Dal 2015 in poi praticamente tutte le regioni italiane hanno acquistato dispositivi medici con una spesa superiore rispetto ai tetti fissati. Adesso le società fornitrici saranno tenute a partecipare rimborsando circa la metà della spesa in eccesso, peraltro stabilita a monte dagli appalti pubblici, sia per quantità che per prezzo della merce. Nonostante gli appelli lanciati negli scorsi mesi dalla componente di Confindustria che si occupa di questo settore produttivo, il governo ha tirato dritto e darà applicazione a una legge del 2015, senza deroghe né dilazioni. Come ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in tutta Italia le aziende dovranno rimborsare qualcosa come 2,1 miliardi “che consentiranno l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, preservando gli equilibri dei bilanci regionali”. Si tratta solo della prima fase, riferita al periodo 2015-18 con una scadenza ravvicinata, che avrà ricadute sui conti di migliaia di aziende. Dal 2015 al 2020, la cifra totale è di 3 miliardi 616 milioni di euro.
Il mercato dei dispositivi medici vale in Italia 16,2 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.546 aziende, con 112.534 dipendenti. Si tratta di un tessuto industriale eterogeneo, altamente innovativo e specializzato. Tra i fornitori delle Regioni vi sono, infatti, sia grandi multinazionali, che aziende molto più piccole. A rischiare tracolli sono soprattutto queste ultime. La situazione delle diverse regioni italiani è articolata, ma prevalgono gli amministratori che hanno speso molto più di quanto fissato.
RICHIESTE DI PAYBACK 2015-18 – Per il momento i payback sono limitati al quadriennio 2015-18 e in tutte le Regioni italiane si stanno svolgendo le stesse procedure, con avviso alle aziende della scadenza fissata a metà gennaio. In totale si arriva a 2 miliardi 85 milioni di euro. Tra le regioni che hanno speso meno del dovuto nel periodo troviamo solo Lombardia, Lazio e Campania. Per tutte le altre scatta la richiesta di rimborso che è del 40% dello sforamento nel 2015, del 45% nel 2016 e del 50% a decorrere dal 2017. Questo l’elenco di quanto dovrà essere restituito ad ogni regione nel quadriennio, con tra parentesi la somma totale dal 2015 al 2020: Piemonte 200,8 milioni di euro (356,5 fino al 2020); Valle d’Aosta 4,5 (7,6); Lombardia 0 (7,6 milioni per il 2019-20); Provincia autonoma di Bolzano 45,7 (73,2); Provincia autonoma di Trento 49,5 (81,5); Veneto 231,8 (429,8 milioni); Friuli Venezia Giulia 128 (216,1); Liguria 50,7 (97); Emilia Romagna 170,4 (360,6); Toscana 397,2 (618,5 milioni di euro); Umbria 91,9 (145); Marche 136,6 (221,6), Lazio 0 (8,2 milioni solo per 2019-2020); Abruzzo 141 (221,7); Molise 17,7 (26,6); Campania 0 (31 solo per 2019-20); Puglia 246,8 (391,6); Basilicata 9,9 (19,8); Calabria 4,3 per il solo 2018 (11,9); Sicilia 34,3 (101,9); Sardegna 125,6 milioni di euro (189,1 milioni di euro a tutto il 2020).
IL CASO VENETO – Il direttore generale della Sanità del Veneto, Luciano Fior, ha pubblicato sul Bur del 15 dicembre il decreto che prevede un rimborso per 231,8 milioni di euro. Si tratta di 45,5 milioni di euro per il 2015, 56,5 milioni per il 2016, 62 milioni per il 2017 e 67,7 milioni per il 2018. Ma se si prendono in considerazione i sei anni dal 2015 al 2020, con 429,8 milioni da rimborsare, il Veneto è al secondo posto delle regioni italiane che hanno speso di più. La prima è la Toscana con 618,5 milioni di euro, la terza è la Puglia con 391,6 milioni di euro. In Veneto le aziende debitrici nel periodo 2015-18 sono 2.170. Di queste, 31 società dovranno versare entro metà gennaio almeno un milione di euro. Spiccano le posizioni di Abbott con 6,1 milioni, Baxter 3,5 milioni, Waldner Tecnologie Medicali 4,2, Promed 6,5, Edwards Lifesciences Italia 3,8, Johnson & Johnson 14,8, Ab medica 3,6, Medtronic Italia 15 milioni, Roche Diagnostics 6,3, Boston Scientific 7,8, Abbott Medical Italia 4,8 e Siemens Healthcare 4,5 milioni di euro.
SFORAMENTI DI TUTTE LE REGIONI (2021) – Se guardiamo al 2021, la percentuale di sforamento più alta è della regione Friuli Venezia Giulia con il 91,73 per cento, quella più bassa della Calabria, con l’1,89 per cento. La classifica è stata elaborata dal Centro studi di Confindustria Dispositivi Medici e comprende il tetto di spesa prefissato, la spesa effettiva sostenuta e la percentuale di sforamento. Tutte le regioni, in quantità diversa, hanno sforato. Per il Piemonte sforamento 63,25% (388,2 milioni di tetto, 633,8 milioni spesi); Valle d’Aosta sforamento 17,34% (12,1 milioni di tetto, 14, 3 milioni spesi); Lombardia sforamento 6,08% (870 milioni di tetto, 923 milioni spesi); Provincia autonoma di Bolzano sforamento 89,90% (57,4 milioni di tetto, 108,9 milioni spesi); Provincia autonoma di Trento sforamento 46,01% (53,7 milioni di tetto, 78,4 milioni spesi); Veneto sforamento 43,68% (421,4 milioni di tetto, 605,4 milioni spesi); Friuli Venezia Giulia sforamento 91,73% (110,3 milioni di tetto, 212,5 milioni spesi); Liguria sforamento 38,15 % (150,9 milioni di tetto, 208,4 spesi); Emilia Romagna sforamento 53,2% (404,7 milioni di tetto, 620 milioni spesi); Toscana sforamento 74,51% (340 milioni di tetto, 593,1 spesi); Umbria sforamento 77,80% (81,2 milioni di tetto, 144,4 milioni spesi); Marche sforamento 76,76% (137,2 milioni di tetto, 242,5 milioni spesi); Lazio sforamento 8,27% (503,5 milioni di tetto, 545,2 milioni spesi); Abruzzo sforamento 73,77% (117,1 milioni di tetto, 203,6 milioni spesi); Molise sforamento 14,70% (29,1 milioni di tetto, 33, 4 milioni spesi); Campania sforamento 18,21% (481,4 milioni di tetto, 569,1 milioni spesi); Puglia sforamento 51,73% (345 milioni di spesa di tetto, 523,4 milioni spesi); Basilicata sforamento 23,77% (50,2 milioni di tetto, 62,1 milioni spesi); Calabria sforamento 1,98% (175 milioni di tetto, 178,4 milioni spesi); Sicilia sforamento 22,10% (443,2 milioni di tetto, 541,2 milioni spesi); Sardegna sforamento 44,92% (154 milioni di tetto, 223,1 milioni spesi).