Un foglio di dimissioni che scivola a Genova provoca un tonfo a Roma. Il SecoloXIX di oggi racconta che anche la Procura capitolina indaga sulla fuga di notizie avvenute da Cassa Depositi e Prestiti relative a discussioni avvenute nel consiglio di amministrazione della più importante istituzione finanziaria del Mef e che ha portato già a una prima perquisizione. I reati ipotizzati nelle vicenda sono insider trading (compravendita di azioni di società da parte di chi riceve informazioni che non sono pubbliche) e rivelazione di notizie segrete. L’inchiesta era partita dalla denuncia contro ignoti presentata alla Guardia di finanza dall’amministratore delegato dell’istituzione, Dario Scannapieco. Da fuori, a metà dicembre, erano emerse giusto le dimissioni di un consigliere, l’avvocato spezzino Matteo Melley, accompagnate da uno scarno quanto riconoscente comunicato per “l’impegno profuso e il contributo apportato” per 12 anni. Indiscrezioni giornalistiche hanno poi messo in relazione le sue dimissioni con l’indagine sulla diffusione di notizie riservate, discusse nel cda, che tali sarebbero dovute rimanere.

Proprio Melley, questa la novità, sarebbe stato raggiunto giusto qualche ora prima di firmare la lettera di dimissioni dagli uomini delle Fiamme gialle che gli avrebbero mostrato un decreto di perquisizione prodotto dai pm di Roma. A portarli all’avvocato della Spezia sarebbero stati i tabulati telefonici che traccerebbero contatti tra il consigliere di amministrazione uscente e alcune testate giornalistiche. I finanzieri vogliono capire se le indiscrezioni siano partite da lì. Melley, raggiunto telefonicamente dal giornale, non commenta. Le sue dimissioni però, avvenute a pochi giorni da Natale, avevano creato scalpore e non solo nello Spezzino ma anche a Roma, perché la vicenda si è scatenata in un momento caratterizzato già da pesanti tensioni che stanno scuotendo la stessa Cdp, a valle del dossier relativo alla rete unica delle telecomunicazioni. Il governo è ormai alle prese con le nuove nomine delle aziende di Stato e nel mirino è finita anche Cdp, l’azzeramento dei vertici è stato smentito. Ma dentro e fuori questa storia ribolle.

Nelle scorse settimane era stato Il Domani a svelare i retroscena di una guerra non solo interna, con tentativi di spionaggio ai danni dell’istituzione finanziaria più importante del Ministero delle Finanze. Concentrati proprio sull’amministratore Scannapieco e i manager della sua prima linea. L’ex vicepresidente di Bei chiamato da Draghi a capo di Cdp aveva fatto controllare gli uffici di via Goito a Roma e analizzare il suo cellulare, la bonifica avrebbe confermato l’uso di microspie, trojan e intrusioni informatiche. Scannapieco si sarebbe a quel punto rivolto all’intelligence per capire chi siano gli spioni.

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