“Un’altra cosa va fatta subito, proposta che Fratelli d’Italia porta avanti da qualche mese, per la verità, da qualche settimana con maggiore insistenza. Se la bolletta aumenta, aumentano anche gli introiti dello Stato, perché lo Stato ci guadagna l’Iva. Allora, prima regola: lo Stato non ci può guadagnare in questo disastro, per cui mi devi tagliare tutti gli oneri della parte eccedente, cioè della parte dell’aumento. Su tutto l’aumento lo Stato non si prende ne le accise ne l’Iva. Prima regola!”. Così Giorgia Meloni durante un comizio in piazza Duomo a Milano dell’11 settembre, in piena campagna elettorale, parlava dei doveri dello Stato in caso di aumenti delle bollette. Martedì 11 gennaio, in un video degli “Appunti di Giorgia”, la premier ha sostenuto di non aver mai parlato durante l’ultima campagna elettorale di tagliare le accise sulla benzina, ma l’intento era in realtà scritto al punto 17 dello stesso programma elettorale. Alla contraddizione Meloni ha risposto, ammettendo che sì nel programma c’è l’impegno “alla sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise” ma che questo significa che “se hai maggiori entrate dall’aumento dei prezzi del carburante” queste devono essere usate “per abbassare le tasse” e lo Stato “non aveva maggiori entrate”. I numeri del ministero dell’Economia sulle entrate tributarie, però, dicono il contrario.