di Giorgio De Girolamo e Ferdinando Pezzopane (Fridays For Future Italia)
“Se il dito indica la luna, guardiamo la luna e non il dito” ha affermato Luigi Manconi in merito all’atto compiuto dagli attivisti di Ultima Generazione sulla facciata di Palazzo Madama.
La vernice arancione (peraltro lavabile) con cui è stato imbrattato l’ingresso principale del Senato della Repubblica, in poche ore è stata rimossa. Il movente di un tale gesto però – rapidamente derubricato come atto vandalico – ovverosia una crisi climatica ed ambientale ampiamente ignorata (se non, ed è peggio, solo superficialmente e ipocritamente contrastata) anche dalle istituzioni rappresentative e di governo del nostro Paese, è stato dolosamente mantenuto al di fuori del dibattito pubblico. E invece proprio quel tema, che la vernice era solo pretestuosamente volta a sollevare, doveva restare sotto i riflettori politici e mediatici ben più a lungo della prima.
Si critica il mezzo ma, travisando la realtà, si finge che sia il vandalismo, e non un radicato senso di disperazione, dovuto ad una profonda discrasia tra emergenze e risposte sulla questione climatica, ciò che ha mosso un movimento di giovani attivisti a compiere tale scelta. La percezione di chi ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo dell’attivismo climatico nel 2019 è, infatti, che la strada da fare sia ancora lunga e che la crisi climatica – per quanto maggiormente presente nei telegiornali, sui titoli dei giornali e anche nelle conversazioni quotidiane – non venga ancora vista come una crisi per la sopravvivenza, e dunque per questo sia spesso messa in secondo piano da altre crisi contingenti – anche e soprattutto quelle che sono sintomo di un sistema economico incancrenito e fondato sullo sfruttamento.
In questo modo la crisi energetica, che nella sua drammaticità ci ha dimostrato e ci sta dimostrando il peso – anche economico – di dipendere dai combustibili fossili, non viene letta sulla base della crisi eco-sociale che stiamo attraversando e non sembra essere un’occasione per proiettarsi verso nuovi modelli sociali, ma ancora una volta ciò a cui assistiamo è il tentativo di manutenere l’esistente, tutelando lo status quo.
Di fronte a uno scenario di questo tipo diventa molto più semplice leggere azioni come gli imbrattamenti, anche di quelle istituzioni rappresentative che dovrebbero garantirci un futuro da abitare e che invece hanno assunto il ruolo di garanzia dei rapporti economici precostituiti, come atti volti a generare uno scossone, un terremoto mediatico che si possa tradurre nel tempo in una maggiore consapevolezza. Dopotutto se la democrazia rappresentativa perde la capacità di rispondere alle necessità di cambiamento che iniziano a farsi strada all’interno della società, com’è possibile squarciare il velo di ipocrisia che è calato sulle nostre teste se non dimostrando che ci si indigna molto di più per della vernice lavabile su un palazzo che non per le morti nelle Marche e ad Ischia proprio a causa della crisi climatica?
La domanda resta aperta, ma mettere in evidenza i doppi standard è importante perché ci costringe a guardare nel profondo le contraddizioni che abitiamo.
Per movimenti come Ultima Generazione, l’inglese Just Stop Oil e le esperienze simili che si stanno diffondendo in Europa, si tratta forse di una fase transitoria, per quanto necessaria. Non sarà probabilmente con azioni isolate e prive di una trasversale legittimazione sociale che la lotta per il clima potrà avanzare. Non si tratta di condannare, sul piano della strategia politica, un “atteggiamento opportunistico” contrario alla “linea del partito”. Non sono queste derive non ragionate – isteriche per come qualcuno vorrebbe farle passare – ma strategie fondate su un piano strettamente simbolico che alzano il livello di radicalità influenzando anche il generale movimento per il clima, di cui Fridays For Future fa parte. Ciononostante resta il livello politico, di ricerca di alleanze, di creazione di consenso nell’allargamento della base sociale, un piano imprescindibile, seppur non alternativo al primo, ma senza cui esso non avrà vita.
Vogliamo la luna, come diceva Pietro Ingrao. In tale aspirazione e programma politico risiede ormai però anche una più umile volontà di sopravvivere su un pianeta in cui, come ci stanno mostrando anche le temperature degli ultimi mesi, diventa sempre più velleitario sperarlo.
“Forse s’avess’io l’ale / Da volar su le nubi, / E noverar le stelle ad una ad una, / O come il tuono errar di giogo in giogo, / Più felice sarei, dolce mia greggia, / Più felice sarei, candida luna” (Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)
Per costruire queste ali anche le azioni di Ultima Generazione sono al momento indispensabili e meritano quindi la nostra piena vicinanza e solidarietà. È solo dal comune rifiuto del reale che nasce il vero cambiamento.