A sei mesi dalla sparatoria di via di Tocqueville a Milano, avvenuta all’alba tra il 2 e il 3 luglio, che aveva portato a una serie di arresti lo scorso ottobre, la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per i due trapper Baby Gang e Simba La Rue. Quella notte due senegalesi vennero gambizzati. Il pm di Milano Francesca Crupi già nelle scorse settimane aveva chiuso le indagini. Come si legge negli atti, le accuse contestate a vario titolo, e in concorso con due minorenni, sono le stesse contenute nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari, Guido Salvini, ossia rissa, rapina, lesioni e porto abusivo di arma da sparo. Ora toccherà ad un giudice per l’udienza preliminare fissare la data di udienza e gli imputati potranno anche scegliere il rito abbreviato. Intanto, per il 28 marzo è in programma il processo in abbreviato, davanti al gup Giulio Fanales e con al centro la cosiddetta “faida tra trapper” con arresti a fine luglio, per Simba e altri 6 imputati, accusati a vario titolo di lesioni e rapina. Il rivale Baby Touché, secondo l’accusa vittima di un sequestro lo scorso giugno, non ha presentato la querela per quel fatto, necessaria in base alla nuova normativa della riforma Cartabia. Altri due giovani sono a processo con rito ordinario.

Intanto Baby Gang resta in carcere. Secondo il giudice Guido Salvini l’uso di “cannabinoidi” in questo caso non è “qualificabile come dipendenza in senso stretto ma piuttosto espressione di uno stile di vita” comune “all’enorme maggioranza di coloro che fanno parte del mondo dei trapper o frequentano luoghi di incontro come corso Como” e allo stesso modo il “consumo di alcol” è “uso voluttuario” per “momenti di incontro o di esibizione musicale”. Il legale del giovane, l’avvocato Niccolò Vecchioni, aveva chiesto che fosse collocato ai domiciliari presso una comunità per “affrontare i problemi relativi all’abuso di sostanze”. Per il giudice, però, agli atti non ci sono relazioni su “alcun consumo problematico di sostanze psicotrope” da parte del trapper. Secondo il legale, è un “provvedimento fortemente criticabile perché nega il diritto di cura ad un 21enne e sminuisce la sua condizione patologica, assumendo che l’uso di droga e alcol sarebbe un fatto ‘ordinario’ da parte di un rapper e quindi che si tratta di una situazione non meritevole di alcun intervento terapeutico”.

Inoltre, spiega l’avvocato, “in un altro passaggio il giudice individua come motivo della necessità del mantenimento in carcere il fatto che il mio assistito rappresenterebbe un modello negativo per il suo pubblico, avendo sfruttato i proprio comportamenti illegali per costruire il suo successo come artista, senza considerare che si discute di un soggetto sostanzialmente incensurato che ha avviato un serio percorso di revisione critica del proprio stile di vita”. Per il gip “la presenza di cannabinoidi (peraltro in quantità non definita)” nel caso di Baby Gang, in carcere per rapina ai due senegalesi e detenzione di una pistola, non è “qualificabile come dipendenza”. E pure una “relazione psichiatrica” del carcere “non segnala alcun elemento psicopatologico di rilievo“, se non la sua personalità “antisociale e narcisistica”.
Secondo il giudice, il 21enne “ha per scelta rifiutato qualsiasi rispetto delle regole di vita sociale anche sfruttando tale scelta in termini di successo personale”. E quando è stato arrestato gli è stata trovata un’altra pistola diversa da quella usata dal gruppo nella sparatoria

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