La neve trasportata da un elicottero per provare a tenere aperta la pista di collegamento tra le aree di Zweisimmen e Saanenmöser. È successo circa due settimane fa, nel noto comprensorio sciistico di Gstaad, in Svizzera. Mentre in Italia la carenza di neve ha colpito in particolar modo gli Appennini, mandando in crisi il turismo invernale di cinque Regioni, sulle Alpi elvetiche la situazione è forse ancora più tragica. In particolare nell’area che va appunto da Gstaad ad Adelboden, dove le montagne sono colorate di verde e marrone, mentre le uniche chiazze di bianco sono dovute alla neve sparata artificialmente.
Prima di capodanno, però, nell’area di Gstaad si è cercato di porre rimedio al problema con il metodo più assurdo e probabilmente anche più insostenibile da un punto di vista ambientale. Il quotidiano Hauptstadt ha denunciato i voli degli elicotteri per tentare di spostare sulle piste la poca neve rimasta a disposizione. E l’amministratore delegato di Bergbahnen Gstaad, Matthias In-Albon, ha dovuto confermare quanto accaduto: “Abbiamo provato a utilizzare l’elicottero per trasportare la neve nella regione di Oeschseite“. Ovvero per tenere aperta una pista cruciale, perché collega i due comprensori.
Normalmente per distribuire la neve sulle piste si utilizzano i gatti, ma il manto a disposizione era talmente sottile da rendere impossibile questa operazione. E allora è stata presa la decisione di utilizzare gli elicotteri, che peraltro si è dimostrata assolutamente inutile, solamente dannosa e dispendiosa: “Questo tentativo non si è dimostrato valido”, ha confessato lo stesso In-Albon ad Hauptstadt. Ma un altro quotidiano svizzero, il Tagblatt, ha ricordato come l’utilizzo di elicotteri per spostare la neve sulle piste non sia, purtroppo, una novità assoluta: era già successo a Wengen, sempre in Svizzera, per evitare l’annullamento della gara di Coppa del Mondo nel 2020. Lo stesso anno a febbraio FranceInfo documentò in video (vedi qui sotto) l’utilizzo di elicotteri che trasportavano neve sui Pirenei e nello specifico a Luchon–Superbagnères.
Foto d’archivio