Ma chi sono veramente questi ragazzi “ambientalisti” diUltima generazione che, in nome della sopravvivenza del pianeta, bloccano le strade, attentano alle opere d’arte e imbrattano il portone del Senato? Ormai sta diventando una questione politica: per la destra sono provocatori “gretini”, per parte della sinistra sono, invece, degli eroi.
Una cosa è certa: la loro denuncia è sacrosanta, come dimostrano ogni giorno di più i guasti provocati da un modello di sviluppo basato sulla distruzione delle risorse naturali e della biodiversità, di cui lo sconvolgimento climatico imperante è il sintomo più evidente. Ed è altrettanto evidente che il nostro paese, al di là delle chiacchiere e di qualche pannicello caldo, non intende affatto intervenire per fermare questa corsa verso l’abisso. Anzi, sta addirittura rinviando le (poche) misure decise in sede comunitaria e internazionale programmando, tra l’altro, un massiccio ritorno ai combustibili fossili (con attenzione al nucleare) e garantendo l’impunità a chi continua a distruggere salute ed ambiente, come dimostra il caso Ilva.
Ma, una volta premesso che il fine è valido e condivisibile, non sembra che altrettanto possa dirsi della strategia adottata per raggiungerlo.
Non è danneggiando preziose opere d’arte o bloccando per un’ora qualche strada che si cambia qualcosa o si ottiene consenso. Anzi, si rischia di ottenere l’effetto esattamente opposto. Ed anche il recente cambio di strategia, con l’imbrattamento “lavabile” dei palazzi del potere, se da un lato appare certamente meglio centrato in quanto è meno invasivo e indica con chiarezza i “nemici”, dall’altro non sembra in grado di produrre alcun reale effetto sulle scelte politiche governative; anche perché non individua obiettivi precisi da conseguire ed appare fine a se stesso.
Del resto, nel passato, più volte gli ambientalisti – quelli tradizionali – per protestare hanno anche infranto le leggi; ma sono sempre stati bene attenti a farlo con azioni che individuavano con chiarezza precisi obiettivi e precisi nemici, sollecitando la collaborazione di tutto il popolo inquinato. Perché l’ambientalismo – quello vero – vince solo se riesce a far crescere il coinvolgimento, la capacità di ragionamento e la cultura di tutti i cittadini, non se compie azioni incomprensibili, dannose o inutili che, al massimo, portano a ottenere qualche titolo di giornale.
E’ così che abbiamo vinto il referendum contro il nucleare e, più di recente, abbiamo ottenuto la garanzia costituzionale che “la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”; dove finalmente si evidenzia, al più alto livello, la preoccupazione per quale mondo lasceremo ai nostri figli. Anzi, a mio sommesso avviso, è proprio da questo chiarissimo e recente riconoscimento costituzionale che dobbiamo muoverci (tutti) per richiederne l’osservanza e l’applicazione immediata; con la revisione delle leggi esistenti e la promulgazione di nuove finalizzate chiaramente alla tutela dell’ambiente e delle future generazioni. E, sempre a mio sommesso avviso, è proprio su questi obiettivi che gli ambientalisti di ieri e di oggi possono mettere in piedi forti iniziative e mobilitazioni di massa. Con la consapevolezza che comunque tutto questo non basta se contemporaneamente non si riesce a collegarle con una riflessione collettiva sugli attuali dogmi della crescita, del mercato e del Pil, che porti a ridefinere i concetti di “progresso” e di “sviluppo”.
Come bene sottolinea l’Enciclica Laudato si’, non è certo realistico “aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni”; e pertanto “una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale”.
Insomma, sempre a mio sommesso avviso, la protesta ha un senso se appare immediatamente comprensibile e non si limita all’effetto scenico oggettivo ma induce i cittadini a ragionare con la propria testa e a chiedersi che cosa fare per portarla avanti. Purché si faccia presto.