di Alessandro Lauro

Lavoro nel settore turistico orami da anni. Ne ho viste e ne vedrò di cotte e di crude. Siamo una delle principali categorie che portano avanti con orgoglio e sacrificio il Pil italiano. Pur non essendo un metro di misura che condivido, sta di fatto che produciamo ricchezza. E tanta. Produciamo milioni di euro nelle stagioni estive e invernali. Negli hotel dove prestiamo servizio, nei bar e nei ristoranti.

Non entro questa volta nel diatriba mediatica del reddito di cittadinanza. Anche lì stiamo solo facendo il gioco di chi governa. Una lotta tra poveri. Mi voglio soffermare sul mio settore e sul perché un comparto così fondamentale e importante non abbiamo un Ccnl aggiornato.

Il nostro contratto è scaduto nel 2018. Due anni prima della pandemia e quattro prima della guerra in Ucraina. Già basso allora, figuriamo adesso. Non è vero che nel turismo non si trovano lavoratori: quelli che ci sono sono per la stragrande maggioranza dei precari in quanto stagionali. Hanno una Naspi che copre al momento solo la metà dei mesi occupati. Quindi se lavori 7 mesi hai circa 3 mesi e messo di disoccupazione. Dopo se non hai soldini o se non trovi un altro tipo di lavoro, ti attacchi. Inoltre i nostri salari sono davvero tra i più bassi d’Europa. E aggiungo che lo sono ancora di più a fronte delle tante ore in più che lavoriamo.

Teniamo anche conto che il comparto turistico italiano si basa su aziende di piccole e medie dimensioni, a conduzione familiare, spesso non sindacate. In pratica i lavoratori sono spesso soli. Non sempre conoscono i loro diritti. Sanno perfettamente i loro doveri. Ecco, in una situazione simile, mi chiedo (so che i più rideranno ma la domanda è seria merita risposta seria) dove sono i sindacati? Dove sono i presidi del lavoro che dovrebbero tutelare le fasce più deboli e fragili?

Dove sono coloro che dovrebbero liberare giovani, adulti e anche anziani sui 60/70 anni che si spaccano la schiena in lavanderie caldissime, o camerieri sotto al sole per 1200/1400 euro al mese? A fronte di un monte ore spesso spropositato? Perché i Ccnl fanno così fatica a essere ridiscussi e ad aggiornarli con la reale situazione quotidiana?

Non si sta qui scrivendo contro i proprietari di hotel, ristoranti e bar. Chi scrive sa bene quali sono i costi e le difficoltà. Come bene sa che sulla bilancia, questa tende più dalla loro parte. E a pesar ancora di più quest’anno, ci sono la reintroduzione dei voucher, che significano meno tutele e più precarietà. Basti pensare ai tanti “extra” che servono in bar e ristoranti di hotel e non solo. E’ questo ancora un Paese capace di guardare le vere necessità e farsene carico? Oppure è un posto dove la parola “merito” è solo l’ennesimo slogan e la giustizia è subappaltata ai posteri?

Il turismo produce moltissima ricchezza. Questo Paese vive di questo e potrebbe viverci meglio e a lungo. Con progettualità e innovazione. Ma questa paradossalmente non avverrà mai, fin quando non ci sarà giustizia sociale. Perché per quanta innovazione si possa introdurre saranno sempre le risorse umane che faranno la differenza. Risorse che scarseggiano perché incapaci di vedere un futuro, perché non riconosciute adeguatamente economicamente.

Quando le forze chiamate a tutelare i lavoratori si muoveranno per giorni e con richieste serie?

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