“L’Australia dà grandi opportunità a chi vuole realizzarsi e fare business, non credo che in Italia una ragazza avrebbe potuto fare impresa nell’edilizia”. Carmela Grillo, 34 anni, napoletana, nel 2014 arriva in Australia per darsi un’occasione ma il suo non è il classico percorso dell’expat che trova un posto migliore: a neanche 30 anni si è dovuta rialzare dopo la morte del suo compagno, con una bambina appena nata e una piccola azienda da rimettere in sesto. “Ho capito di avercela fatta quando per un premio alla camera di commercio ho ricevuto lettere che elogiavano il nostro lavoro da parte di grandi aziende australiane con cui collaboriamo. Ho pianto dalla gioia”.
A Burleigh Heads, sulla Gold Coast del Queensland dove vive Carmela è sera, e ha appena dato la buonanotte a Sofia, sua figlia. “E pensare che quando sono arrivata qui più di otto anni fa neanche credevo di rimanere. L’Australia è costosa se sei un immigrato, e oggi rispetto a quegli anni lo è diventato ancora di più”. Carmela ha viaggiato spesso da ragazza. “Sono partita a 19 anni perché non credevo Napoli avesse molto da offrirmi e io volevo vedere il mondo”. Prima la Svizzera, poi vive in Inghilterra e persino in Russia, dove lavora come manager di sala di un ristorante italiano all’interno di un albergo a Kirov, cittadina lungo la Transiberiana. “La Russia è bellissima, i russi invece diffidenti. Mi spiace molto per ciò che sta accadendo in Ucraina, la guerra. Che cosa orribile”. Nel marzo 2014 si trasferisce in Australia. “Volevo viaggiare e migliorare il mio inglese. Ho fatto l’esperienza in farm (fattoria) per rimanere il secondo anno”. Ed è tramite amici comuni che incontra Jason, il suo futuro marito. “Lui lavorava come manager in un importante gruppo minerario. L’Australia è piena di miniere, è un business che garantisce ottimi profitti”.
Dopo i primi tempi insieme vissuti a Bowen, sulla costa nord-australiana, Jason scopre di avere un cancro alla pelle. Aveva 37 anni. “I medici ci dissero che ormai il cancro aveva invaso gli altri organi: non c’era più nulla da fare. Lui non si diede per vinto e continuò a lavorare”. Intanto provano varie terapie sperimentali. “Prima di iniziarle, però, avevamo deciso di fare un figlio. Per dare una ragione di vita in più a Jason, perché restasse qualcosa di noi”. Dopo sette mesi dalla fecondazione assistita nasce Sofia. Ma il papà non la conoscerà mai, perché Jason muore un mese prima della nascita. “Ricordo poco di quel periodo. Non avevo neanche 30 anni, mi è cascato il mondo addosso. Ero depressa e finanziariamente a terra”. L’anno prima di andarsene, però, suo marito acquista con i risparmi una piccola azienda edile che produce pannelli acustici in fibra di cemento. “Sei mesi dopo la morte di mio marito il manager che stava gestendo l’azienda se ne andò e mi ritrovai a doverla gestire insieme ai miei impiegati. Non sapevo nulla del settore né di come funziona il sistema fiscale in Australia. Ma mi sono detta che dovevo farlo per mia figlia. E se ce l’ho fatta lo devo anche ai miei dipendenti che mi hanno insegnato tutto”.
Il primo anno l’azienda è in perdita. Il secondo in pareggio e poi arrivano i profitti. “Il mio inglese non era ancora perfetto, per non parlare di tutto il linguaggio specifico dell’edilizia e dell’architettura. Ma alla fine mi sono appassionata: oggi abbiamo quasi quadruplicato il fatturato perché l’Australia è cresciuta a livello demografico e ci sono molti cantieri per costruire scuole e altri edifici. Le grandi aziende edili ci chiamano per la nostra specificità”. Carmela ha comprato due case. Nella più grande vive con sua figlia, che spesso si diverte nella piscina del giardino insieme al cane che avevano adottato con Jason prima che lei nascesse. “In generale il mondo tende a sottovalutare noi donne. Certo, anche qui all’inizio ho sentito la differenza di genere in un campo come quello edile, e tutti mi dicevano di vendere. Anche la mia famiglia. E magari ritornare in Italia con mia figlia, perché di famigliari qui non ne avevamo. Ma io volevo essere libera. Qui la giornata inizia molto presto, anche alle cinque di mattina, ma alle tre di pomeriggio ho finito e posso godermi mia figlia. Un uso del tempo diverso, più lento ma che ti da quella pace che il mondo lavorativo italiano difficilmente può offrirti, anche quando un’azienda è tua”.
Eppure c’è qualcosa che non può non mancare dell’Italia. “Cibo e famiglia: mentirei se non fosse così, anche se l’Australia dal punto di vista dell’offerta culinaria sta migliorando”. E anche se Carmela vive lontanissima dall’Europa, avverte ugualmente i contraccolpi della crisi energetica e gli strascichi del post Covid. “Io presi la prima casa con un muto al 6%, durante la pandemia scesero a 1,5% e ora sono risaliti e tanta gente non può permettersi di ripagarli. Mentre per l’energia il prezzo dei materiali edili sono raddoppiati. Perlopiù provengono dalla Cina, con cui l’Australia commercia moltissimo”. Quando l’hanno chiamata per premiarla come eccellenza italiana in Australia, Carmela si è guardata indietro. “Sono ancora giovane ma mi sembra di aver vissuto più vite. E penso sempre che con caparbietà e impegno si possano ottenere grandi risultati, riuscendo dove non pensavamo neanche di poter competere”.