“Questa legge lascia esposte le vittime di reato: non le tutela se non hanno il coraggio di denunciare, trascurando il fatto che possano trovarsi in stato di soggezione o aver subito pressioni o minacce. E tra venti giorni potrebbe far uscire dal carcere o dai domiciliari alcune centinaia di ladri professionisti”. Eugenio Albamonte, già presidente dell’Anm (il sindacato dei magistrati) è sostituto procuratore a Roma e segretario di Area, la maggiore corrente progressista delle toghe. Al fattoquotidiano.it mette in guardia su uno degli aspetti più controversi della riforma penale dell’ex ministra Marta Cartabia: la trasformazione di varie fattispecie di reato, tra cui i furti (anche gravi), i sequestri di persona “semplici”, le violenze private e le lesioni lievi, da “perseguibili d’ufficio” a “perseguibili a querela”, cioè solo su richiesta formale della vittima. Una novità appena entrata in vigore e che sta già mandando in fumo processi per casi anche di grande impatto sociale, diventati non più punibili da un giorno all’altro (e in modo retroattivo) perché la querela non c’è o è stata ritirata, o non si riesce a rintracciare la persona offesa a distanza di tanto tempo dai fatti.
Dottor Albamonte, che idea si è fatto di questa scelta?
Mi pare del tutto inopportuna per il sequestro di persona e la violenza privata. Sono reati che spesso avvengono in contesti prevaricatori, come il mondo del crimine organizzato, e causano una sottomissione psicologica che può rendere molto difficile denunciare. D’ora in poi, senza una querela, lo Stato non potrà fare nulla. Viceversa, se viene aperta un’indagine, il responsabile saprà che la vittima lo ha querelato, con i rischi che si possono immaginare. Non solo: anche quando la querela c’è, chi l’ha sporta può essere sempre “convinto” a ritirarla con pressioni, condizionamenti e intimidazioni. Ed è molto difficile per l’autorità accorgersene.
Per quanto riguarda i furti aggravati, invece?
Anche qui mi pare rischioso abolire la procedibilità d’ufficio. Ma il motivo è diverso: si rischia di lasciare scoperte situazioni in cui la persona offesa non può sporgere querela in modo semplice. Pensiamo ai furti di energia elettrica: spesso si tratta di reati commessi su larga scala, legati a occupazioni o a edifici non a norma. In casi del genere le società fornitrici dovranno organizzarsi per querelare nei termini di legge ogni singolo utente che ha usufruito degli allacci abusivi. O pensiamo alle migliaia di furti aggravati “professionali” che si verificano ogni giorno nelle grandi città turistiche: furti di auto, di oggetti a bordo delle auto, di bagagli… le vittime magari vengono dall’altra parte del mondo e rintracciarle dopo un po’ diventa impossibile. Così per buona parte di questi reati ci sarà l’impunità assoluta.
Si è parlato del rischio di scarcerazioni di massa di tutti coloro che sono sottoposti a misure cautelari per furto, se la querela manca. Poi il governo ci ha messo una pezza, concedendo un cuscinetto di venti giorni dall’entrata in vigore della legge per “trovarla”.
È assolutamente insufficiente e non risolve un problema enorme. Le pare che in così poco tempo la polizia giudiziaria possa rintracciare centinaia di vittime una per una, casa per casa, e chiedere loro se vogliono fare querela? Vedremo tra venti giorni cosa succederà, mi auguro che l’informazione sia attenta a monitorare gli effetti.
Quante persone rischiano di essere scarcerate?
In tutta Italia saranno centinaia. Solo a Roma ogni giorno abbiamo tra i venti e i quaranta arrestati: di questi, circa la metà per stupefacenti e l’altra metà per furto. Di questi ultimi, tra un terzo e la metà è sottoposto a misura cautelare in carcere o ai domiciliari. E quasi sempre si tratta di plurirecidivi e delinquenti abituali, altrimenti non finirebbero in carcere, perché non ci sarebbe il rischio di reiterazione del reato.
Secondo l’ex ministra Cartabia tutto ciò serve a ridurre il sovraccarico dei tribunali.
In realtà è stata un’operazione di scarso coraggio. Per intervenire seriamente sul carico degli affari penali sarebbe servita una depenalizzazione seria: la chiediamo da anni, quando ero presidente dell’Anm addirittura tramite un documento congiunto con l’avvocatura. Le faccio qualche esempio: il “disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone” che punisce chi tiene la musica dello stereo troppo alta, per capirci. Io mi chiedo: ma una cosa del genere perché dev’essere un reato? E ce ne sono tanti altri, ad esempio nella normativa in tema di diritto d’autore, che colpisce penalmente anche chi si limita a fruire delle opere. Invece si è scelto di eliminare la procedibilità d’ufficio per alcuni reati anche gravi, con i rischi che ci siamo detti. Senza pensare, peraltro, che si tratta di una soluzione dalle gambe corte: nell’immediato farà sparire un tot di fascicoli pendenti, ma poi, com’è già successo in passato, i cittadini, gli avvocati e la polizia giudiziaria si si adatteranno alla necessità di proporre querela anche per questi reati. E i numeri non cambieranno di molto.