L'ultima versione del disegno di legge che già spacca partiti e coalizioni il giallo dei fondi e delle contromisure per colmare squilibri e divari, dalla scuola ai trasporti la Lega prova ad "addolcire la pillola", ma senza impegni vincolanti sui fronti delicatissimi delle infrastrutture e dei livelli essenziali di prestazione. Che sono accennati ma senza impegni, vincoli e risorse. Di fatto si rimesta nei fondi già stanziati
Dietro il disegno di legge sulle autonomie che già spacca partiti e coalizioni si scopre pure la beffa: i 4,6 miliardi di fondi offerti dalla Lega al centro-sud come “contentino” per farla passare che in realtà erano già previsti dal Pnnr, e sono ancora tutti lì, giacché finora non è stato speso un solo euro. Lo riporta Il Messaggero di oggi mentre le opposizioni rimarcano che saliranno sulle “barricate”. Nella terza e ultrima bozza presentata dal ministro Calderoli e attesa nelle prossime settimane in Consiglio dei Ministri ci sono due passaggi definiti “fumosi” e sono proprio quelli che dovevano fare garanzie a tutti gli italiani che a prescindere dalla regione in cui vivono i livelli essenziali di prestazione (Lep) sarebbero rimasti uguali e che la riforma avrebbe garantito anche la cosiddetta “perequazione”, ovvero dotazioni di infrastrutture analoghe, non ridotte. Entrambi, per come riformulati nell’ultima versione, sarebbero per il quotidiano romano una sorta di presa in giro, un “addolcire la pillola” a fronte di una realtà molto diversa da quella che passa a una lettura poco accorta dell’articolato di legge leghista.
Sul secondo fronte, quello della perequazione, è spuntato un nuovo articolo, il n.10, intitolato “misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e solidarietà sociale”. Che letta così è né più ne meno di quel che si leggeva nei testi sul federalismo per tamponare il sospetto, quasi certezza, che la riforma sia solo un modo per trattenere al Nord più risorse a scapito del Mezzogiorno, specificando che lo Stato avrebbe dovuto mettere soldi per coprire eventuali divari infrastrutturali. Ed ecco il punto: con quali risorse? La bozza non ne individua di nuove ma va a pescare dal fondo del Pnrr, dai fondi di coesione e dal fondo infrastrutturale già previsto e mai attivato. Non un euro di più rispetto alle risorse che già appartengono al Sud e che non di rado finiscono nelle regioni del Nord. Del resto un fondo perequativo già c’è, è stato creato due anni fa e finanziato con 4,6 miliardi solo che sono ancora tutti lì perché manca il decreto attuativo. Così la riforma da una parte si “rivende” fondi già stanziati, dall’atra li “piega” alla causa dell’autonomia differenziata, che non è proprio quello che l’Italia ha chiesto all’Europa di finanziare.
Il tutto, ricorda Il Messaggero, avviene in un contesto dove c’è già un’autonomia differenziata ma al contrario. Le regioni del Nord hanno una maggiore capacità di ottenere fondi rispetto a quelle del Sud che ne necessitano come il pane, come dimostra il fatto che per arrivare da Roma a Milano ci vuol meno di tre ore ma per analoghi 500 km da Roma a Lecce ce ne vogliono sette, se va bene. L’esempio è fresco fresco, arriva dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al capitolo “rigenerazione urbana”. Nei bandi era inserito un criterio di riparto oggettivo e difficile da bypassare: la vulnerabilità sociale. Il criterio era insomma che andassero più soldi laddove più alte sono la disoccupazione, l’abbandono scolastico, gli indici povertà etc. E infatti la maggiora parte delle risorse era andata a Comuni del Centro Sud, ma il Nord è insorto riuscendo a ottenere quasi subito una “compensazione” di 900 milioni per riequilibrare gli stanziamenti.
Ecco, il sospetto è che la riforma non prevedendo fondi diversi finisca per ribaltare la situazione in favore delle regioni del Nord che hanno una marcia in più nel prenderli, visto che l’unica vera “dote” della legge si riduce a una diversa “governance” di fondi già esistenti.
L’altro tema zeppo di criticità sono i servizi ai cittadini attraverso i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Se ne parla da decenni ma non ci sono. La riforma, per come è scritta ora, si limita a determinarli ma non assume impegni su come garantirne la parità tra aree diverse del Paese. Non stanzia fondi per colmare eventuali gap come può avvenire nell’insegnamento o per la costruzione di scuole. Il testo rimanda di fatto a decisioni future (leggi di Bilancio etc) e per le regioni del Sud è un po’ come firmare al buio, sulla fiducia. Così l’autonomia in salsa leghista come appare disegnata nell’ultima bozza sembra “una casa di carte”.