Scuola

La Crusca attacca il “Piano Scuola 4.0”: “Anglismi usati per coprire quello che non è chiaro”

Il documento ha lo scopo di inquadrare le attività didattiche orientate al futuro, ma per l'Accademia della Crusca va tradotto per renderne chiaro a tutti, operatori della scuola e cittadini, il reale contenuto. "È un vizio della pubblica amministrazione che adopera l’anglismo come il latinorum, parole comode per liberarsi dalla responsabilità di andare oltre”

L’Accademia della Crusca torna ad attaccare la politica per l’uso eccessivo dell’inglese negli atti del governo. E stavolta lo fa puntando il dito contro il “Piano Scuola 4.0” scritto dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e mai modificato dall’attuale inquilino di viale Trastevere, Giuseppe Valditara. Secondo i professori Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Annamaria Testa, il documento adottato con il decreto 161 del 14 giugno 2022 con lo scopo di inquadrare le attività didattiche orientate al futuro, va tradotto per renderne chiaro a tutti, operatori della scuola e cittadini, il reale contenuto del programma. A spiegarci il caso sollevato, è il presidente dell’Accademia, Claudio Marazzini.

Professore, avete persino chiesto di unire al documento un glossario interpretativo autentico. È proprio così incomprensibile il “Piano Scuola 4.0”?
In alcune parti è oscuro e lo può essere persino per i docenti. E poi c’è una questione di principio non irrilevante: tutti quegli anglismi sono usati come “copertura” di qualcosa che non è ben definito, che non è chiaro. Noi non entriamo nel merito delle questioni pedagogiche e didattiche ma vogliamo aprire un dibattito, una riflessione a partire dalla traduzione dei termini in inglese di quel testo, per capire.

Va totalmente riscritto?
Comprendiamo che il decreto fa parte del Pnrr e non possiamo pretendere che venga rifatto ma tradurre alcuni termini in inglese aiuta anche a comprendere che alcune iniziative spacciate come innovazioni del mondo anglosassone, trovano in realtà radici nel nostro Paese. Pensi, ad esempio, al Debate: le scuole gesuite del 1600 già lo usavano”.

Non è la prima volta che l’Accademia richiama le istituzioni su questo punto. E già ad agosto la Crusca aveva criticato Palazzo Chigi per la circolare su scuola e Covid, perché presentava “troppe parole inglesi” ed era scritta in un “linguaggio oscuro”. Perché secondo lei c’è questa passione per gli anglismi nei documenti ufficiali?
Non l’abbiamo fatto ma sarebbe interessante prendere in mano dei documenti ufficiali francesi e spagnoli per vedere se sono saturi di parole in inglese come i nostri. In Italia si è da sempre più disponibili al forestierismo. Può essere un vantaggio ma anche un eccesso. Di là di ogni giudizio la tendenza è manifesta. Le altre lingue sono più reattive a usare parole della loro tradizione per indicare oggetti o cose nuove. E’ un vizio della pubblica amministrazione che adopera l’anglismo come il latinorum, parole comode per liberarsi dalla responsabilità di andare oltre. Un tempo era il burocratismo oggi è l’antilingua per dirla con Italo Calvino”.

Voi indicate parecchi termini in inglese presenti nel “Piano Scuola 4.0” (Next generation classrooms; Next Generation Class, Next Generation Labs; milestone e target; Do No Significant Harm, check list, mentoring, Digital board, peer learning, problem solving, multiliteracies, debate, gamification, making, blockchain, etc). Li avete contati? Qual è quello che l’ha colpita maggiormente?
Non sappiamo quanti ve ne siano ma mi ha sorpreso task force Scuole: un misto tra inglese e italiano. Alcuni di questi termini sembrano solo delle etichette senza alcuna sostanza”.

Secondo lei gli insegnanti capiranno?
Non è questione di leggere e capire. Anche chi sa fare un banale colloquio in inglese può intuire ma nel Piano sono usati dei tecnicismi in inglese che non servono, che non dicono nulla.

Professore ci dica la verità: stiamo bistrattando ancora l’italiano, nel 2023?
Credo che i docenti di lingua facciano il loro dovere ma è diminuito il ruolo che viene affidato all’italiano salvo scandalizzarsi quando escono le classifiche internazionali o c’è qualche concorso ove si scopre che la gente non conosce la grammatica. Lo sforzo di impossessarsi dell’italiano viene compensato solo se non viene messo a margine.