Sull’autonomia differenziata e sulla sua bozza di riforma, che ha già sollevato critiche e mobilitazioni dalle opposizioni e dagli amministratori locali, il ministro Roberto Calderoli prova a buttare acqua sul fuoco: “C’è la necessità di un passaggio Governo-Regioni, dopodiché ci sarà un parere espresso dal Parlamento, l’intesa definitiva andrà in Parlamento e verrà votata dal Parlamento. Quindi non c’è nessuna fuga in avanti o rischio di blitz“, commenta il ministro leghista per gli Affari regionali e le autonomie intervenendo ad Agorà su Rai Tre. Ma le sue rassicurazioni non placano gli animi. Il presidente della Regione Campania si prepara alle barricate: “Siamo pronti ad aprire una guerra politica durissima“, assicura Vicenzo De Luca che Calderoli aveva inserito tra i “governatori illuminati” che sostengono la sua riforma.

Le critiche – “Bisogna ritornare a spiegare che senza una linea unitaria non faranno nessun passo in avanti”, spiega il governatore parlando durante la cerimonia dei 150 anni del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II. “La bozza del ministro Calderoli – dice – rappresenta un passo indietro preoccupante rispetto a valutazioni che abbiamo fatto solo qualche giorno fa. Credo che la bozza Calderoli sia molto influenzata dalla scadenza elettorale in Lombardia e in altre regioni”. De Luca, che vede nel testo finalità propagandistiche in vista delle Regionali, accende i riflettori su quelli che per lui sono i punti critici della bozza. Secondo il presidente campano “c’ è un rinvio alla spesa storica che doveva essere cancellato, c’è nell’ articolo 6 della bozza Calderoli di nuovo il richiamo al residuo fiscale quindi al trattenimento di flussi finanziari nelle regioni dove maturano i flussi fiscali. C’ è il rifiuto della proposta che avevamo avanzato e cioè che i Lep siano definiti da un organismo tecnico e non da uno politico. E noi proponiamo l’ufficio parlamentare di bilancio. Non è che può decidere il Consiglio dei ministri come si definiscono i Lep”, sottolinea. Il riferimento è ai Livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Il ricorso al Dpcm – Anche su questo punto è arrivato il commento del ministro leghista: “C’è una legge dello Sato, nel caso specifico la legge di Stabilità di quest’anno, che demanda al Consiglio dei ministri l’approvazione di una serie di Decreti del Presidente del Consiglio che vanno a definire questi Lep. E non si può oggi dire – rimarca Calderoli – che il Dpcm non è uno strumento adatto perché il Lea, cioè i livelli essenziali di della sanità, sulla base di una legge del ’92 sono stati definiti con un Dpcm”. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie ricorda anche “che per due anni un governo giallorosso ha gestito tutte le fasi del Covid con dei Dpcm. Quindi – aggiunge – non è che quando li fa la sinistra o i 5S sono buoni e sono cattivi quando li fa il centrodestra. Il Dpcm è uno strumento che nasce da una legge e che è quello strumento che ha quella duttilità necessaria per affrontare 23 materie“, ha concluso Calderoli. E se il ministro rimane sulla sua linea, lo stesso fa Vincenzo De Luca: “Saremo intransigenti e attestati su una trincea di battaglia politica esplicita e dura se qualcuno pensa di introdurre furbizie o di continuare a penalizzare il Sud“, rimarca.

La mobilitazione – Sul piede di guerra, oltre a De Luca, ci sono anche numerosi sindaci che hanno deciso di scrivere al presidente Sergio Mattarella per chiedere di fermare la bozza di riforma. “Il numero continua a crescere: ci avviciniamo ai 200”, fanno sapere dalla rete “Recovery Sud” che riunisce gli amministratori locali “preoccupati per la svolta autonomista”, vista come “un federalismo calato dall’alto“. Un fronte che vede tra le sue fila anche il il governatore dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria Pd, Stefano Bonaccini: “Se pensano di spaccare l’Italia ed aumentare le differenze tra Nord e Sud troveranno un muro”, assicura Bonaccini. “Siamo pronti al confronto – conferma – però non è accettabile che si passi dal Consiglio dei ministri senza condividere con le Regioni lo schema, un progetto”. Per il candidato alla segreteria del Pd comunque “non si può accettare che sanità e scuola diventino materie divisive. Come si fa a immaginare un Paese con 20 pubbliche istruzioni diverse? Diventa un Paese barzelletta“.

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