“Ci siamo persi per mesi in discussioni inutili, come quella sul nome. Qualcuno ha proposto di chiamare il Pd ‘Partito del Lavoro‘. Invece dovevamo pensare ai lavoratori e alle lavoratrici che in questo momento stanno bruciando i loro risparmi per pagare le bollette”. Secondo Lorenzo Pacini, segretario regionale dei Giovani democratici della Lombarda, c’è anche questo dietro il crollo nei sondaggi del suo partito, dato addirittura al 14% nell’ultima rilevazione realizzata da Swg per La7. Dopo la sconfitta alle ultime politiche, secondo Pacini “sono mancati il coraggio e la capacità politica di fare un passo indietro sin da subito da parte di Letta e della sua segreteria. Che sono stati incapaci di comprendere le persone reali e i loro problemi. I cittadini hanno un solo modo per lanciare un messaggio alla politica ed è tramite il voto. Se tu non capisci il messaggio, mi devi spiegare cosa stai a fare politica”.

Dai vertici, invece, non sono arrivate dimissioni immediate. E di conseguenza non c’è stato alcun rilancio dell’azione politica: “Bisognava iniziare a proporre da subito delle politiche di sinistra a difesa del ceto medio, cioè di persone che guadagnano 1.500 euro al mese e che oggi fanno la fame, letteralmente – continua Pacini -. Abbiamo fatto queste proposte? No, così ora scenderemo ancora di più nei sondaggi, col rischio di arrivare al 12%”. Per il segretario lombardo della componente giovanile del Pd, senza dimissioni dei vertici si è arrivati a un congresso con tempi troppo dilatati: “Addirittura lo si è trascinato fino alle elezioni in Lombardia e Lazio, dove si chiuderanno le urne il 13 febbraio, appena 6 giorni prima delle primarie del Pd. Trovo assurdo che a questo punto non le si ritardi di una o due settimane. Abbiamo metà del partito che anziché pensare alle regionali pensa al congresso, con tutto quello che comporta a livello di discussioni e voto nei circoli. E l’altra metà che anziché pensare al congresso pensa alle regionali. Un disastro. La segreteria nazionale non è nemmeno più in grado di prendere una decisione organizzativa banalissima come questa”.

È d’accordo sull’inopportunità di avere primarie così prossime alle regionali Caterina Cerroni, coordinatrice nazionale dei Giovani democratici, molisana di Agnone, che però non ritiene il congresso sia stato organizzato in ritardo: “Si sarebbe potuto fare prima se non si voleva passare per una fase costituente. Io invece credo che potesse avere senso una discussione seria sull’impianto del Pd, discussione purtroppo passata in secondo piano nel momento in cui ci sono state le candidature per la segreteria. Mi auguro che un percorso costituente possa continuare dopo l’elezione del nuovo segretario”. Per Cerroni non c’è alcun dubbio sul momento difficile che attraversa il Pd: “Parliamo molto di struttura interna, data delle primarie, modalità del voto e poco della piattaforma politica con cui si deve distinguere il Pd. Temi che hanno a che fare con la giustizia sociale, il lavoro, la sanità pubblica, la scuola e l’università dovrebbero essere oggetto di scontro anche tra di noi, in modo portare poi il dibattito nel Paese. In questi giorni si fa una battaglia giusta sullo spoils system e le nomine del nuovo governo, ma questa non è la priorità per tante persone, con la benzina che supera i due euro al litro”.

Anche per Cerroni la questione del rinnovamento dei vertici del partito è essenziale: “Il fatto di non essere credibili su tante proposte politiche ha a che fare anche con le classi dirigenti. Non c’è scritto da nessuna parte che una generazione più giovane possa fare meglio, ma figure diverse possono essere sicuramente più credibili magari anche per portare avanti battaglie politiche diverse. Lo abbiamo già sperimentato sulle politiche contro la precarietà lavorativa, venendo da una esperienza di governo in cui avevamo approvato noi il Jobs act. E lo abbiamo sperimentato anche sul tema dell’indebolimento della democrazia, perché sul taglio del finanziamento pubblico ai partiti e su quello dei parlamentari siamo stati una delle forze determinanti per arrivare a tali misure, che tra l’altro hanno sempre visto i Giovani democratici esposti contro il partito. C’è un tema di sensibilità generazionale diversa e di rinnovamento, ma nella sostanza, non dal punto di vista dell’età”.

Un profondo rinnovamento è necessario anche per Ilaria Esposito, segretaria provinciale dei Giovani democratici di Napoli: “Il Pd continua a essere visto come un partito che tende a conservare lo status quo e non rappresenta quelli che sono i bisogni e le necessità dei cittadini. È un partito che non riesce a liberarsi da un’immagine di governismo, dopo essere stato al governo per anni pur non avendo vinto una sola gara elettorale a livello nazionale. Serve sin da subito rompere completamente gli schemi. L’auspicio è che la fase congressuale serva a dare risposte ai giovani che oggi sono una generazione più povera dei loro nonni”. Ma per Esposito non c’è solo da affrontare una questione di disparità generazionale, ma anche territoriale: “L’offerta lavorativa è sempre più bassa al Sud e così molti giovani si spostano al Nord ancora prima di lavorare, per studiare”. Quali le battaglie necessarie? “Quelle per il lavoro – risponde la segretaria napoletana – per il contrasto alla povertà non solo economica ma anche educativa, per un Paese più equo, giusto e inclusivo”. Tutte istanze che per Pacini, in questi giorni impegnato da candidato nella corsa elettorale in Lombardia, devono essere portate tra la gente: “Bisogna andare nelle strade, nei mercati e nelle fabbriche per convincere le persone a votarci, soprattutto quelle di sinistra che non lo fanno più. Sono tantissime”. Con idee chiare e proposte concrete: “Per esempio il taglio dell’Irpef regionale – dice il segretario lombardo -. Arriva a costare anche 400 euro per chi ha 28mila euro di reddito. Per aiutare il ceto medio andrebbe cancellato sotto tale soglia di reddito”.

Twitter: @gigi_gno

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