Si chiama “benzene” la nuova emergenza ambientale a Taranto. Una sostanza nociva al punto da essere classificata come cancerogeno certo dall’uomo e che in questi anni l’ex Ilva avrebbe emesso in quantità sempre crescenti. A documentarlo è stata l’Arpa Puglia, l’agenzia di protezione ambientale pugliese, che nei giorni scorsi ha inviato un ultimatum ad Acciaierie d’Italia, la società che gestisce la fabbrica tarantina, ordinando di adottare “tutti i possibili interventi correttivi di riduzione delle emissioni di benzene”. La missiva, firmata dal direttore generale Vito Bruno, dal direttore scientifico Vincenzo Campanaro e dal direttore del dipartimento di Taranto Vittorio Esposito, ha tra i destinatari anche i Commissari straordinari dell’ex Ilva, formalmente proprietari della fabbrica e gestori fino al 2018: la struttura commissariale, tuttavia, avrebbe già risposto alla nota Arpa spiegando che è Acciaierie d’Italia l’attuale gestore e quindi l’unico che può agire per ridurre le emissioni.

“L’intera rete di centraline di qualità dell’aria di pertinenza AdI Spa – si legge nella nota – ed il sistema di monitoraggio ad alta risoluzione temporale ottico-spettrale lungo tutto il perimetro dello stabilimento AdI hanno registrato un concomitante incremento delle concentrazioni di benzene”. Arpa Puglia riporta la media dei primi 11 mesi dell’anno scorso evidenziando che per la stazione “Tamburi Via Orsini” il valore medio delle rilevazioni tra gennaio e novembre 2022 è pari a 3,3 microgrammi per metrocubo ed è “superiore” alle medie annue dal 2019 fino al 2021. Nel 2019 infatti il valore medio era di 1,3 microgrammi per metrocubo, nel 2020 di 2,8 microgrammi per metrocubo e infine nel 2021 di 2,9 microgrammi per metrocubo. Un valore, com’è evidente, in costante crescita negli ultimi anni. La stessa situazione si può rilevare nella centralina “Tamburi Via Machiavelli”: 1,9 microgrammi per metrocubo nel 2022 rispetto allo 0,8 del 2019, a 1,7 del 2020 e del 2021.

I valori, ovviamente, diventano ancora più alti nelle misurazioni compiute dalle centraline all’interno della fabbrica: nei primi 11 mesi del 2022 la stazione Cokeria ha registrato un valore medio di 33,2 microgrammi per metrocubo: valore quasi doppio rispetto al 2019 (18,4 microgrammi per metrocubo), e superiore anche al 2020 (28,4) e 2021 (22,8). Anche la stazione di controllo posizionata nell’area Parchi minerali, quindi particolarmente vicina al caseggiato del quartiere Tamburi, ha raccolto un valore medio di 5,2 microgrammi per metrocubo, superiore alle medie annue del 2019 (1,4), 2020 (3,9) e 2021 (3,9). Per comprendere la portata dell’emergenza, tuttavia, è necessario chiarire due elementi. Il primo è che in Italia il “valore limite per un periodo di mediazione di un anno” è pari a 5 microgrammi per metrocubo: in questo caso solo una delle centraline – quella dei Parchi minerali – sarebbe al momento oltre il limite di legge. Il secondo elemento, invece, riguarda le preoccupazioni di carattere sanitario espresse dalla Asl di Taranto lo scorso 28 dicembre: in una nota, infatti, ha spiegato che “il rispetto del valore limite annuale di 5 microgrammi per metrocubo fissato dal D. Lgs 155/2010 non garantisce l’assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell’area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute”. Non solo. L’Asl ionica ha ricordato che anche lo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in merito al benzene ha chiarito che “non possono essere raccomandati livelli sicuri di esposizione” e che “sono necessarie azioni di Sanità Pubblica per ridurre l’esposizione al benzene nei lavoratori e nella popolazione generale”.

In sostanza anche il rispetto della legge non esclude danni alla salute di operai e cittadini. Ed è per questo che per l’Asl di Taranto l’obiettivo deve essere quello di raggiungere “nel più breve tempo possibile una netta riduzione delle emissioni di benzene al fine di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori dell’acciaieria”. Di conseguenza è stata Arpa Puglia a chiedere direttamente ai gestori – Acciaierie d’Italia di cui lo Stato a breve sarà socio di maggioranza e per la legge “unico responsabile degli eventuali danni arrecati a terzi o all’ambiente in conseguenza dell’esercizio dell’installazione” – di agire immediatamente per ridurre le emissioni di benzene. Una emergenza nuova che, tuttavia, sembra ripercorrere quella sul benzo(a)pirene del 2010: la stessa finita nella maxi inchiesta “Ambiente svenduto” che ha portato alle condanne nel 2021 per la famiglia Riva e la dirigenza della vecchia gestione aziendale.

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