Mentre si aspetta il sesto decreto armi, Washington chiama Roma e chiede al governo Meloni di spedire a Kiev lo scudo antimissile Samp-T prodotto in consorzio tra Italia e Francia. A un capo del telefono, il consigliere per la sicurezza Jake Sullivan, dall’altro quello diplomatico della Meloni, Francesco Talò. Oggetto del desiderio, mentre la tregua natalizia andava in frantumi, un sistema missilistico terra-aria di ultima generazione che ha limitate capacità contro i missili balistici ma si rivela efficacissimo contro aerei, droni e missili cruise, dunque capace di fare da “scudo” antiaereo anche per una grande città come Kiev, dove per altro sono piombati colpi di rappresaglia alla “strage di capodanno” nel Donbass (63 soldati russi uccisi a Makiivka, secondo Mosca).
La richiesta all’Italia era già stata formulata il 7 novembre, nel corso di una telefonata tra il ministro Guido Crosetto e il segretario statunitense alla Difesa Lioyd Austin. Prima ancora, era stato lo stesso Zelensky, intervenendo al vertice straordinario del G7 dell’11 ottobre, ad appellarsi al presidente francese e a quello italiano per ricevere la contraerea Samp-T. Il giorno successivo veniva pubblicato in Gazzetta il quinto pacchetto armi dall’Italia all’Ucraina, al solito secretato, ma evidentemente il sistema richiesto da Kiev non c’era. Per due ragioni essenziali, il nostro Paese ne ha giusto sei e il costo elevato del sistema: 500 milioni di euro, a cui però vanno aggiunti i 32 missili Aster di cui è equipaggiato, dal costo di circa 2 milioni ciascuno. L’intera batteria Samp/T arriva quindi ad avere un “valore” di circa 800 milioni.
Gli Usa però aumentano il pressing su Francia e Italia perché forniscano il “Sol-Air Moyenne Portée Terrestre”. Si tratta di un sistema d’armi sviluppato a partire dai primi anni 2000 nell’ambito del programma italo-francesce FSAF, realizzato dal consorzio europeo Eurosam (Mbda Italia, Mbda Francia e Thales) per l’Italia e la Francia allo scopo di sostituire il sistema missilistico Hawk. Il sistema è caratterizzato da un’elevata mobilità tattica e strategica (può essere facilmente rischierato per via aerea, navale e ferroviaria), ha un raggio d’azione limitato (100 km) ma ha la capacità di intercettare caccia, droni, missili da crociera e in parte i più veloci missili balistici. Ogni batteria dispone di 32 missili Aster30 che colpiscono a 35 km. La centrale di guida permette di tenere sotto controllo 130 obiettivi diversi e di lanciare fino a 10 missili contro altrettanti bersagli. L’Italia detiene questo sistema in cinque unità, allocate al 4° Reggimento artiglieria contraerei di Mantova che, dall’entrata in servizio nel 2013, sono state impiegate sia in Italia (come sorveglianza dei cieli durante il Giubileo) sia all’estero, ad esempio in Turchia nell’ambito dell’operazione Nato “Active Fence” (2016-2019) garantendo sorveglianza h24 alla città di Kahramanmaras, al confine con al Siria, quindi in Kuwait.
Oltre alle cinque in esercizio, l’Italia ha una piattaforma per addestramento e il governo Draghi, riporta oggi il Corriere, voleva consegnare quest’ultima su cui l’Esercito lavora da mesi al fine di renderlo efficace anche contro i missili balistici, affidando ai francesi la fornitura di lanciatori e scorte. Del resto, rilevava già due mesi fa l’esperto di AresDifesa Aurelo Giansiracusa “non abbondiamo di questi sistemi, ne esistono pochi, costosissimi esemplari: 6 in Italia, 10 in Francia. Sono dunque fondamentali per la difesa del territorio nazionale. Se strettamente necessario, l’Italia potrebbe valutare di cederne uno, al pari dei francesi”. Il governo Meloni, che aveva congelato il sesto “pacchetto” chiedendo a Kiev di esplicitare le sue necessità, è ora al bivio.