Nato a Badiraguato il 29 marzo 1990, era cresciuto a Città del Messico ricevendo buona parte della sua educazione in una scuola dei Legionari di Cristo. Narcos di primo livello, per Dea e Fbi era un "luogotenente chiave" di El Chapo e, dopo la cattura e la condanna all'ergastolo del padre, il suo successore alla guida del cartello insieme a due fratelli
Sulla sua testa gli Stati Uniti aveva piazzato una taglia da 5 milioni di dollari, perché considerato insieme ai fratelli Ivan e Jesus Alfredo il vero erede del cartello di Sinaloa dopo la cattura di loro padre Joaquim El Chapo Guzman. Ovidio, 32 anni, detto El Raton, era uno dei più attivi tra i Chapiti, figlio della seconda moglie del signore messicano della droga. Narcos di primo livello, gli agenti antidroga della Dea e dell’Fbi lo descrivevano come un “luogotenente chiave” di El Chapo e, dopo la cattura e la condanna all’ergastolo del padre, il suo successore alla guida del cartello. Almeno della fazione più vicina al boss dei narcotrafficanti, quella contrapposta a Ismael El Mayo Zambada.
Nato a Badiraguato il 29 marzo 1990, Ovidio Guzman e il fratello Joaquim – secondo il Dipartimento di Stato Usa – coordinavano 11 laboratori di metanfetamine nello stato di Sinaloa, dove ogni mese vengono prodotte tra i 1.300 e i 2.200 chili di questa sostanza. El Raton avrebbe anche ordinato l’assassinio di alcuni informatori, di un trafficante di droga e di un famosa cantante messicano che si era rifiutato di esibirsi al suo matrimonio. Le accuse statunitensi riguardano anche la distribuzione di cocaina e marijuana dal Messico verso Usa e Canada, a partire dal 2008, anno in cui – appena compiuta la maggiore età – il padre lo avrebbe coinvolto nel traffico di stupefacenti.
Cresciuto a Città del Messico, secondo quanto riferito da Milenio Televisión, avrebbe ricevuto buona parte della sua educazione in una scuola gestita dai Legionari di Cristo, fino a quando le famiglie dei suoi compagni non lo hanno escluso da una gita scolastica. Dopo la cattura del padre, secondo i rapporti di polizia, El Raton era tornato a Culiacan, ‘fortino’ del cartello di Sinaloa. Ed è lì che il 17 ottobre 2019 era stato catturato una prima volta, salvo essere rilasciato per la reazione dei sicari armati che aveva scatenato una rivolta ricordata dai media messicani come El Culiacanazo, per la resa a cui era stato costretto il governo. Il mese successivo, uno degli ufficiali che lo arrestarono, identificato come Eduardo N., venne assassinato.
Giovedì il secondo tentativo, sempre attorno al quartiere di Tres Rios, questa volta andato a buon fine, ma che ha comunque scatenato la guerriglia dei narcos con almeno 29 morti. Dopo essere stato trasferito nella capitale, Guzman è stato trasportato in elicottero nel carcere di massima sicurezza di Altiplano, dove resterà detenuto fino alla probabile estradizione negli Stati Uniti. Intanto il governo messicano sta provando a riportare la calma nelle città del Sinaloa. Come ha spiegato il segretario alla Difesa nazionale, generale Luis Cresencio Sandoval González, ci sono 10 soldati morti durante l’operazione e altri 35 sono rimasti feriti, mentre tra gli affiliati al cartello si contano 19 vittime e 21 arresti.