La modifica annunciata dal ministero di Giustizia: “Il Ministero è già al lavoro per studiare ed elaborare gli interventi urgenti, anche di carattere normativo”
Se c’è l’aggravante mafiosa si procederà d’ufficio. Dopo gli evidenti effetti nefasti della legge Cartabia evidenziati dai casi raccontati negli ultimi giorni (e previsti dal Fatto Quotidiano fin dalla votazione, nel 2021, del provvedimento), il ministro della Giustizia Carlo Nordio procede per decreto. Per effetto della legge scritta dalla Guardasigilli di Draghi, infatti, i reati contro il patrimonio in contesti mafiosi hanno bisogno della querela di parte per essere perseguiti: quindi se la vittima non querela, scatta la revoca dei provvedimenti restrittivi. Una scelta portata avanti nonostante numerosi avvertimenti da parte dei più esperti magistrati antimafia. Ma ultimamente resa indifendibile dai fatti. Su tutti il caso dei mafiosi accusati di sequestro e lesioni, aggravati dal metodo mafioso, non denunciati dalle vittime del pestaggio. Così la procura di Palermo hanno dovuto chiedere la revoca della misura cautelare.
La nota di via Arenula – “Il Ministero della Giustizia è già al lavoro per studiare ed elaborare gli interventi urgenti, anche di carattere normativo, che la recentissima segnalazione di talune criticità sembra rendere senz’altro opportuni”. Lo rende noto il comunicato di Via Arenula. In particolare, sono in corso “le valutazioni necessarie a riconsiderare alcune scelte di rendere procedibili a querela reati contro il patrimonio in contesti mafiosi e altre ipotesi di reato che, per il contesto in cui maturano, rendono indispensabili provvedimenti cautelari di urgenza“. “Altri interventi – prosegue il comunicato – saranno preordinati a rendere più scorrevole l’applicazione di norme processuali, ad esempio in materia di presentazione dell’appello, sgombrandole da qualsiasi dubbio interpretativo. Non può essere dimenticato – si legge ancora nella nota – che le riforme processuali sono state oggetto di esame da parte della Commissione Europea, e ritenute, allo stato, idonee a garantire all’Italia le risorse indispensabili per la ripartenza, con la conseguenza che ogni loro modifica non potrà non tenere conto di tale determinante percorso”.
L’allarme di Scarpinato – Dopo i casi eclatanti degli ultimi giorni, la necessità di un intervento urgente era stata chiesta da più parti. Roberto Scarpinato, senatore del Movimento 5 stelle ed ex magistrato antimafia, aveva depositato un disegno di legge proprio per modificare la riforma Cartabia. “Rendere perseguibili solo a seguito di querela della vittima reati come lesioni personali, violenza privata, minaccia, sequestro di persona determina il serio rischio di estendere il campo dell’impunità“, sottolineava Scarpinato. “Quel che più si sottovaluta, è che quei reati sono consumati non solo da esponenti della criminalità comune, ma anche da appartenenti alle mafie che si avvalgono della forza dell’intimidazione per commettere delitti e imporre il silenzio delle vittime”.
Ma l’obbligo di querela rimane per tutti gli altri casi – Tranne per i casi aggravati dal metodo mafioso, se le modifiche di Nordio non dovessero interessare altro, l’impianto della riforma Cartabia rimarrebbe identico, con tutte le criticità già riscontrate. E’ il caso, ad esempio, dei ladri sorpresi mentre stavano scassinando la cassaforte di un albergo a Jesolo: nel loro caso c’era il tentativo di furto, così come la refurtiva e la flagranza di reato era consumata davanti agli occhi degli agenti, eppure mancava il requisito della querela di parte perché il proprietario dell’hotel è un magnate russo che in quel momento era assente. Oppure il caso che ha portato i colossi della fornitura di energia elettrica a scrivere alle procure e ai tribunali di tutta Italia per lanciare l’allarme: con le nuove norme anche i procedimenti per furto di energia elettrica hanno bisogno della querela di parte per essere perseguiti. E così diventa difficile (se non impossibile) presentare la querela per 22.500 procedimenti penali ogni anno. Per questo, anche in queste circostanze l’effetto paradossale della riforma porterà molti pm a dover rilasciare l’indagato anche se colto in flagranza di reato.
E restano i problemi anche per i casi di violenza sessuale – Ma la riforma Cartabia non si ferma solo all’obbligo di querela. Gli effetti nefasti sono stati già riscontrati anche in processi riguardanti violenze sessuali. Come nel caso del veneziano che non si è fatto un solo giorno di carcere in custodia preventiva, anche se è poi risultato colpevole di violenza sessuale ai danni di una ragazzina di undici anni e ora, dopo aver ottenuto una riduzione di oltre due anni, potrà scontare la pena a casa. Oppure il processo sul cittadino ghanese, che è accusato di violenza sessuale su una dodicenne a Pordenone, che va verso una sentenza di non luogo a procedere perché si è trasferito e nessuno è riuscito a rintracciarlo. Con il vecchio sistema, il processo sarebbe rimasto sospeso, bloccando però il timer della prescrizione, che invece ora ha già cominciato a correre.