“Abbiamo analisi di cittadini della zona arancione effettuate in Germania che dimostrano la presenza di Pfas a livelli molti alti e che sono stati associati a gravi esiti avversi per la salute sia nella zona rossa del Veneto che in numerose altre regioni del mondo contaminate. Di fronte a questo dato inconfutabile, a settembre sono cominciate le promesse dei dirigenti del Dipartimento di Prevenzione regionale" denuncia l'associazione
“Una presa in giro, per mesi la Regione Veneto ci ha soltanto presi in giro, come sta facendo da anni… Il sangue nelle nostre vene è contaminato dai Pfas e le istituzioni sanitarie si limitano a promesse non mantenute. Chi vive nella Zona Arancione non può effettuare le analisi per verificare i valori. Siamo dimenticati dalla Sanità veneta che ci impedisce di fare gli esami, come qualunque cittadino che sospetti di avere una patologia. Se andiamo dal medico di base, questi allarga le braccia. E praticamente ci dice che non può fare nulla per noi”. Elisabetta Donadello, 48 anni, abita alla periferia di Vicenza e la scorsa estate è andata davanti al palazzo di giustizia dove si sta celebrando il processo all’azienda Miteni di Trissino, per gli sversamenti delle sostanze perfluoroalchiliche che sono avvenuti per decenni nel sottosuolo, compromettendo acquedotti e pozzi privati. Elisabetta portava un cartello di denuncia: “I miei figli hanno Pfas nel sangue fuori dai limiti, ma la Regione mi nega analisi e non mi risponde”. Aveva raccontato la sua storia a ilfattoquotidiano.it e qualche timido segnale era venuto da Palazzo Balbi a Venezia, sede della giunta di Luca Zaia. Invece, quattro mesi dopo, ha ottenuto solo un paio di incontri assieme alle Mamme No Pfas che si battono per il diritto alla salute. Poi continui rinvii senza spiegazioni.
“Per questo siamo a dir poco arrabbiati, anche l’ultima promessa che avrebbe dovuto concretizzarsi prima di Natale è venuta meno. Non hanno più alibi”. Quella di Elisabetta è solo una delle tante voci dell’universo No-Pfas. Pone, fra i tanti, il problema di una clamorosa contraddizione che ha fatto gridare allo scandalo anche le Nazioni Unite. L’area interessata è compresa nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Trenta Comuni sono in Zona Rossa (falda e acquedotto contaminati), altri 12 (di cui 11 nel Vicentino) nella Zona Arancione (superamento di valori Pfas nei pozzi censiti). Ebbene, i cittadini della Zona Rossa sono sottoposti a screening e controlli sulle malattie potenziali (ad esempio tumori, cardiopatie, diabete mellito, Alzheimer e demenza, ipertensione, ipotiroidismo, infertilità), per quelli della Zona Arancione assolutamente nulla. Perché la Regione non accetta che gli abitanti di entrambe le zone vengano controllati, (magari volontariamente), visto che i diversi Comuni sono confinanti e gli spostamenti della popolazione frequenti per ragioni di lavoro o familiari? Si teme di scoprire che la popolazione rimasta esposta per alcuni decenni è molto superiore ai 350mila abitanti finora interessati? La misura è colma, si sono detti i movimenti e hanno sottoscritto un documento molto polemico. Porta le firme di Mamme No Pfas, Rete Vicentina Gas, Greenpeace, Associazione Monastero del Bene Comune, Pfas+Land, Cittadini Zero Pfas, Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente (Cillsa), Acqua Bene Comune (Comitato veronese), Movimento Blu, Caracol Olo Jackson e i medici per l’ambiente di Isde. “I responsabili della salute in Regione Veneto sono in fuga. Di fronte alle proprie responsabilità, ai propri doveri, di fronte al proprio lavoro. (E non sono nuovi a promesse poi mai mantenute come per esempio gli studi sui neonati e sugli esiti avversi materno-fetali e uno studio completo sui tumori nella zona rossa). Ora che di giustificazioni per negare le analisi non ce ne sono più, non resta loro che scappare. Il che fa presumere che in tutti questi anni fossero già ben consapevoli che le loro giustificazioni erano zoppe”.
Il comunicato ricorda come da dieci anni quello dei Pfas in Veneto sia “uno dei peggiori disastri ambientali della storia italiana”, con epicentro la Miteni che ha scaricato i residui delle lavorazioni industriali, poi entrati attraverso l’acqua nel circuito idrico e nella catena alimentare. Sono sostanze che l’organismo non riesce più ad eliminare. Cos’ha fatto la Regione? “Ha compiuto in effetti le sue scelte. Ha deciso se analizzare gli alimenti, ha deciso se monitorare lo stato di salute della popolazione a rischio di contaminazione e come farlo. Peccato che nel settembre 2022 il Commissario dell’Onu, Marcos Orellana, abbia riscontrato forti violazioni dei diritti della cittadinanza in questi due ambiti: analisi sui cibi inadeguate e insufficienti, analisi sulla salute delle persone inadeguate e insufficienti”.
Le promesse non mantenute? “Le analisi degli alimenti che slittano perennemente avanti in un futuro imprecisato, mentre il tempo passa. E le analisi del sangue per i cittadini in zona arancione, che da anni stiamo chiedendo: la storia ha messo ora la Regione con le spalle al muro”. Le Mamme No Pfas lo hanno spiegato in Regione, finora inascoltate. “Abbiamo analisi di cittadini della zona arancione effettuate in Germania che dimostrano la presenza di Pfas a livelli molti alti e che sono stati associati a gravi esiti avversi per la salute sia nella zona rossa del Veneto che in numerose altre regioni del mondo contaminate. Di fronte a questo dato inconfutabile, a settembre sono cominciate le promesse dei dirigenti del Dipartimento di Prevenzione regionale: ‘Dobbiamo in effetti rimediare a questo vuoto’”. Un incontro è avvenuto il 19 ottobre: “Ci hanno assicurato di aver avviato le pratiche necessarie per ottenere le analisi per la zona arancione, chiedendoci però il ‘silenzio stampa’ per ‘non compromettere l’esito della pratica’ (qui sorge spontaneo chiedersi: ma se è un nostro diritto perché dovrebbe essere compromesso l’esito???) perché a breve ci avrebbero aggiornati sulla pratica. Due settimane avevano promesso”.
A metà novembre, invece, l’incontro è stato fatto slittare a fine mese. “Nessuna motivazione o giustificazione. Strano che in un mese avessero già la certezza di non trovare un quarto d’ora da dedicarci per aggiornarci sulla pratica, anche solo per dirci che non ci sono novità, ce l’avevano promesso”. Il 28 novembre un’altra doccia fredda. “L’incontro slitta a ‘prima di Natale’. Sempre senza motivazioni”. È così che prima di Natale, visto il silenzio totale, “scriviamo chiedendo data e ora dell’incontro. Risposta non c’è”. Amara riflessione: “I responsabili della salute in Regione Veneto sono in fuga”. Una riprova si è avuta immediatamente in consiglio regionale dove è stata bocciata una mozione presentata dalle consigliere Cristina Guarda (Europa Verde) ed Erika Baldin (M5s) riferita proprio al Rapporto delle Nazioni Unite e alla contaminazione da Pfas di tre province del Veneto. Chiedevano una dichiarazione d’impegno del consiglio regionale: “Ogni utile azione sia intrapresa per colmare le lacune rilevate da detto rapporto e per riportare il diritto alla salute dei veneti alla sua fondamentale essenza di diritto umano”. L’assessore alla Salute Manuela Lanzarin se n’è andata prima della discussione, la maggioranza composta da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, ha votato contro, senza spiegare perché.