È stato uno degli omicidi più efferati degli ultimi decenni nel Nordest. Nell’agosto 2007, a Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso, una coppia di coniugi, che facevano i custodi nella villa di un industriale, vennero seviziati e uccisi da un malvivente che voleva la combinazione della cassaforte dei proprietari, in quel momento in vacanza. A distanza di quindici anni, il figlio di Guido Pelliciardi e di Lucia Comin, le vittime, ha ricevuto una beffarda cartella esattoriale dall’Agenzia delle Entrate che gli chiede di pagare 1.639 euro per le spese di deposito di una sentenza, in una causa contro lo Stato che egli ha vinto. Era riuscito a entrare in possesso di una minima parte della somma che i malviventi, nullatenenti, sono stati condannati a risarcire. Per questo non era tenuto a pagare nulla.

Vicenda paradossale non tanto di malagiustizia, quanto di malaburocrazia. Un errore, che però sa di beffa, visto il calvario che l’uomo ha subìto da un punto di vista procedurale. “Abbiamo presentato subito istanza di sgravio, vista l’assoluta infondatezza della richiesta delle Entrate – spiega l’avvocato Alessandro Romoli di Treviso, che assiste Pelliciardi in sede civile, dopo averlo fatto in sede penale – perché se avessimo pagato, ci saremmo trovati nella paradossale situazione di dover avviare un’altra causa, che si aggiungerebbe alle innumerevoli che abbiamo già fatto”.

Il 21 agosto 2007 nella villa della famiglia Durante a Gorgo era entrato per rubare solo uno dei tre componenti della banda. Credevano di trovare un tesoro. Artur Lleshi, 33 anni, albanese, aveva infierito in modo bestiale sui coniugi, probabilmente sotto effetto di stupefacenti. Non aveva trovato nulla e li aveva uccisi. Si è suicidato in carcere poco dopo essere stato arrestato. Il complice connnazionale, Naim Stafa, che oggi ha 48 anni, non era nemmeno entrato, ma secondo le sentenze aveva diretto l’operazione, dando indicazioni su come comportarsi a Lleshi. Il terzo uomo era il basista, un romeno di 19 anni, Alin Bogdaneanu, che lavorava nella fabbrica dei Durante e che aveva indicato l’obiettivo. Nel giro di qualche settimana tutti e tre erano finiti in carcere. Al processo Stafa era stato condannato all’ergastolo, il romeno a 18 anni. La condanna al risarcimento del danno era stata di un milione di euro, soldi che i due imputati non avevano.

“Scoprimmo che Stafa vantava un credito dallo Stato di 111 mila euro per una ingiusta detenzione che si era verificata a Napoli”, ricostruisce l’avvocato Romoli: “In realtà aveva dato un altro nome quando era stato arrestato per quell’episodio e quindi ottenere la somma dallo Stato è stato molto laborioso”. Le cause e le intimazioni di pagamento sono state numerose. “Abbiamo dovuto procedere con il riconoscimento in base alle impronte digitali per ottenere che il giudice accertasse che Stafa e l’uomo che aveva subito l’ingiusta detenzione fossero la stessa persona. Alla fine ce l’abbiamo fatta, dopo esserci scontrati però con l’opposizione del Ministero dell’Economia e Finanza”.

Lo Stato non voleva pagare, ma Daniele Pelliciardi aveva pienamente diritto a percepire una somma irrisoria, appena un decimo rispetto al danno liquidato. Ma per farlo si è dovuti arrivare al 2016, con una sentenza. Vista la sconfitta, le spese di registrazione erano a carico del Ministero. Per un evidente errore, invece, nel 2019 Pelliciardi ha ricevuto una prima richiesta di pagare 1.593 euro. “Avevamo segnalato l’errore all’Agenzia delle Entrate – spiega l’avvocato Romoli – e pensavamo che l’ufficio avesse proceduto alla correzione dell’errore”. Così non è stato, perché adesso è arrivata al figlio dei coniugi assassinati una nuova richiesta di pagamento, con il calcolo degli interessi di mora. Nuova richiesta: 1.639 euro. “Quanto è accaduto è grottesco, perché solo in Italia accade che non rispondano alle segnalazioni di errore. – commenta Daniele Pelliciardi – Ma è anche terribile perché questa implacabile burocrazia mi impedisce di girare pagina una volta per tutte”.

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