Non è, quindi, per nulla casuale la decisione dei magistrati della Santa Sede a pochi giorni dalla morte di Benedetto XVI. Il caso della ragazza scomparsa si intreccia nuovamente con il pontificato di Ratzinger e con la vicenda Vatileaks 1, ovvero la pubblicazione di alcuni documenti riservati del Papa tedesco passati ai giornalisti dal maggiordomo infedele Paolo Gabriele, scomparso nel 2020
In Vaticano la convinzione è pressoché unanime. La riapertura improvvisa del caso Orlandi, dopo anni di insistenti richieste da parte della famiglia di Emanuela e senza che proprio i congiunti della 15enne scomparsa nel 1983 fossero informati preventivamente, è il segno evidente che si vogliono archiviare le polemiche seguite alla morte del Papa emerito Benedetto XVI. Polemiche suscitate dagli attacchi rivolti a Francesco dal segretario di Ratzinger, l’arcivescovo Georg Gänswein, ricevuto brevemente in udienza privata dal Papa il 9 gennaio 2023 per un primo chiarimento. Era da tanto tempo, infatti, che i familiari della Orlandi chiedevano ai pm vaticani di poter valutare nuove rivelazioni sul caso di cui erano venuti a conoscenza. E non è, quindi, per nulla casuale la decisione dei magistrati della Santa Sede a pochi giorni dalla morte di Benedetto XVI. Il caso Orlandi si intreccia nuovamente con il pontificato di Ratzinger e con la vicenda Vatileaks 1, ovvero la pubblicazione di alcuni documenti riservati del Papa tedesco passati ai giornalisti dal maggiordomo infedele di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, scomparso nel 2020.
Nel libro di memorie del segretario di Ratzinger, scritto a quattro mani con il vaticanista Saverio Gaeta e intitolato Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI (Piemme), un ampio capitolo è dedicato proprio al mistero di Emanuela. “Mi fu anche garantito – scrive il presule – che, nel corso degli anni, era stato fatto quanto possibile per aiutare la famiglia Orlandi e di tutte queste informazioni feci la dovuta comunicazione a Papa Benedetto. Pure il comandante Giani consultò la documentazione dell’epoca e concluse che non c’era stata alcuna notizia tenuta nascosta alla magistratura italiana e che nel frattempo non erano maturate ulteriori ipotesi riguardo alle quali poter approfondire le indagini in Vaticano. Le diverse e contrastanti piste – dalla connessione con l’attentato a Giovanni Paolo II al tentativo di avviare uno scambio con Ali Agca, dagli scontri fra servizi segreti dell’Est e dell’Ovest alle vicende criminali della banda della Magliana, dalle questioni connesse allo Ior del tempo di Marcinkus ai presunti finanziamenti al movimento polacco Solidarnosc – hanno avuto ciascuna indizi a favore e contro, senza che fossero mai raggiunte definitive prove. E un dubbio aleggia ancora: se la sollecita e partecipata preoccupazione di Papa Wojtyla, che lanciò un pubblico appello sin dall’Angelus del 3 luglio 1983, abbia avuto come indesiderato corollario gli sporchi maneggi di criminali privi di scrupoli, che si sono insinuati in questa tragedia dove l’innocente vittima è stata una cittadina vaticana di appena 15 anni (senza dimenticare la coetanea Mirella Gregori, anche lei scomparsa nel nulla in quei mesi)”.
Monsignor Gänswein, inoltre, ha voluto chiarire la sua posizione in merito al caso Orlandi: “Da parte mia posso serenamente affermare che è totalmente inventato quanto venne scritto dal giornalista Pino Nicotri sul sito www.blizquotidiano.it il 13 gennaio 2015: ‘Qualche mese fa i magistrati sono venuti a sapere in via confidenziale che ‘durante il processo la Segreteria di Stato e la Gendarmeria del Vaticano erano semplicemente terrorizzate dall’idea che Paolo Gabriele avesse fotocopiato anche il dossier preparato con estrema cura da Gänswein’. Il dossier comunque non risulta tra le fotocopie consegnate a Nuzzi e neppure tra quelle trovate nell’appartamento in Vaticano dell’ex maggiordomo. Segno che non è stato fotocopiato. Negli ultimi tempi però i magistrati si sono chiesti il perché di tanta paura che ce ne fosse invece in giro una copia. Inevitabile l’ipotesi che il dossier contenesse l’intera verità su cosa è successo e per mano di chi’. Molto più semplicemente, io non ho mai compilato alcunché in relazione al caso Orlandi, per cui questo fantomatico dossier non è stato reso noto unicamente perché non esiste”.
Per parte sua Pino Nicotri rileva: “Don Georg dice cose esatte, specie riguardo il fatto che – come ho sempre sostenuto – non è mai esistita nessuna trattativa tra il magistrato Giancarlo Capaldo e il Vaticano, ma riguardo quanto ho scritto io nel mio articolo da lui citato rischia di essere impreciso. Infatti potrebbe parere che attribuisca a me una dichiarazione che invece non è mia e che pertanto mi sono limitato a riportare tra virgolette. Dichiarazione che anch’io nel mio articolo mostro di ritenere fasulla”.
“Ugualmente infondata – prosegue il racconto del segretario di Ratzinger – fu la polemica innescata nel dicembre del 2021 dalle dichiarazioni dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo su un paio di incontri che aveva avuto a gennaio del 2012, nell’ufficio di piazzale Clodio, con Domenico Giani e il suo vice Costanzo Alessandrini. I vertici della Gendarmeria si erano recati da lui per affrontare la problematica relativa alla tomba di Renatino De Pedis, esponente della banda della Magliana, nella cripta della basilica romana di Sant’Apollinare. Nei mesi precedenti era stato ipotizzato che vi fosse seppellita anche Emanuela Orlandi, cosicché si era voluta manifestare la disponibilità della Santa Sede per l’apertura della bara e la verifica del contenuto, in modo da sgombrare il campo da qualsiasi sospetto. L’offerta di collaborazione, concordata con il cardinale Bertone e della quale anch’io ero stato messo al corrente, venne però evidentemente fraintesa, tant’è che l’ex magistrato ha impropriamente rievocato che ‘in quella occasione, chiesi la possibilità del rinvenimento del corpo di Emanuela Orlandi o almeno di sapere, di conoscere la sua fine. Si mostrarono disponibili e mi dissero: ‘Le faremo sapere”. Come ribadito più volte, questa sintetica ricostruzione è fuori dalla realtà, tant’è che in tempi recenti pure l’allora procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha precisato che all’epoca ‘il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con ‘emissari’ del Vaticano’, riferendone invece ‘solo dopo essere andato in pensione (23 marzo 2017)’”. È quindi abbastanza evidente che il nuovo filone di indagini sul caso Orlandi prenderà in considerazione anche le dichiarazioni del segretario di Benedetto XVI.
Aggiornato da redazione web il 10 gennaio 2023