Il dottor Franco Berrino, già direttore del dipartimento di medicina preventiva e predittiva e presidente dell’Associazione “La Grande Via”, epidemiologo e grande acuto divulgatore dei principi del benessere a partire da un’alimentazione sana, stupisce ancora i suoi lettori con un nuovo libro, scritto insieme a Enrica Bortolazzi, La foresta di perle (ediz. Solferino). Un’opera che ci guida alla scoperta, tra le tante cose, dei numerosissimi principi attivi esistenti in natura e utilizzati per la produzione di moltissimi farmaci, anche antitumorali. Ma quello degli autori non è solo un invito a scoprire le sue sorprendenti proprietà curative, a riconnetterci con la natura, ma anche un ammonimento: se “riconosciamo l’importanza della biodiversità per le sue potenzialità di fornirci nuovi ed efficaci farmaci, perché ci diamo da fare per distruggerla deforestando e sostituendo le colture tradizionali con le monocolture industriali”?
Per millenni l’umanità ha utilizzato le piante non solo come cibo, bensì anche per alleviare il dolore e curare le malattie.
Ancora oggi, il mondo vegetale contribuisce allo sviluppo della medicina e alla scoperta di nuovi farmaci. Fin dall’antichità, la corteccia del salice era usata come analgesico e per abbassare la febbre. Era nota a Ippocrate, ma prima ancora ai Sumeri, agli Assiri e agli Egizi, e veniva utilizzata anche dai nativi americani. Solo alla fine dell’Ottocento fu isolato l’acido acetilsalicilico e commercializzato con il nome di Aspirina, ma solo molto recentemente se ne è scoperto il meccanismo di azione. Altri esempi classici sono l’oppio per il dolore, la digitale, estratta dalla bellissima Digitalis purpurea, per le cardiopatie, l’ergotamina, estratta dalla segale cornuta, per le emicranie e per stimolare le contrazioni uterine, il chinino, estratto dalla pianta andina Cinchona, per la malaria, la Galega officinalis, da cui è derivata la metformina, usata fin dal Medioevo per il diabete.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, erbe medicinali ed estratti vegetali sono utilizzati dall’80% della popolazione mondiale, molto più nei Paesi economicamente meno sviluppati che in quelli ricchi. Dei farmaci oggi prescritti, il 30% derivano da sostanze vegetali, il 9% sono modificazioni di sostanze vegetali, e il 5% sono di origine animale. Ancora oggi, metà dei nuovi farmaci che vengono scoperti sono di origine vegetale. Le grandi compagnie farmaceutiche continuano a setacciare il mondo vegetale, e carpire informazioni dalle medicine tradizionali dei differenti popoli del mondo, per trovare nuove molecole e modificarle per poterle brevettare; ma sono estremamente lontane dall’aver esplorato tutta la biodiversità vegetale. La foresta fornisce cibo e medicine a oltre un miliardo di persone. Le comunità indigene sanno come ottenere medicine da cortecce, foglie, radici, resine. Inoltre, 2,5 miliardi di persone che vivono di agricoltura di prossimità beneficiano dei doni della foresta, legna da ardere e per costruire, frutti, noci, verdure, spezie e cacciagione.
Migliaia di sostanze vegetali sono note per le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antidolorifiche, antiproliferative, coagulanti, anticoagulanti, tranquillanti, miorilassanti, attivanti la contrazione cardiaca, colinergiche, serotoninergiche, dopaminergiche e altre attive sul sistema nervoso, come quelle del caffè, del tè, della canapa, del papavero sonnifero, della belladonna, della mandragora, dell’amanita muscaria, dello psylocibe ecc. Molte decine di piante sono in corso di studio per le loro proprietà antinfiammatorie, altre decine, molte già note alla medicina ayurvedica e alla medicina tradizionale cinese, per la loro utilità nelle malattie cardiovascolari. Negli anni Cinquanta si scoprì che gli alcaloidi della vinca (vinblastina e vincristina) avevano proprietà antitumorali; in seguito numerose altre sostanze naturali derivate dalle piante hanno contribuito all’armamentario degli oncologi, come i taxani (paclitaxel, docetaxel), estratti dal tasso, detto «albero della morte» per la sua tossicità, ben noto alla medicina tibetana, i derivati della podofillotossina (etoposide, teniposide), estratti dalla resina di una pianta erbacea, il topotecano e l’irinotecano, estratti dalla corteccia di Camptotheca acuminata, un albero cinese, le antracicline (doxorubicina, epirubicina), isolate da ricercatori italiani negli anni Sessanta da uno streptomicete.
Da millenni la medicina cinese conosce funghi medicinali, come il Lentinulus edodes (lo shiitake), capace di potenziare il sistema immunitario e le nostre difese contro i tumori.
Paradossalmente, mentre riconosciamo l’importanza della biodiversità per le sue potenzialità di fornirci nuovi ed efficaci farmaci, ci diamo da fare per distruggerla deforestando e sostituendo le colture tradizionali con le monocolture industriali.
Tratto da La foresta di perle, Copyright RCS MediaGroup