Il decreto Trasparenza appena approvato dal governo per placare le polemiche sui rincari alla pompa dopo il ritorno all’accisa piena ha tutto l’aspetto di un bluff. Il provvedimento, che modifica le norme sulle rilevazioni, la pubblicità ed il controllo dei prezzi dei carburanti, sembra solo aggiustare qua e là quello che già c’è, senza modifiche sostanziali che possano realmente portare a una riduzione dei prezzi. E al momento sta innescando una guerra tra i benzinai, che parlano di “imbroglio mediatico” e annunciano uno sciopero in quanto primi destinatari delle nuove misure, e le associazioni dei consumatori che chiedono di bloccare la protesta.
Sono anni che si lavora sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti e l’Agenzia delle Dogane, il ministero delle Imprese e l’Agenzia delle Entrate hanno già la disponibilità di tutti i dati sui movimenti dei listini. È dal 2013 che i gestori dei carburanti (i benzinai) sono obbligati a comunicare al ministero i prezzi praticati per tutte le tipologie di carburanti (benzina, gasolio, gpl e metano, compreso quello proveniente da rigassificazione L-GNC e quello erogato in forma liquida GNL) e per tutte le forme di vendita (con priorità per la modalità self service, se attiva durante l’intero orario di apertura). Dati che poi vengono pubblicati sul sito Osservaprezzi del ministero a cui chiunque può accedere per sapere i prezzi di tutti i punti vendita e fare un confronto in tempo reale zona per zona. Il portale dà pure l’orario dell’ultimo aggiornamento e la possibilità di ordinare per prezzo.
Già ora tutte le settimane il ministero pubblica una media dei prezzi praticati (quello che fa in più il decreto è far diventare giornaliera questa rilevazione). Inoltre, ci sono quotidiani specializzati come Quotidiano Energia e Staffetta Quotidiana che pubblicano ogni giorno i dati sui prezzi, che poi vengono ripresi periodicamente da tutti i giornali. Già ora i gestori devono esporre i prezzi di vendita e, dopo il decreto, saranno obbligati a esporre accanto anche il prezzo medio nazionale. Piccoli aggiustamenti dunque, che in realtà poi potrebbero trasformarsi in boomerang rischiando di confondere l’automobilista con troppe informazioni. “I benzinai aggiungeranno un paio di cartelli, ma saranno gli automobilisti a doversi districare nella giungla di numeri che davvero in pochi hanno modo e tempo decodificare. E come, di grazia, tutto questo avrebbe il potere taumaturgico di far calare i prezzi?”, commenta il sindacato dei gestori Fegica. Nessun accenno poi all’annosa questione dell’ammodernamento e razionalizzazione della rete anche in chiave di transizione energetica che potrebbe anche aiutare in una discesa dei prezzi.
Nel proclamare due giorni di sciopero, il 25 e 26 gennaio, i sindacati dei benzinai, Faib, Fegica e Figisc/Anisa, parlano di “imbroglio mediatico”, perché in realtà le nuove misure “non contengono nulla che abbia effetto sui prezzi” mentre di contro “le accise rimangono tra le più alte del mondo”. I benzinai parlano anche di “ondata di fango”, appositamente studiata per mettere nel mirino la categoria dei benzinai, spostare così l’attenzione su altro e innescare una guerra consumatori-benzinai per confondere. Il governo – dicono le tre sigle sindacali – “aumenta il prezzo dei carburanti e scarica la responsabilità sui gestori che diventano i destinatari di insulti ed improperi degli automobilisti esasperati”. Invece di questa “campagna mediatica vergognosa” piuttosto, secondo i gestori, bisognerebbe utilizzare strumenti già disponibili come quello dell’accisa mobile.
Sta di fatto che dopo il varo del decreto Trasparenza le associazioni dei consumatori sono scese in campo contro i gestori dei carburanti. L’Unione Nazionale Consumatori è contro lo sciopero anche se comprende le ragioni dei benzinai: di fronte a questa “bufala gonfiata ad arte dal governo per tentare di scagionarsi dalle sue responsabilità (…) i gestori hanno tutte le ragioni di questo mondo per lamentarsi e protestare, ma non per scioperare” afferma il presidente Massimiliano Dona, che suggerisce piuttosto di fare un sit in di protesta. Secondo l’Unc infatti “il decreto trasparenza, per quanto sia un pannicello caldo, è comunque sacrosanto” perché la categoria “nel 2022 ha commesso 2809 violazioni della disciplina prezzi su 5187 verifiche. Una percentuale di colpevoli, il 54,2%, che fa rabbrividire”. Anche se ben 2.092 riguardano l’omessa comunicazione dei prezzi al ministero. Il Codacons parla invece di “atto di guerra contro i consumatori, una protesta assurda e immotivata che ci porta oggi a presentare una istanza urgente al Garante per gli scioperi affinché blocchi la mobilitazione dei gestori”.