C’è questa serie tv che io e altri appassionati seguiamo che si chiama “Primarie del Pd”. Non è ciclica, va in onda quando capita, e anche il cast è incerto e spuntano protagonisti/candidati un po’ per la strada. Una volta questa serie tv riusciva a coinvolgere anche 3 milioni di spettatori paganti (due euro), ma erano altri tempi. Le prossime Primarie saranno un successo se parteciperanno almeno centomila/duecentomila iscritti e almeno 700mila simpatizzanti poi ai gazebo.

Usciamo dalla metafora ora perché non è facile proseguire come se fosse uno show: avete ben capito che stiamo parlando della scelta del segretario del “più grande partito di centrosinistra italiano” o quello che è stato o quello che sarà, perché se c’è qualcosa che ha smarrito negli anni questo Partito è l’identità (anche se qualcuno giura di non averla mai vista). Eppure ai suoi esordi, alle elezioni del 2008, quella neonata compagine raccolse oltre 12 milioni di voti, cifre da capogiro con cui oggi si potrebbe mettere in piedi un governo monocolore e assicurarsi la maggioranza in entrambe le Camere ma che al tempo servirono solo a fare una “grande opposizione” a Pdl e Lega, vincitori con 17 milioni di voti.

Erano altri tempi e la gente nutriva ancora una certa fiducia andando a votare in massa. Ecco uno dei primi punti dolenti, l’entusiasmo è finito, è finito intorno a tutta la politica, ma a farne le spese sembra sia solo la sinistra o il centrosinistra, come recuperarlo?

Il M5S fiaccato da un’intera legislatura al governo era arrivato ai minimi termini, poi l’uscita di Di Maio & C. e una leadership più decisa di Giuseppe Conte l’hanno portato di nuovo a un buon risultato elettorale alle ultime Politiche del 25 settembre. Quindi un primo contributo all’impresa di ritrovare l’entusiasmo nel Pd potrà darlo il nuovo segretario. Ma affidarsi solo a una leadership – per quanto forte – ha i suoi rischi: il Pd con Matteo Renzi l’ha già sperimentata con l’effetto Yo Yo passando dal 40% al 18% nel giro di pochi anni.

Anche se non è ancora scritto, il ballottaggio dopo il voto degli iscritti vedrà contrapposti probabilmente Bonaccini e Schlein, l’uomo di partito in senso classico (over 50, riformista, non laureato, piace ai cattodem) contro l’emergente e appena iscritta Elly Shlein (laureata, giovane e di sinistra da parte Lgbt+).

Inflazione, guerra in corso, costo dell’energia alle stelle, Qatargate, crisi post pandemica, elezioni politiche lontane e regionali vicine, quale miglior momento per indire un Congresso? Il compito del nuovo segretario non sembra difficile appare impossibile.

Siamo nel pieno solco del “tafazzismo della sinistra”: perché dall’introduzione delle elezioni primarie il Partito democratico non è mai stato in grado di imporre ai suoi alleati di governo una legge che disciplini le primarie per tutte le formazioni politiche? Non che non c’abbia provato (tra tutte le iniziative segnalo disegno di legge 2016 a firma Marcucci, Mirabelli e Mattesini “Disciplina delle elezioni primarie per la selezione dei candidati alle elezioni inerenti cariche” monocratiche”). Nemmeno i 5 Stelle si sono resi conto di quello che sarebbe accaduto dopo il taglio dei parlamentari avvenuto al referendum. Risultato? Metti una pessima legge elettorale e l’assenza di una legge che impone le primarie e hai creato un Parlamento di “super nominati”.

Quando le elezioni primarie furono introdotte dal Partito democratico di Veltroni eravamo freschi dell’esperienza del Mattarellum (un maggioritario al 75% e una quota proporzionale al 25%, legge che fu adottata alle elezioni dal 1994 fino al 2001, sostituita poi da una legge soprannominata Porcellum nel dicembre del 2005). Con una legge maggioritaria e collegi uninominali, le primarie sarebbero un passaggio logico naturale visto che il collegio sarebbe poi conteso tra due o al massimo tre candidati. Ma oggi che i candidati vengono nominati dalle segreterie dei partiti: che senso ha scegliere il segretario attraverso le primarie se poi i candidati alle successive elezioni verranno scelti dal capo anzi “prescelti” dalla segreteria.

Quanti danni dovrà fare ancora una pessima legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliere a pieno i propri candidati in Parlamento? Un ritorno al Mattarellum sarebbe più che auspicabile oppure adottando una nuova legge che disciplini le elezioni primarie per tutti i partiti. Di testi ce ne sono tanti, anche tra l’attuale maggioranza sia a firma di Fabio Rampelli (disegno di legge) e persino una proposta di legge della stessa premier Giorgia Meloni (che avrà dimenticato in un cassetto). Le regole democratiche meglio scriverle insieme.

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