Si sono salutati l’ultima volta il 29 dicembre, nella clinica Royal Marsden di Londra, dove Gianluca Vialli ha affrontato gli ultimi giorni di malattia prima di spegnersi all’alba di venerdì. Un abbraccio con Roberto Mancini, una chiacchierata tra amici – anzi di più, fratelli, i “gemelli” del gol come li chiamavano a Genova – sapendo che avrebbe potuto essere l’ultima. “Era privo di forze, con poca voce, ma lucidissimo”, ha confidato il commissario tecnico della Nazionale a La Gazzetta dello Sport.

“Abbiamo parlato un po’ di tutto, mi ha chiesto perfino com’era andato lo stage di dicembre con i giovani. Anzi, mi ha riempito di domande: voleva sapere tutto, ci teneva a conoscere i progressi del nostro progetto”, il ricordo di Mancini che ha descritto Vialli come un “leone” anche in quei giorni, gli ultimi, nei quali ha affrontato il tumore al pancreas che lo aveva colpito nel 2017. Inseparabili, fin dai tempi della Sampdoria, lo scudetto e la finale di Coppa dei Campioni persa a Wembley, nella stesso stadio di quell’abbraccio dopo la vittoria dell’Europeo che divenne istantanea della loro amicizia. Si erano visti anche a novembre, per l’anteprima del documentario “La bella stagione” che racconta quel Doria degli Anni novanta: “Era stanchissimo, ma voleva esserci a tutti i costi: la Samp per lui, per noi, era un amore grande come la Nazionale”, ha sottolineato Mancini a La Gazzetta dello Sport.

Da Genova, Vialli e Mancini sono tornati insieme a Milano: “L’ho accompagnato io in aeroporto, a Linate. Ma poi il volo per Londra aveva voluto farlo da solo: ancora forte, anche se non poteva esserlo più come una volta”. A metà dicembre l’annuncio della sospensione degli impegni come capodelegazione della Nazionale per concentrarsi sulla malattia. Così tanto da rinviare anche l’incontro con Mancini “perché una settimana prima Gianluca mi aveva chiesto di aspettare, voleva riservare tutte le sue energie migliori all’ultima fase della sua lotta”. Poi il 29 dicembre, il saluto a Londra, l’ultimo abbraccio tra i due gemelli.

“Abbiamo vissuto quasi tutta la nostra vita assieme, con Luca è un legame stretto, quello che possono avere due fratelli, che poi si sono divisi calcisticamente ma quando si è amici si è amici per sempre. Luca per me era quello. Il nostro rapporto è sempre stato di grande rispetto, affetto, amore e amicizia”, ha poi detto Mancini in un’intervista prodotta dalla Figc. “Non sono stato benissimo in queste ultime ore – ha confessato Mancini – è una grande perdita per me, per la sua famiglia prima di tutto, e per tutto il calcio italiano”. Questo, ha continuato, “è un momento abbastanza difficile però bisogna andare avanti. Fino all’ultimo ho sperato in un miracolo, che accadesse qualcosa. Ci siamo visti, abbiamo parlato, scherzato, era come al solito di buon umore e questo mi aveva risollevato, mi aveva fatto piacere vedere che era di buon umore in quel momento”.

Mancini si è poi focalizzato sul lavoro insieme in Nazionale: “È stato molto bravo, ha fatto capire ai ragazzi e soprattutto ai più giovani il valore della maglia della Nazionale, cosa si poteva fare e dove si poteva arrivare. È stata una persona di grande valore per noi e dovremo proseguire su questo”. Il ct ha descritto il suo grande amico come “un ragazzo gioioso, sempre allegro, pochissime volte l’ho visto arrabbiato. Lui dobbiamo ricordarlo così, oltre che un professionista era un ragazzo giovane a cui piaceva la vita”.

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Vialli, il ricordo di Mancini: “Sono stato a Londra per salutarlo, speravo in un miracolo. Era come un fratello”

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