di Eleonora Vasques e Tommaso Visone

Grandi eventi, grandi uomini. La battaglia di Waterloo e Napoleone, il regno del re Luigi XIV di Francia, la rivoluzione francese e la presa della Bastiglia, Cavour, Garibaldi e l’unità d’Italia e così via, con nomi di uomini di spicco e importanti momenti della storia. E’ così che nel bene e nel male la storia viene tuttora raccontata nelle scuole, nonostante la critica a questo approccio evenemenziale abbia almeno un secolo di studi alle spalle.

Negli anni, in sede scientifica (e anche divulgativa), è stato dato spazio ad altri approcci storici. Ci riferiamo a storie apparentemente più piccole: alla storia del soldato semplice che partecipò alla battaglia di Waterloo, alle abitudini culinarie della Francia del XVII e XVIII secolo, alla storia delle mentalità collettive, delle credenze, degli aspetti sociali ed economici. Tante storie considerate a lungo meno importanti, ma che maestri come Marc Bloch e Lucien Febvre ritennero decisive al fine di capire la complessità di un periodo storico.

Tra queste “altre storie” quasi mai raccontate c’è quella delle donne, tuttora spesso al di fuori delle “grandi storie” dei manuali. Al massimo piccoli paragrafi in fondo alla pagina, alla fine dei capitoli, o in casi eccezionali solo qualche pagina dedicata alle donne diventate iconiche, eroine nazionali come Giovanna D’Arco, Evita Peron, etc. Viene frequentemente ignorata, quindi, la storia delle artiste, delle scienziate, delle letterate, delle giornaliste, delle insegnanti o anche semplicemente delle donne comuni considerate più come un orpello che come una parte integrante di un contesto che si ha l’ambizione di comprendere.

E’ dunque importante che istituti culturali, come la Fondazione Ernesta Besso, che mirano tra le altre cose a raccontare e a far emergere il ruolo delle donne nella storia, continuino a operare mettendo in luce questa problematica e aprendo spazi di discussione (e di divulgazione) attorno ad essa.

Il 10 gennaio la Fondazione compie 100 anni di attività con un evento presso la propria sede a Roma, in Largo di Torre Argentina 11. Per l’occasione si tornerà alle origini dell’ente nato nel 1922 (e operante dal 1923) per volontà di Marco Besso, e dedicato alla defunta moglie Ernesta, al fine di promuovere l’istruzione e la formazione delle “donne appartenenti alle classi lavoratrici e alle classi medie”.

Istituita dalla baronessa Lia Besso Lumbroso, al fine di adempiere alle volontà testamentarie del padre (Marco Besso), e dall’ex presidente del consiglio Antonio Salandra, la fondazione si trovò a operare negli anni del fascismo in modo del tutto particolare. Nonostante Salandra fosse tra i fiancheggiatori “liberali” di Mussolini, l’ente non era infatti dedito sic et simpliciter alla promozione di quel “prototipo ideale” di donna fascista di cui ci parla, ad esempio, Mirella Serri nel suo bel saggio Mussolini ha fatto tanto per le donne! (Longanesi, 2022).

Sono state significative le possibilità date alle maestre e a tante donne, di estrazione provinciale o popolare, di entrare tramite la Fondazione a contatto con il mondo dell’alta cultura.

Concretamente si parla, per esempio, di accesso alle biblioteche, borse di studio e una formazione di livello universitario, da parte di autrici come Camille Mallarmé, di poeti come Fausto Salvatori o di studiosi come Roberto Papini, Giuseppe Lombardo Radice, Arnaldo Volpicelli, Alberto Maria Ghisalberti, etc.

Queste iniziative non andarono particolarmente a genio al regime che prima (1935) impose l’adesione della fondazione all’Istituto fascista di cultura, poi (1937) ne cambiò lo statuto per renderla maggiormente aderente all’ideologia fascista e infine (1939) la commissariò.

Dopo la caduta del fascismo, la Fondazione riacquisì la propria indipendenza e tornò a svolgere la sua attività rendendo partecipi numerose donne da tutto il mondo non solo come beneficiarie di borse di studio e di formazione, ma anche in qualità di relatrici, artiste e organizzatrici. Basti pensare a figure come Milena Ĉubracović, Gencay Kosapci, Blandina Buzan, Rina Abramich Arnone e Kate Greenaway.

Sul piano didattico, dopo il coinvolgimento di figure come Gianni Rodari, dal 1984 al 2014 i corsi di formazione per insegnanti accreditati dal ministero della Pubblica Istruzione sono stati affidati ad Angela Bandinelli, pedagoga e pioniera nell’ambito della didattica speciale rivolta ai portatori di disabilità. Grazie al lavoro della professoressa Bandinelli, la Fondazione Ernesta Besso è diventata un’organizzazione leader a Roma nella formazione degli insegnanti di sostegno e nell’impegno per l’inclusione scolastica.

Attualmente, sotto la guida della presidente Caterina De Mata, la fondazione si occupa di portare avanti la sua missione statutaria e di promuovere le opere e la formazione femminile, in particolare concentrandosi sulla storia delle donne e di genere e sulla storia dell’istruzione, dell’educazione e della pedagogia. Si tratta di ambiti in cui resta molto lavoro da fare e in cui l’azione della Fondazione potrà risultare particolarmente incisiva, in particolare ai fini di restituire pienezza e complessità alla figura della donna nella storia d’Italia e di trasformare l’immaginario culturale e civile che a essa è tutt’oggi connesso.

Non ci resta quindi che augurare alla Fondazione Besso buon compleanno e buon lavoro.

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