A quasi tre mesi dal giuramento del governo di Giorgia Meloni e a più di cento giorni dalle elezioni politiche, in Parlamento non esistono ancora due importanti commissioni: quella di Vigilanza sulla Rai e quella d’inchiesta sulla mafia. Due assenze che sembrano destinate ad allungarsi visto che alla ripartenza dopo le festività natalizie il Parlamento è atteso da un calendario ingolfato di provvedimenti. Finita la corsa contro il tempo per approvare la manovra entro la fine del 2022, il Senato comincia l’anno nuovo con una serie di passaggi che vedranno le opposizioni dare battaglia. In calendario c’è il provvedimento che proroga l’invio di equipaggiamenti militari all’Ucraina: di certo il i 5 stelle voteranno contro, ma probabilmente saranno i soli a farlo tra i partiti dell’opposizione. Il fronte dovrebbe, invece, compattarsi sul pacchetto di norme che aggiorna i decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini, al vaglio della commissione Affari costituzionali della Camera: sul tavolo c’è la stretta per le ong che gestiscono i flussi di migranti. Probabili tensioni parlamentari pure sul decreto Ischia, nato dopo la frana di novembre che ha travolto Casamicciola. E sul decreto Aiuti quater, che pur essendo ‘blindato‘ alla Camera, animerà il dibattito sulla parte che riguarda superbonus e le trivellazioni.
Mancano le Bicamerali – E pure se sull’Aiuti quater Pd, M5s, Italia viva – Azione e Verdi-Sinistra dovessero votare nello stesso modo, le posizioni delle quattro forze d’opposizione rimangono assolutemente distanti. Un esempio è rappresentato dalla commissione di Vigilanza Rai, mai decollata dall’inizio della legislatura e ancora in standby per il braccio di ferro tra 5 Stelle e il sedicente Terzo polo. Entrambi tentati dalla presidenza, soprattutto i renziani e i calendiani che non sono riusciti a ottenere la guida di alcuna commissione. In realtà quella sul servizio pubblico di radio e tv non è l’unica casella mancante. Per ora, tra le bicamerali di peso, è operativo solo il Copasir (di cui il Pd ha strappato la guida con l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dopo una guerra di veti incrociati). Al palo c’è pure quella straordinaria contro antisemitismo e odio, creatura di Liliana Segre e da lei riproposta con una mozione che a breve potrebbe essere votata per far ripartire la commissione. E poi ovviamente quella Antimafia, che essendo una commissione d’inchiesta deve essere varata con apposita legge all’inizio di ogni legislatura.
Per la commissione Antimafia ci vuole una legge – La prima commissione antimafia fu varata nel 1962 dopo l’input lanciato ben quattro anni prima da Ferruccio Parri. Da allora, ad ogni inizio di legislatura, il parlamento ha impiegato circa due mesi per nominare i deputati e i senatori chiamati a far parte della commissione che ha sede a Palazzo San Macuto, e quindi eleggerne il presidente. Unica eccezione la settima legislatura, quando tra il 1976 e il 1979 il Parlamento non riconfermò la commissione speciale: erano gli anni dei governi di Giulio Andreotti e dell’omicidio di Aldo Moro. Poi nel 2013 ci vollero sei mesi dall’insediamento del governo di Enrico Letta, ad aprile, all’elezione di Rosy Bindi come presidente di San Macuto, anche se la legge che istituiva la commissione era stata già approvata a giugno. Nel 2018 la commissione è stata varata ad agosto, a cinque mesi dalle elezioni ma a solo due dalla nascita governo gialloverde. Stavolta dalla nascita del governo Meloni sono passati quasi tre mesi ma la legge per creare la commissione deve ancora essere calendarizzata: in Parlamento esistono già diverse proposte in questo senso, sia alla Camera (depositata dal 5 stelle Federico Cafiero De Raho) che al Senato, dove oltre a quella dell’ex magistrato antimafia Roberto Scarpinato ci sono quelle di Franco Mirabelli e Walter Verini del Pd. Ma se queste proposte non vengono votate a stretto giro è difficile che la commissione cominci a lavorare prima di marzo – aprile.
I renziani sperano nella sponda Meloni – Occore dunque uno sprint ed è quello che intende chiedere alla ripresa dei lavori il partito di Giuseppe Conte. “Alla prossima riunione dei capigruppo chiederemo di nuovo che si accelerino i tempi per costituire la commissione”, dice Francesco Silvestri, capogruppo a Montecitorio. I 5 stelle hanno dato ai presidenti di Camera e Senato la lista dei desiderata sui componenti, ma all’appello mancano quelle di altri gruppi come il Pd. Ufficialmente le carte restano coperte ma, per il M5s, tra i più quotati alla presidenza ci sono l’ex ministro Stefano Patuanelli o Riccardo Ricciardi, numero due del gruppo oltre ad Alessandra Todde e l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino. Italia viva-Azione punta su Maria Elena Boschi e nel frattempo rilancia apertamente la candidatura per la commissione di inchiesta sul covid, sollecitata più volte. “Resta un mistero che non sia stata ancora istituita, visto che il tema è purtroppo tornato in auge. Chiederemo che si intervenga rapidamente”, dice la capogruppo al Senato, Raffaella Paita. Su questro fronte i renziani potrebbero anche sperare in una sponda con Fratelli d’Italia e il resto della maggioranza, da sempre sensibile alla questione. Magari anche per strappare voti sulle commissioni mancanti, spaccando ulteriormente le minoranze. Un epilogo che potrebbe vedersi anche sul voto dei 10 consiglieri laici del Csm che saranno eletti dal Parlamento in seduta comune il 17 gennaio. Al di là delle singole candidature, sarà un accordo tra maggioranza e opposizioni a definire i nomi e anche se da ambienti più vicini al governo trapela fiducia, un’intesa è ancora lontana.