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Emanuela Orlandi, il caso torna in tv. Il fratello Pietro da Vespa: “Il Vaticano potrebbe far chiudere l’inchiesta in mezz’ora”. E la Sciarelli fa ascoltare alcune interecettazioni

Dopo che il Vaticano ha deciso di riaprire le indagini sulla sua sparizione e dopo la divulgazione da parte di FqMagazine di alcune conversazioni whatsapp di persone vicine a Papa Francesco sulla ragazza, ci si è concentrati proprio sul contenuto di quei messaggi

di Alessandra De Vita

La verità impenetrabile su Emanuela Orlandi sembra abbia i giorni contati. Il mistero della scomparsa della cittadina del Vaticano, nel giugno del 1983, in questi ultimi due giorni ha riempito i palinsesti televisivi Rai: sia “Porta a porta” che “Chi l’ha visto” si sono concentrate sul giallo. Dopo che il Vaticano ha deciso di riaprire le indagini sulla sua sparizione e dopo la divulgazione da parte di FqMagazine di alcune conversazioni whatsapp di persone vicine a Papa Francesco sulla ragazza, ci si è concentrati proprio sul contenuto di quei messaggi. “Clamorosa”: questo è l’aggettivo scelto sia da Bruno Vespa che da Federica Sciarelli per la nuova indagine perché è la prima volta che il Vaticano decide di indagare sulla “ragazza con la fascetta”, figlia di un commesso di Papa Giovanni Paolo II. Nella puntata del 10 gennaio di “Porta a Porta”, Vespa ha centrato l’attenzione, insieme al fratello di Emanuela Orlandi e all’avvocato Laura Sgrò, sul testo dei messaggi (risalenti al 2014) in cui si parla di Emanuela, di prendere le sue cose, di fare delle fotocopie di tutti i suoi documenti, e addirittura di pagare i tombaroli di nascosto. In base a quanto dichiarato dagli Orlandi, si parla anche di Papa Francesco, del cardinale Abril (presidente commissione cardinalizia Ior), di avvisare il capo della gendarmeria Domenico Giani e infine: “No, lascia perdere, la Orlandi è una è una cosa grave, il Papa è con noi, ci dice di andare avanti”. E poi si torna su quella parola: tombaroli, che più di tutte lascia intuire che il Vaticano conosca la verità su Emanuela.

Dalle domande di Vespa è venuto fuori che si tratta di almeno 50 messaggi tra due persone nell’arco di due mesi in merito a alla presenza di queste persone che devono venire pagate per un luogo di sepoltura. “Messaggi scritti e qualche audio separato da questo scambio. Ci sono delle voci, noi sappiamo chi sono queste persone, sono ancora vive. Speriamo il promotore di giustizia Alessandro Diddi ci chiami quanto prima”, ha dichiarato la Sgrò, aggiungendo: “Il nostro desiderio è che si faccia un’indagine vera e attenta ma bisogna essere onesti, va considerato che la magistratura vaticana non ha i mezzi né l’esperienza per affrontare questo caso che dura da 40 anni”.

Questa inchiesta il Vaticano la potrebbe aprire e chiudere in mezz’ora. Basta che raccontano quello che sanno. Papa Francesco lo sa, anche Ratzinger lo sapeva. Io sono nato lì dentro, li conosco bene. Conoscono la verità ma è così pesante che faranno di tutto per non farla uscire”, ha dichiarato Pietro Orlandi a un Bruno Vespa abbastanza incredulo di fronte a queste certezze perché “ho il dovere – la replica di Vespa – di non credere tre papi si tengano per sé la verità su Emanuela, uno di loro (Papa Woytila, ndr) si è anche affacciato alla finestra per pregare per lei”. E sul suo attentatore Alì Agca, di recente tornato con nuove rivelazioni sui fatti, Vespa si è espresso così: “È una fabbrica di bugie di tipo industriale, è da 40 anni che aspettiamo prove di quanto afferma”. Mentre è ad Alì Agca che il giornalista Fabrizio Peronaci, in collegamento, ha ricondotto la sparizione di Emanuela Orlandi. “Non lo facciamo noi il collegamento – ha detto – ma l’analisi delle carte. Generalizzare contro il Vaticano e parlare di tre Papi che sanno non è corretto da parte del fratello, non lo è dal punto di vista di ciò che ci interessa”. Peronaci ha chiamato in causa messaggi in codice e anagrammi per avvalorare la sua tesi, subito smentita dal fratello Pietro perché segue la pista di “quel mitomane di Marco Accetti – ha detto Pietro – che in tanti anni non ha mai fornito una prova di quanto dice”.

Federica Sciarelli di “Chi l’ha visto” è partita dal libro del segretario particolare di Ratzinger Padre Georg, in uscita oggi in tutte le edicole. In studio con lei, la sorella Natalina Orlandi. Nel libro si parla di “Chi l’ha visto” e di alcune notizie divulgate dalla trasmissione e del noto dossier in cui ci sarebbe critta la verità su Emanuela. Ma Padre Georg nega l’esistenza di quel fascicolo. La Sciarelli ha trasmesso quella famosa telefonata anonima a “Chi l’ha visto” in cui qualcuno (oggi identificato) diede la soffiata della sepoltura del bandito della Magliana, tirata in ballo più volte nel caso Orlandi. Il boss Enrico De Pedis fu sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare, sede della scuola di musica di Emanuela ma anche l’ultimo posto in cui è stata la ragazza. La Sciarelli ha ricostruito tutta la vicenda attraverso le intercettazioni telefoniche venute fuori negli anni. La prima in lista è quella di don Pietro Vergari, rettore della Basilica e poi indagato per concorso in sequestro di persona. “La verità è tanto complicata”, ha dichiarato in una telefonata il sacerdote che si adoperò per la sepoltura del boss che conobbe in carcere dove prestava servizio come cappellano. In un’altra Vergari ha difeso de Pedis, giustificando la sua sepoltura perché “al Verano gli sporcavano la tomba per dispetto” e negando fosse stato un criminale. Mentre al fratello Pietro ha dato del ciarlatano. L’intercettazione più surreale ripescata dalla Sciarelli è quella in cui don Vergari, prima di essere interrogato, chiede consiglio al vescovo di Potenza, della Chiesa in cui per 17 anni è stato nascosto il corpo senza vita di Elisa Claps. Ma lui gli ha consigliato di non parlare al telefono poiché indagato. E infine, in un’altra telefonata, con la moglie di De Pedis, la stessa rassicura don Vergari sul suo avviso di garanzia in merito al sequestro della Orlandi. “Tanto il procuratore nostro sta prosciogliendo, sta archiviando tutto, è roba de pochi giorni don Piè, resista”. E così è stato. L’ultima inchiesta su Emanuela Orlandi è stata chiusa e archiviata nel 2015 dalla procura. Ma adesso il caso è riaperto.

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