"Abbiamo votato il rinnovo dell’autorizzazione a inviare armi a Kiev", dichiara il capo della Farnesina. Roma, però, deve mettersi d'accordo con Parigi, dato che il progetto dello scudo di difesa aerea Samp/T è italo-francese, e risolvere le questioni legate all'alto costo del materiale e al rischio di sguarnire i cieli italiani
L’Italia tira dritto, almeno stando alle dichiarazioni del governo, sul sesto pacchetto di armi all’Ucraina. Nonostante i temporeggiamenti delle settimane scorse, legati sia a questioni tecniche che economiche, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha assicurato che “non ci sono freni sulla consegna dello scudo per la difesa aerea in Ucraina, abbiamo votato il rinnovo dell’autorizzazione a inviare armi a Kiev in un contesto europeo e della Nato, previa informazione del Parlamento”.
Roma, però, deve mettersi d’accordo con Parigi, dato che il progetto dello scudo di difesa aerea Samp/T è italo-francese: “Stiamo lavorando intensamente con i francesi, ci sono dei problemi tecnici da risolvere, per gli aspetti militari non burocratici, il ministro della Difesa Crosetto sta lavorando, stiamo procedendo e non c’è nessuna frenata. Gli stati maggiori sono all’opera ma ci vuole tempo”, ha aggiunto Tajani spiegando così i motivi dell’apparente stallo sulle forniture.
Un primo nodo sarà sciolto soltanto dopo il 20 gennaio, dopo la nuova riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina dei Paesi Nato e l’ipotesi più probabile è che l’Italia possa fornire i lanciatori per i missili utili alla difesa ucraina. La questione principale riguarda il reperimento di alcuni componenti del Samp/T, che è un dispositivo di media portata e tempi di reazione rapidi contro la minaccia aerea capace di intercettare velivoli nel raggio di 100 chilometri, e dei missili balistici tattici a corto raggio. Le forze armate italiane hanno in dotazione cinque batterie di questi sistemi, che sono già state impiegate sia in attività addestrative che operative, come quando una di queste fu schierata a Roma per sorvegliare i cieli della Capitale in occasione del Giubileo straordinario.
C’è però anche un aspetto economico: una sola di queste armi, completa degli stessi missili, costerebbe complessivamente circa 750 milioni, con l’Italia che dovrebbe sostenere circa un terzo della spesa. Già nelle scorse settimane il ministro della Difesa, Guido Crosetto, aveva espresso la sua opinione sul fatto che “l’Unione Europea dovrebbe fornire supporto finanziario ai Paesi che sostengono l’Ucraina”, aggiungendo che “l’Italia è aperta anche a proposte di acquisti congiunti da parte dell’Agenzia per la Difesa dell’Ue”.
Comunque, la fornitura avverrà. Lo conferma anche la presidente della commissione Esteri del Senato, Stefania Craxi (Forza Italia), in un’intervista a Repubblica: “Noi stiamo proseguendo in linea con le decisioni prese nella scorsa legislatura e dal precedente governo – ha detto – Proprio oggi arriva in Parlamento il decreto che proroga fino al 31 dicembre l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari al governo ucraino. Dobbiamo continuare a inviare armi a Kiev. Una pace disarmata purtroppo sta nel campo dell’ideale”. E conferma che “la questione principale riguarda il reperimento di alcune componenti del Samp/T. Naturalmente si dovrà concordare il tutto con la Francia che dovrebbe assicurare le altre parti”. Uno dei punti critici sull’invio del sistema di difesa sembra essere anche il timore di sguarnire i cieli italiani. “Confermo che è un tema su cui si sta ragionando a livello di governo e stato maggiore della Difesa – conclude Craxi – È evidente che non possiamo depauperare il nostro sistema di protezione”.