non ci possono essere umani sani in ambienti malati, così è anche per le economie.

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