Società

La perdita di un gatto provoca sofferenza. Smettiamola di dire ‘è solo un animale’

Qualche giorno fa è morto il mio gatto anziano. Un grande dispiacere. Una perdita che costringe a ripercorrere il tempo vissuto insieme. Quando Pallino è entrato nella nostra vita eravamo in vacanza in campeggio: marito, figlia piccola e io. Avevamo perso da poco una persona cara e un altro figlio non sembrava arrivare: c’era tutto lo spazio per un nuovo affetto, per un nuovo affetto peloso.

Un branco di gatti gironzolava per il camping nella speranza di trovare o ottenere cibo. Pallino, che aveva pochi mesi, ci ha scelti anche per la nostra compagnia. Saliva sulle gambe e ci si addormentava. Spesso tornando dal mare lo trovavamo a dormire su una delle nostre sedie. È venuto naturale portarlo con noi.

Era denutrito e pieno di pulci. Ce ne siamo presi cura e lui ci ha ricambiato con la sua presenza affettuosa e “graffiante”. Più di una volta siamo usciti “segnati” dal gioco con lui. Recuperate le forze è venuta fuori la sua natura di grande guerriero e cacciatore. Ci portava orgoglioso i suoi trofei e quando questi erano ancora vivi, un rondinino o una lucertola per dire i più frequenti, cercavamo di dare loro una seconda opportunità.

Ha sempre difeso con forza il suo e il nostro territorio. Autonomo e autosufficiente non ha mai voluto condividere con un altro gatto la sua casa e noi fino a un certo punto lo abbiamo assecondato. È rimasto con noi quasi 18 anni. Tanti, ci dicono, per un gatto che è sempre andato in giro, ha attraversato strade, affrontato pericoli e cattiverie umane.

È stato brutto vederlo spegnersi piano piano e dover essere noi a decidere il momento in cui la sua sofferenza era diventata eccessiva. Rimarrà per sempre nei nostri cuori.

Gatti, cani, altri piccoli animali, ci accompagnano per un periodo della vita e quando se ne vanno lasciano un vuoto enorme.
Con loro si costruisce un vero e proprio attaccamento, un legame affettivo, durevole ed emotivamente significativo, come quello che si forma con un altro essere umano. Come quello caratterizzato da desiderio di vicinanza, ansia per la separazione, attivazione di comportamenti mirati a ristabilire il contatto, senso di sicurezza alla presenza dell’altro.

Lo affermano studi recenti sull’attaccamento: il ruolo degli animali è assimilabile a quello del bambino con il genitore. L’animale stimola comportamenti di accudimento da parte del padrone che se ne prende cura in tutto, come farebbe con un figlio. Chi si prende cura degli animali questo lo sa da sempre.

La sofferenza che deriva da queste separazioni spesso non viene capita o vissuta in solitudine e con imbarazzo per il timore di essere giudicati perché in fondo “è solo un animale”. È un animale sì, ma gli schemi e i sentimenti che si attivano sono gli stessi.