Si chiama Mohamed Samir Elsayed Abdellatif, ma tutti nel quartiere di San Siro lo conoscono come “Mimmo”. È lui il barbiere che ha ritrovato nel suo negozio, dove uno dei due sospettati lo aveva nascosto, il cellulare rubato a Federico Salvini, figlio di Matteo. Nel suo salone all’angolo tra via Ricciarelli e via Altamura, il 23 dicembre, Mohamed Atef Ahmed, presunto autore del furto, è entrato intorno alle 20.30: stando al racconto di “Mimmo”, si è seduto sul divano ed ha aspettato il suo turno per tagliarsi i capelli. Ma mentre attendeva, ha visto arrivare vicino al locale le volanti della polizia e gli agenti che stavano cercando il telefonino. Così, forse temendo di essere perquisito, spiega adesso il barbiere, ha lasciato l’Iphone 12 del figlio di Salvini sotto al divano del negozio.
Una volta ‘risolto’ il caso, Abdellatif, in Italia da 18 anni, ha svelato che il ministro è andato a fargli visita: “È venuto qui a ringraziarmi, il 27 dicembre. Mi ha portato una torta. L’abbiamo mangiata in negozio”. È stata un’intuizione a far capire al barbiere come forse stavano le cose: il giorno dopo la rapina, infatti, Ahmed è tornato al negozio con il suo presunto complice Ibrahim Mohamed Khaled Foad Khedr per recuperare il telefonino, fingendo di averlo perso. È stato allora che il titolare di “Parrucchiere di San Siro” ha capito che si trattava dello stesso cellulare che stava cercando la polizia.
Abdellatif ha quindi fermato il giovane: “Pretendeva di entrare, ma io l’ho bloccato – ha raccontato al Corriere della Sera – Gli ho chiesto ‘Ma è un Iphone?’. Mi ha detto: ‘Sì’. Ho capito che era quello che la polizia cercava la sera prima”. A quel punto, “Mimmo” ha messo in atto il suo piano: ha detto al presunto autore del furto che lo avrebbe fatto entrare solo se si fosse fatto fotografare. I due giovani erano agitati, ma poi hanno accettato la proposta. Ma non appena la foto è stata scattata, Abdellatif ha chiamato la polizia.
Così, i due sono scappati. Quando le forze dell’ordine sono intervenute sul posto, il barbiere ha consegnato il telefonino. E, grazie alla fotografia, gli investigatori della Squadra Mobile sono riusciti a poi rintracciare i due. E pensare che la sera del 23 dicembre, subito dopo la rapina, quando la polizia ha cercato il cellulare seguendo il tracciato gps tra le auto in sosta in via Ricciarelli, accompagnata da Salvini e dal figlio, ricorda Abdellatfi, “non l’ho riconosciuto. È stato un mio amico a dirmi: ‘Ma quello è Salvini’. Io non ho proprio collegato, eppure aveva anche la macchina della scorta”.