La Presidente del Consiglio ha insistito, un po’ ossessivamente, sul fatto che la sua finanziaria è una finanziaria politica. Questa insistenza ci può offrire qualche spunto per capire quali saranno le tendenze della Melonieconomics. Infatti, dire che una finanziaria ha un carattere politico sembra quasi una ovvietà. Ogni legge di bilancio effettua delle scelte economiche sulla base del programma della coalizione governativa; e dunque ogni finanziaria è, per definizione, politica. Ma non sembra essere questa l’intenzione espressa di Giorgia Meloni.
C’è da chiedersi, a questo punto, come sarebbe una finanziaria apolitica, nel caso in cui esistesse. Sarebbe una finanziaria preparata da persone esperte, competenti nel loro settore, che cercano di applicare al meglio il loro sapere e la loro esperienza. Una finanziaria apolitica, per esempio, potrebbe essere stata quella di Mario Draghi chiamato, appunto, per sua riconosciuta esperienza a gestire una situazione economica complicata.
Per usare la fasulla logica della Meloni, la finanziaria è politica quando opera delle scelte che sono poco, o per nulla, supportate dalla competenza e dall’esperienza. Le persone esperte, i cosiddetti tecnici, sono per la leader sovranista degli avversari ostili. Il sovranismo, peraltro, è tale proprio per questo. Il popolo ed il suo leader non possono sbagliare. Il leader può essere anche un bugiardo, fare delle affermazioni azzardate oppure del tutto sbagliate, ma questo non sembra essere un problema, anzi, il tratto distintivo della sua superiorità. Come ci insegnano gli studiosi di scienza della politica, il leader sovranista ha bisogno di un nemico, gli esperti sono il suo bersaglio preferito.
Prendiamo due casi importanti. Meloni ha affermato che la flat tax non discrimina tra reddito da lavoro autonomo, molto favorito, e reddito da lavoro dipendente, molto penalizzato. Ora, tutti gli studiosi concordano sulla conclusione opposta. La tassa piatta crea un’area di privilegio fiscale per una ristretta cerchia di cittadini. Questo è affermato, nero su bianco, dalla Corte dei Conti, da Bankitalia, dall’Upb e condiviso perfino da Confindustria.
Questi organismi raramente trovano un accordo, ma su questo punto hanno la stessa voce. Quindi, da una parte abbiamo le principali istituzioni economiche che sulla base di ricerche e studi arrivano a determinate conclusioni, dall’altro abbiamo la diplomata Meloni che afferma il contrario. A chi credere? Non è questo il punto. Il punto è perché una Presidente del Consiglio racconta queste falsità e sembra andarne fiera. La ragione è semplice: alla Meloni non interessa la verità dei fatti e nemmeno la realtà economica. Il suo obiettivo è quello di creare un’occasione di scontro con l’odiata tecnocrazia rappresentata in questo caso dal parere autorevole di molte autorità indipendenti.
Il secondo caso paradigmatico è quello dell’innalzamento della soglia nell’uso del contante. In questo caso Meloni è più scusabile perché i vari governi hanno avuto molte oscillazioni. Ma non c’è dubbio che il limite al contante sia uno dei tanti strumenti utili, non tanto per contenere l’evasione fiscale, quanto, piuttosto, per contrastare la criminalità economica. Anche qui Meloni ci ha offerto la sua interpretazione popolana francamente bislacca.
Non importa che tutti gli studi vadano nella direzione opposta, ma per lei non c’è nessuna relazione tra evasione fiscale e limite al contante. Ancora una volta ci troviamo in una condizione manichea: da una parte l’opinione di una persona incompetente, ma che ha potere, dall’altro, quella della comunità scientifica che segue le sue regole basate sull’evidenza empirica.
Da dove arrivino le convinzioni economiche della Meloni, non è chiaro. Potrebbe trattarsi di un altro caso di quella voodoo economics con la quale George H.W. Bush etichettò la politica economica di Ronald Reagan degli anni Ottanta. Una specie di religione economica, frutto di interessate fantasie elettorali, sembra essere il sostrato culturale della Melonieconomics. Aspettiamo comunque che qualche distinto accademico intervenga e prenda scientificamente le sue difese, magari non il ministro Guido Crosetto con il suo annunciato machete per convincere i poveri dissenzienti. Potrebbe anche accadere di essere smentiti e che questa nuova religione economica ci salvi.
Che cos’è alla fine una finanziaria politica? È una finanziaria piena di bugie, almeno sul versante economico. Bugie alle quali Meloni ci ha peraltro invitato pubblicamente a credere per far rinascere l’Italia, forse dimenticando l’infelice motto del ventennio “Credere, obbedire e combattere”. Ne abbiamo raccontate solo due, quelle moralmente più vergognose.
La politica è sempre stata un luogo di marketing elettorale e lo sarà sempre di più. Accade però raramente che un Presidente del Consiglio si esponga in maniera così aperta con delle affermazioni che sono palesemente false. Che inventare una realtà economica a proprio uso e consumo sia il nuovo corso del sovranismo anche in Italia? Staremo a vedere. Intanto la voodoo economics della Meloni scadrà entro il 10 aprile 2023, data entro la quale il responsabile ministro Giancarlo Giorgetti dovrà presentare il Def, documento di economia finanza, e così scopriremo, purtroppo, la vera finanziaria del 2023.