Milioni di contagi, file fuori dai crematori, personale sanitario allo stremo delle forze per cercare di curare e assistere i pazienti che aumentano di ora in ora. Il governo di Pechino continua a fornire cifre ufficiali della diffusione della pandemia che dipingono una situazione lontanissima dall’emergenza che sta vivendo il Paese in queste settimane. E ora, a dare una proporzione della diffusione del coronavirus, è l’Università di Pechino: in uno studio citato dalla Bbc, i ricercatori sostengono che siano circa 900 milioni le persone contagiate all’11 gennaio. Il rapporto stima che il 64% della popolazione del paese abbia contratto il Covid: la più colpita è provincia di Gansu, dove il 91% delle persone risulta essere infetto, seguita da Yunnan (84%) e Qinghai (80%). E la situazione potrebbe peggiorare perché centinaia di milioni di cinesi stanno per viaggiare verso le loro città d’origine – molti per la prima volta dall’inizio della pandemia – in vista del capodanno lunare del 23 gennaio, dove le autorità hanno raccomandato ai cittadini di non fare visita agli anziani, specie se finora non avevano mai contratto il virus.

Intanto, guardando all’Italia che ha introdotto restrizioni, i tamponi effettuati sui passeggeri provenienti dalla Cina negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa confermano che per il momento non ci sono particolari pericoli connessi a nuove varianti provenienti dal Paese asiatico. La quasi totalità dei cittadini cinesi arrivati in Italia positivi a Covid erano stati infettati con le sotto-varianti BA.5.2, BF.7 e BQ.1.1. Il dato, che conferma quanto precedentemente diffuso dalla Cina, è stato rilevato da uno studio italiano reso disponibile su Eurosurveillance, la rivista dei Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). I dati si riferiscono ai test effettuati il 26 dicembre scorso a Malpensa e il 29 dicembre a Fiumicino sui voli provenienti dalle città di Nanchino, Wenzhou e Hangzhou. In queste due giornate sono stati sottoposti a tampone 556 passeggeri cinesi: il 22,7% è risultato positivo a Covid. Su 61 di essi è stato eseguito il sequenziamento per conoscere la variante responsabile dell’infezione: BA.5.2, rilevata in 30 campioni su 61, è risultata la sotto-variante più frequente; BF.7 è stata riscontrata in 18 campioni, BQ.1.1 in 7 campioni. Le sotto-varianti riscontrate presentavano alcune mutazioni, ma queste “probabilmente non rappresentano una minaccia in termini di evasione immunitaria“, scrivono i ricercatori. Inoltre “nessuna delle mutazioni rilevate è stata chiaramente associata a cambiamenti nella trasmissibilità o nella gravità della malattia”. I risultati dello studio, dunque, concludono i ricercatori, “concordano con i dati di sequenziamento rilasciati dalla Cina e sottolineano l’importanza della sorveglianza genomica per rilevare l’evoluzione dei lignaggi dominanti”.

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