Il presidente Vittorio Messina spiega gli effetti recessivi della manovra che consente di aumentare l'imposta sui pernottamenti. "Colpisce sopratutto i soggiorni lunghi. Tra Atene e Roma, una famiglia straniera avrà tutto il vantaggio di scegliere la Grecia. Insieme all'Iva sui prodotti turistici siamo già il Paese che tassa di più e poi non reinveste, tradendo la natura stessa della norma che nasce come tassa di scopo"
“L’imposta è già un salasso da 280 euro a settimana per una famiglia con due figli. Una stangata che proprio in un momento di ripresa come questo rischia di scoraggiare i visitatori, soprattutto le famiglie, offrendo loro un incentivo per ridurre la durata del soggiorno, e di spingere fuori mercato le città d’arte. L’esatto contrario di quello che dovremmo fare”. Dal 2017 Vittorio Messina è presidente nazionale di Assoturismo Confersercenti, sigla che rappresenta oltre venti federazioni verticali del comparto turistico, nonché Presidente di Confesercenti Sicilia. A giugno è diventato presidente di Assohotel. Ha raccolto il testimone dopo due anni di stop and go imposti dalla pandemia e snocciola i numeri che indicano una netta risalita dei flussi, soprattutto nelle città d’arte e nelle località di mare: . Dall’altra ha sotto il naso la tabella, elaborata dall’ufficio studi e anticipata dal Fatto.it, sui capoluoghi che a partire da gennaio potranno portare la tassa di soggiorno a 10 euro a notte. E scuote la testa tra incredulità e costernazione.
Cosa dice questa vostra elaborazione?
Individua i primi comuni capoluoghi che potranno alzare ancora l’imposta fino a 10 euro a notte. Le città candidate sono Firenze, Venezia, Pisa, Siena, Verbania e Rimini. Ed è un pessimo segnale: il 2022 si è chiuso sfiorando i 400 milioni di presenze, con un balzo del +38,2% sul 2021. Un risultato decisamente positivo, ma ancora lontano dai livelli pre-covid. Durante la pandemia sono sparite per sempre 2.990 imprese tra alberghi ed hotel. Proprio ai primi di segnali di ripresa arriva questa mazzata. Per questo abbiamo contestato subito non solo la ratio della misura, di cui si discute da anni, ma soprattutto il tempismo con cui è stata adottata.
Perché siete così contrari all’imposta?
Sosteniamo da sempre che sia un balzello iniquo, perché nasce come tassa di scopo ma non lo è mai stata: i comuni la vedono come tale solo al momento dell’imposizione, ma non in quello della spesa, per cui raramente i flussi che genera vengono reinvestiti per il turismo. Finiscono nel calderone del bilancio della spesa corrente. E non è accettabile. Meno che mai con questo gioco al rialzo. Vorrei ricordare poi l’imposta di soggiorno già costa agli ospiti delle strutture ricettive italiane più di mezzo miliardo di euro l’anno: tra questa e l’IVA su prodotti e servizi turistici, i visitatori del nostro paese sono tra i turisti più tartassati al mondo.
Può spiegare quali effetti concreti temete?
Prenda una famiglia straniera di quattro persone che è indecisa se recarsi in vacanza per una settimana ad Atene o a Roma. Indubbiamente potrebbe scegliere la Grecia perché in sette giorni risparmierebbe 300 euro. Che salgono nel caso delle città capoluogo ammesse al rincaro fino a 500 euro. Le pare normale?
L’aumento è stato proposto dall’opposizione e accolto dalla maggioranza
Questo mi ha moto sorpreso, in effetti. L’emendamento è stato presentato dall’opposizione che in un momento di grandi emergenze come questo, tra rincari energetici, inflazione, guerra russo-ucraina e covid ha pensato di mettere questo tema nella sua agenda. Ma lo stesso vale per le forze di maggioranza e di governo che l’hanno poi recepito e approvato in manovra: sembra quasi che sia stato un modo per soccorre alcune amministrazioni comunali anziché trasferire loro le risorse che attendono.
A Venezia si stanno consultando i residenti, in altre località si preparano le delibere. Quale sarà l’effetto generale?
Il punto è proprio questo. La norma individua i capoluoghi e i criteri, ma riporta in auge per tutti quello strumento che consente di far cassa a tutti i comuni a forte vocazione turistica che sono tantissimi e per di più tutti più o meno in affanno per gli aumenti del costo dell’energia. Ma lo sono anche gli albergatori e fino all’ultimo titolare di un B&B familiare: dalle nostre stime la corsa ai prezzi in atto riesce a costare ad un albergo medio un importo di circa 98.519 euro per la fornitura annuale di energia elettrica (oltre 42.511 euro in più rispetto al 2021); mentre per quanto riguarda il gas l’aggravio annuale è di circa 12.189 euro in più rispetto allo scorso anno. Numeri che allontanano una solida ripresa del comparto e la possibilità di tornare protagonisti sul mercato, e ora saranno gravati dall’effetto negativo dell’imposta che allontana i clienti.